Alessandro MaricontiI fotografi non finiscono mai di stupirmi e Alessandro Mariconti non fa eccezione. Incontrandolo ci si trova davanti a un giovane sempre allegro e, sembrerebbe, uno spensierato professionista che sicuramente ama il suo lavoro. Parlandoci si scopre che dietro al viso pulito e gioviale si cela una persona con grande sensibilità e disponibilità verso la vita in generale. Alessandro è un ragazzo alla mano, di quelli senza grilli per la testa che pensa a far bene quello che gli piace perché sostiene sia "più facile farlo e il risultato da ancora più soddisfazione". Lo incontriamo nel suo regno milanese, uno spazio dedicato alla fotografia ma anche all'altra sua grade passione, il vintage: "mi piace molto osservare i progressi della tecnica e della tecnologia in campo fotografico ma, allo stesso modo, adoro le macchine fotografiche di un tempo. Oggi ho una Nikon D3s ma ti confesso che per me la "macchina fotografica" resta la mia prima Nikon F."

od: Qual è la tua storia come fotografo?

Alessandro Mariconti: È presto detta. Nasce tutto da una grande passione come credo avvenga per la maggior parte dei professionisti, una passione che è andata aumentando ai tempi dell'università, quando studiavo ingegneria. Ho poi deciso di "virare" la mia vita verso una professione più consona alla mia personalità e ho iniziato a fare l'assistente perché ritenevo di non avere sufficienti basi e perché credo che la passione non basti per far diventare la fotografia un lavoro. I miei primi servizi sono stati di tipo matrimoniale, un'esperienza che molti denigrano ma che ti insegna molto: devi imparare in fretta perché e sbagli non puoi richiamare tutti per rifare lo scatto... Al tempo stesso ho cominciato a collaborare con L'osservatorio (guarda che caso..., ndr), un celebre negozio di Milano che ha chiuso i battenti di recente dove ho avuto modo di imparare davvero tanto sulle apparecchiature fotografiche. È da lì che è scaturita la passione per le macchine vintage. Nel frattempo seguivo alcuni campionati di rally, come il mondiale dove correvano Seinz, Loeb e Colin McRae e il campionato italiano. Da circa cinque anni, invece, ho spostato il mio interesse verso altri soggetti e mi dedico alla fotografia di viaggio, soprattutto nel sud-est asiatico e, quando sono a Milano, a fotografie di nudo e glamour.

(C) Alessandro Mariconti

od: Come è cambiato il tuo corredo negli anni?

AM: La mia prima vera macchina fotografica fu una FED 39x1 a telemetro, una copia russa della più prestigiosa Leica, che abbandonai, quando cominciai a lavorare, per delle Nikon FM e FM2. Mi sono avvicinato al digitale solo da pochi anni, non sono stato uno dei pionieri che si è lanciato subito in qesto mondo anche perché ero abbastanza scettico mentre in seguito, quando ho visto che ormai la qualità era paragonabile a quella dell'analogico e, oltre alle prestazioni pure delle macchine, c'erano tutti gli strumenti che desideravo allora ho deciso di fare il grande passo, con una Nikon D200 per arrivare oggi alla D3s. I lavori commerciali, se così vogliamo definirli, li faccio tutti in digitale mentre le mie ricerche personali continuo a farli in negativo, che va dal medio al grande formato. Per esempio, il mio prossimo progetto, in Cambogia è quello di fare riprese dei vari siti archeologici in 6x9 all'infrarosso. Sembra una decisione quanto meno insolita ma la mia considerazione è proprio questa. Quei posti sono già stati visti e ripresi in ogni modo e io non cerco certo la ripresa didascalica di un sito, non voglio fare la solita "cartolina", quindi ho pensato di fare qualcosa di diverso, a partire proprio dal tipo di ripresa. Ho dovuto fare un po' di ricerche a rpoposito e alla fine ho trovato sia degli ottimi filtri sia delle pellicole Rollei Infrared che, nonostante non abbiano le prestazioni delle vecchie Kodak, hanno un pregio che è quello di poter essere caricate non completamente al buoi ma anche in presenza di un po' di luce che, per un fotografo che viaggia e si sposta in luoghi non sempre perfetti dal punto di vista del controllo della luce, rappresenta un notevole vantaggio. Il corpo macchina designato è una Fuji 6x9 a telemetro sulla quale posso utilizzare anche le pellicole in bianco e nero poi mi porterò anche uno dei miei corpi Nikon digitale come macchina di scorta o per fare qualche foto come diario di viaggio proprio perché il grosso del lavoro, quello per cui parto per questo viaggio, lo voglio realizzare in analogico.

od: Non sembra un progetto propriamente commerciale...

AM: Direi di no. Quel tipo di fotografia non interessa alle agenzie perché non credono abbia un mercato. L'idea è quella di raccogliere materiale per una mostra e per un libro in un futuro prossimo.

(C) Alessandro Mariconti

od: Parlaci di questa passione per i viaggi legati alla fotografia.

AM: Bè prima è sicuramente nata la passione per la fotografia tanto da scegliere le vacanze in base ai possibili soggetti da fotografare e poi, visto che ho sempre amato girare il mondo, ho cominciato a studiare dei veri e propri viaggi e itinerari precisi che non sono più vacanze ma viaggi di lavoro e ricerca. Parto quasi sempre da solo con uno zaino di media capacità, circa 60 litri, perché mi piace viaggiare leggero in tutti i sensi. Viaggio da solo perché voglio avere la mente sgombra da ogni pensiero che non mi permetta di concentrarmi sulle fotografie e non voglio nessun tipo di vincolo: se voglio stare sveglio tutta la notte per cercare uno scatto il giorno seguente voglio essere libero di dormire senza la remora che chi viaggia con me invece voglia fare altro. Addirittura non mi piace nemmeno viaggiare con altri fotografi, non perché si possa generare una sorta di competizione ma proprio perché penso si corra il rischio di distrarsi l'un l'altro, anche solo mettendosi a chiacchierare. Di solito non porto mai il cavalletto, anche per banali ragioni di peso e di ingombro mentre per questo viaggio pensavo di portarlo oppure di comprarne uno sul posto proprio perché fotografando all'infrarosso i tempi di posa si dilatano, si utilizzano il mezzo secondo o il quarto di secondo e per questo temo sia necessario il suo impiego. Intendiamoci io sono un amante del treppiede e a Milano, in studio o all'aperto lo utilizzo sempre solo che nei viaggi, spesso, diventa un fastidio più che un beneficio. Considera che il mio obiettivo tipo è un 50mm oppure, come ottica lunga utilizzo un 60mm o al massimo un 105mm, i tele non li uso proprio perché non mi piacciono, non li amo come ottiche.

Nello zaino ho di solito un altro obiettivo che può essere un 20 o un 35mm perché a me piace essere "dentro" la fotografia, fare parte di ciò che accade intorno a me. Tutto questo fa parte di un mio personale concetto di fotografia; io non voglio rubare una foto, un'immagine ma preferisco inserirmi in un contesto sociale e conoscere la gente, farmi conoscere, vivere con loro e solo quando sono stato accettato e non sono più visto come un estraneo totale allora posso anche fare degli scatti. Non mi piace fare le fotografie a popoli che sono distanti dal nostro quotidiano come se mi trovassi allo zoo a fotografare degli animali. C'è anche l'aspetto della comunicazione: il mio inglese mi aiuta a lavorare e a gestire gli aspetti più importanti della vita di tutti i giorni quando ti trovi all'estero. Quando invece mi trovo in posti tanto remoti dove nessuno sa una parola di un'altra lingua che non sia la sua mi rendo conto che riaffiora in noi la capacità primitiva di comunicare, attraverso i gesti, dove comunque conta molto l'intenzione che hai, lo spirito che riesci a trasmettere. La gente capisce che mi trovo lì perché ho voglia di stare con loro, di mescolarmi tra la gente del posto e conoscere la loro quotidianità; in tutti i miei viaggi non ho mai avuto problemi, anche laddove la vita era realmente diversa, come modi e tempi, rispetto alla mia.

Ad esempio sono stato in villaggi dove non c'è la corrente elettrica e si vive seguendo il ciclo naturale della luce del sole: ci si alza alle quattro del mattino e si va a letto alle otto di sera, l'ho trovato davvero fantastico. Per questi motivi, cioè la voglia soprattutto di vivere il luogo in cui mi trovo alla maniera locale, mi sposto sempre con i mezzi più utilizzati dalla gente: il motorino, il treno e questi autobus, anzi meglio chiamarli ancora corriere, sui quali rimani magari dieci ore ma che ti regalano scorci di vita e di paesaggi davvero meravigliosi. Nel prossimo viaggio so già che farò un giorno di spostamento su un barcone fluviale, assolutamente anti-turistico come concetto, visto che dovrò condividere lo spazio a bordo con animali e merci che vengono trasportati da una parte all'altra della Cambogia.

(C) Alessandro Mariconti

od: Come nasce l'amore per l'Asia sud-orientale?

AM: Amo molto la cultura di quei popoli e anche la loro religione, il buddismo, che reputo una vera e propria filosofia di vita. Stare con queste persone mi da modo di approfondire anche certi argomenti, di comprendere meglio certi atteggiamenti e modi di vivere. È da circa una decina d'anni che mi sono avvicinato a questi argomenti e, da allora, ho cominciato a leggere moltissimo sull'Asia e sullo spirito che pervade tutti i popoli che la abitano. Una grande spinta mi è venuta dalla lettura di Tiziano Terzani, uomo a cui va tutta la mia ammirazione, che mi ha aiutato moltissimo anche nel modo di fotografare. Credo che Terzani, oltre a essere stato un grande giornalista abbia scritto degli ottimi libri dai quali si può imparare tanto, sia a livello umano sia a livello fotografico: sì perché per realizzare una buona immagine non è necessario che qualcuno ti dia i valori di tempo e diaframma ma serve qualcuno che ti insegni a vedere. Lui, attraverso i suoi racconti, è in grado di descrivere perfettamente un posto e l'atmosfera del posto stesso al punto che il lettore è già in grado di visualizzare nella propria mente un'immagine ben definita: davvero un grande insegnamento. Mi piace molto anche l'India anche se non posso dire di conoscerla così bene: è un paese che definire diverso è dire poco, molto lontano da qualunque altro posto al mondo; quando vai in India non devi sottovalutare nulla perché è facile star male fisicamente e, anche a livello psicologico, ti mette a dura prova.

(C) Alessandro Mariconti

Tornando al discorso della combinazione viaggio-fotografia devo dire che mi aiuta molto, non godendo di una memoria incredibile, a ricordare molti particolari e sensazioni che ho vissuto nel tempo. Un altro aspetto che mi piace molto è il fatto per cui faccio questi viaggi in totale libertà anche sotto il profilo professionale, senza vincoli commerciali o di contratto da rispettare. È molto diverso viaggiare sapendo che sei "obbligato“ a tornare a casa con una serie di scatti perché lo devi fare: in questo modo io posso decidere di scattare quando e quello che voglio, magari rimanendo anche giorni senza prendere in mano la macchina. Per me queste occasioni rappresentano il modo di staccare la spina dal quotidiano che tuttavia ha un suo valore e un peso nella mia vita. L'altro giorno, ad esempio, ho realizzato un servizio per il catalogo di un calzaturificio così come quasi tutti i giorni sono impegnato in un lavoro o in un altro dove c'è sempre un committente e un tempo da rispettare. In viaggio invece mi posso concentrare su un'idea e pensare a come realizzarla. Spesso trovo i soggetti migliori lontano dai grandi centri, dalle grandi città turistiche e allora sono felice anche se torno con pochi scatti ma che corrispondono a ciò che avevo in mente; è un po' come cercare la foto perfetta che, se riesci a scattarla, vale da sola l'intero viaggio. Dal punto di vista tecnologico credo non ci sia bisogno di farsi influenzare da un brand: io ho fotografato con tutti i marchi più noti e credo siano ormai quasi tutti giunti a un livello tale da poter garantire qualità e affidabilità delle proprie fotocamere in ogni situazione. Anche le nuove ottiche zoom sono così perfette da poter rivaleggiare tranquillamente con le ottiche fisse: credo che a differenza di un tempo oggi si possa rinunciare facilmente a viaggiare con una borsa con un intero corredo, bastano un corpo macchina e un paio di obiettivi per coprire tutte le possibili esigenze.

(C) Alessandro Mariconti

od: Deduco che tu non abbia un grande rapporto con il flash?

AM: Infatti. Amo la luce ambiente e la ricerca della stessa, piuttosto preferisco di gran lunga utilizzare dei pannelli di schiarita, tipo Lastolite. È ovvio che questo discorso vale per la fotografia di viaggio, quando si lavora in studio la questione della luce cambia completamente ma lì a venirti in aiuto ci sono gli illuminatori e i bank.

od: Ascoltando i tuoi racconti sorge una domanda: come fai per ricaricare le batterie o il telefono?

AM: Innanzi tutto parto sempre con una serie di due o tre batterie cariche e, comunque, appena ne ho la possibilità cerco di ricaricare sempre tutto. Se so che devo rimanere per tanto tempo lontano da fonti di energia allora ricorro anche a metodi drastici come accendere il telefono solo in fasce orarie precise così da ottimizzarne l'utilizzo. C'è da dire che le batterie delle fotocamere di oggi hanno un'autonomia davvero importante che, teoricamente, potrebbero garantirmi un viaggio completo senza bisogno di essere ricaricate. Come dicevo io non scatto molto per mia indole, quindi difficilmente mi trovo in situazioni "energeticamente" pericolose.

(C) Alessandro Mariconti

od: Trovi che la fotografia sia cambiata ultimamente?

AM: Ho notato che oggi si parla di fotografia molto di più rispetto a vent'anni fa ma, in contrapposizione, sembra esserci meno cultura della fotografia stessa. Oggi vedo molta gente interessata al tipo di macchina e a lenti molto impegnative, anche dal punto di vista economico, quasi contasse di più apparire che riuscire a scattare delle buone immagini. D'altro canto vedo impennarsi le vendite di lenti come i superzoom 18-200 o 18-300 che tendono a rendere pigro chi li utilizza e che, spesso, sono ottiche con grandi criticità soprattutto nel campo dell'aberrazione e della luminosità. Questi sono dettagli che tuttavia poco interessano proprio agli utilizzatori di questo tipo di ottica che non sanno nemmeno che cos'è un tempo o un diaframma: scattano, scattano e scattano magari riuscendo a fare delle belle foto ma senza sapere il perché. Credo che si faccia della fotografia un uso improprio: basta prendere ad esempio Internet o Facebook dove tutto vale e niente ha più un valore reale al tempo stesso; c'è la tendenza a fare tante foto perché poi si possono eventualmente correggere con Photoshop. Attenzione: una foto sbagliata è sbagliata e basta, non si può correggere assolutamente nulla. Io ritengo che si faccia un uso molto dozzinale degli strumenti fotografici e, nonostante la loro grande diffusione, non vedo un miglioramento nella qualità generale delle immagini ma una tendenza contraria. Lo stesso discorso si potrebbe fare a proposito delle capacità video HD di cui sono dotate le nuove fotocamere: è un gancio di marketing notevole che fa vendere ma saper utilizzare bene queste nuove funzionalità è tutt'altro che semplice.

(C) Alessandro Mariconti

od: Adesso però ci devi parlare dell'altra passione, quella per il nudo e le foto di glamour che contrasta fortemente con il fotografo di viaggio di cui ci hai raccontato finora.

AM: Anche in questo caso trovo che la fotografia di nudo sia qualcosa di molto bello e di molto personale: l'approccio visivo nei confronti del nudo cambia da persona a persona, dalla sensibilità e dal modo di porsi davanti a un corpo nudo, si tratti di un semplice topless o di un nudo integrale. Il nudo non è certo un'invenzione dei giorni nostri visto che già nell'antichità si raffiguravano corpi nudi di divinità o personaggi famosi, con la scultura e nella pittura. Oggi forse si tende a utilizzare il nudo per scandalizzare, per cercare attenzione soprattutto se parliamo di comunicazione visiva e visuale. Realizzare questo tipo di immagini è veramente difficile a partire dall'aspetto emozionale che la modella ti dà, per non parlare di quelle tecniche: la ripresa corretta di un corpo presuppone la conoscenza della proporzione corpo e ambiente così come la gestione della luce che dev'essere la più accurata possibile. Nel mio caso l'idea è quella di rappresentare la donna ideale attraverso il corpo della modella, lasciando che la fantasia disegni un'idea che poi provo a realizzare con lo scatto.

È ovvio che ci vuole tempo e sensibilità nell'affrontare questo tipo di lavoro perché bisogna conoscere il modo di lavorare della modella e sopratttutto imparare a conoscere le proprie emozioni; non ti nego che all'inizio a volte provavo grande imbarazzo perché pensavo di poter sbagliare l'approccio e passare agli occhi di chi posava come uno sprovveduto "guardone". L'importante è mettere sempre uno spazio preciso tra te e il soggetto, in modo che si capisca sempre qual è il ruolo che si sta svolgendo: sarebbe meglio avere sempre una serie di persone sul set ma, spesso, per motivi che vanno dal semplice spazio fino a questioni di budget, ciò non è possibile, quindi si finisce per avere un rapporto diretto, solo modella e fotografo. Io consiglio anche ai fotoamatori di provare a cimentarsi in questo tipo di fotografia perché i risultati possono essere davvero validi, anche senza ricorrere a modelle professioniste: basta un'amica, una donna, perché la bellezza è insita nell'essere femminile non nel fatto di essere una modella e, spesso, questo viene dimenticato. Forse sarebbe meglio partire con le foto glamour, cioè quelle in cui il soggetto non è nudo ma si trova in una collocazione che fa pensare all'erotico, la tipica situazione del vedo-non vedo, quella della maglietta bagnata per intenderci. È un modo per avvicinarsi gradualmente a un tipo di fotografia che può dare grandi risultati.
Parlando di nudo è facile rischiare di cadere nella volgarità soprattutto quando si cade nella banalità delle riprese. Il soggetto va aiutato a posare e, come dicevo prima, va illuminato con attenzione, al fine di far risaltare un particolare e celarne un altro.

Tutte le foto che corredano il servizio sono di Alessandro Mariconti - www.photo40.it

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