Le donne e la fotografia | Osservatorio DigitaleL’espressione “fotografo donna” ora non si usa più, ma nei Paesi di lingua anglosassone, negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso,  era ricorrente perché si riteneva necessario enfatizzare la partecipazione delle donne al mondo della fotografia. Di fatto però le donne hanno praticato la fotografia fin dagli inizi, soprattutto in Gran Bretagna e nel Nord America.

Molte donne vittoriane infatti scattarono fotografie destinate agli album di famiglia e alcune si trasformarono presto in professioniste. Fra queste merita di essere citata Julia Margaret Cameron, che fu tra le prime fotografe professionali ad allestire scene mitologiche da fotografare ed eseguì anche ritratti di eminenti personaggi vittoriani che conosceva personalmente.

Le donne e la fotografia | Osservatorio DigitaleSempre nell’ambito professionistico le migliori foto di dimore di campagna inglesi e irlandesi sono state scattate da mani femminili.

Non tutti sanno poi che a partire dall’ormai lontano 1890 un numero crescente di donne si iscrisse e frequentò la prestigiosa scuola “Lette-Verein” di Berlino che fu una delle migliori istituzioni europee in questo settore.Soprattutto negli Stati Uniti molte furono le donne che lavorarono in studi fotografici come sostitute fotografe o specializzate nella ritrattistica per bambini, mentre quando la fotografia cominciò a diventare sempre più industrializzata molte vennero assunte nei laboratori di sviluppo e stampa.

Alcune aprirono uno studio tutto loro, con notevole successo, basti pensare a Sophia Goudstikker a Monaco e a Madame Yevonde a Londra.

Con la diffusione del fotogiornalismo si aprì un settore nuovo che coinvolse fotografe come Claude Cahun, Hannah Hoch, Lotte Jacobi e Lucia Moholy, coinvolte nella sperimentazione estetica e politica degli anni Venti del Novecento. Da sottolineare la grande opportunità che la Repubblica di Weimar diede a diverse fotografe di lavorare nel fotogiornalismo e nella pubblicità. La già citata Lucia Moholy fu anche fra le prime a scrivere libri dedicati alla fotografia.

La lapide che ricorda Gerda Taro | Osservatorio DigitaleIl secolo breve fu, fin dagli albori, impregnato di conflitti e le donne cominciarono ad esporsi in prima linea: la prima fotografa di guerra fu Gerda Taro, ma a lei ne seguirono numerose altre.

Verso la seconda metà del secolo scorso nel mondo occidentale il numero delle fotografe donne aumentò esponenzialmente, e per quanto riguarda il mondo orientale il Giappone fu il paese in cui più di altri luoghi la fotografia si declinò al femminile.

Agli inizi del XXI secolo il valore di mercato di opere di fotografe quali Nan Goldin e Cindy Sherman divenne equivalente a quello di grandi fotografi uomini. Negli anni Settanta John Berger nel suo saggio “Ways of Seeing” scrisse che gli uomini guardano le donne e le donne si formano un concetto dello sguardo maschile.

Questo fatto poteva forse influenzare lo sguardo di una fotografa di genere femminile, di una donna insomma, e così si cominciò a creare laboratori con gruppi fotografici di donne per vedere cosa avrebbero fatto nel momento in cui fosse data loro la possibilità di fotografare e annotare le proprie vite. Il dibattito si allargò toccando anche la psicoanalisi, tanto che Victor Burgin trasse ispirazione per analizzare lo sguardo in fotografia e le varie possibilità che si aprono con l’uso di categorie e percezioni psicoanalitiche. Come in ogni dibattito che si rispetti, alcuni presero come oro colato le varie conclusioni mentre altri misero in discussione la validità empirica di queste tesi.

Ma per ritornare al soggetto iniziale, ossia le donne nella fotografia: cosa cambia quando autrici dello sguardo sono le donne? In alcuni generi, come nell’ambito della fotografia documentaria, probabilmente cambia molto poco.

Per altri settori, come quello della fotografia artistica o da esposizione e nella pubblicità, forse qualcosa cambia, almeno stando alla femminista francese Luce Irigary, secondo cui la creatività non è neutra in termini di genere sessuale e di esperienza culturale.

Come fotografa io posso solo ribadire quanto dissi già qualche anno fa, ossia che non credo che oggigiorno in uno scatto ci possa essere una netta differenziazione di genere quanto piuttosto ci sia, o perlomeno dovrebbe esserci, una differenziazione di stile.

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