Viola Cajo De CristoforisViola è una fotografa nuova con una personalità decisa, spiccata, tipica di una giovane professionista che sembra sapere esattamente quello che vuole. Studia e si forma allo IED dove Roberto Tomesani, profilo dello scorso numero di od, è supervisore dell’area fotografica. Per questo e altri mille motivi l’abbiamo voluta conoscere e intervistare per osservatorio digitale, per dare voce così a uno di quei professionisti di cui ci aveva parlato proprio Tomesani, quei fotografi che vivono la professione in modo nuovo, diverso, forse più a tutto tondo rispetto ai loro colleghi più attempati. Con lei abbiamo avuto modo di parlare di come si vive la fotografia da un punto di vista professionale oggi, in un'epoca fatta di scatti e di tanta post-produzione, a volte, o spesso purtroppo, senza metterci troppo la mente o il cuore. Viola la vede in modo differente: andiamo a capire perché.

od: Tu sei molto giovane, ma da quando sei fotografa professionista?

Viola Cajo: Diciamo dal 2004 anche se, volendo essere precisi, dovrei raccontare una storia che parte da lontano, da quando ero piccola ed ero sempre con una macchina fotografica in mano.

Los Roches – 2008 - ©Viola Cajo De Cristoforis

od: siamo qui per ascoltarti…

VC: La mia passione è sempre stata l’arte e il disegno, sin da quando ero una bambina e la domenica mattina mi alzavo presto per disegnare e, guardando la televisione, volevo fermare i cartoni animati per disegnarli. Crescendo è sempre stata l’arte a fare da fil rouge nelle mie scelte, infatti ho frequentato un liceo sperimentale, il Caravaggio, dove ho potuto sperimentare la pittura e la scultura oltre che il disegno geometrico. Dopo la maturità mi sono trovata a un bivio: da una parte la scultura voleva prendere il volo, dall’altra volevo apprendere un linguaggio nuovo, visto che il nuovo ha sempre esercitato una grande attrazione verso me. Ma quale? La fotografia. E così mi sono iscritta al corso triennale allo IED.

od: Com’è stata l’esperienza allo IED?

VC: È lì dove ho cominciato a sperimentare con le foto e con il video, conoscendo anche un mondo nuovo, quello della camera oscura, dei bagni, della pellicola e delle innumerevoli possibilità, e una volta imparata la tecnica a stravolgerne i risultati finali. Come dicevo prima, sin da piccola mi piaceva fare foto ma a livello tecnico-teorico sapevo davvero poco. Lo IED ti dà le basi. Ci sono materie teoriche come Storia della Fotografia, del Design, Teoria del Colore, Filosofia della Fotografia e così via; e tra i laboratori ricordo quello di Camera Oscura e di Sala di posa. L’idea era quella di insegnarci dall’idealizzazione di un progetto fino al suo sviluppo e alla sua realizzazione. Sempre lì ho avuto modo di conoscere le varie attrezzature e i vari indirizzi che la fotografia può prendere. A me personalmente ha insegnato molto, anche se non è detto che se si ha la passione per la fotografia non si possa imparare da soli, certo con un approccio diverso. A chi arriva adesso e impara la fotografia solo dal digitale credo che manchi una parte fondamentale, l’unicità dello scatto. La differenza tra il mezzo analogico e quello digitale è nella nostra testa. Prima si aspettava, si stava a guardare e al momento giusto si premeva il pulsante. Ora il rischio è quello di perdere o sostituire questa sacra visione e non riuscire semplicemente a sfruttare aggiungendo le migliorie e comodità che il digitale ha introdotto. La magia della sorpresa è andata persa. Ora si ha tutto e subito. Come se la nostra testa fosse stata autorizzata a non fare più ginnastica, a non ricercare l’impossibile e a non lasciarsi stupire… Sta a noi la scelta.

od: E le tue prime esperienze?

VC: Durante il primo semestre del terzo anno sono partita per un’esperienza Erasmus a New York, dove ho frequentato la School of Visual Arts. In quei mesi ho conosciuto un mondo molto diverso dalla realtà italiana, più pratico e concreto, dove anche le tue idee più strampalate trovavano una casa nella realtà e dove i laboratori stavano aperti fino a tardi per poter fare molte prove; è li, ad esempio, che ho cominciato a stampare a colori… Lì tu sei un essere umano. Non importa che tu sia qualcuno: ognuno ha le stesse possibilità. Tornata a Milano per il secondo semestre ho così concluso il corso allo IED. Siamo giunti al 2004, anno in cui inizio la professione di fotografa.

Overview - 2007 - ©Viola Cajo De Cristoforis

Subito ho fatto uno stage all’Agenzia Grazia Neri dove ho visto la strada che percorre  l’immagine da prima della sua creazione fino a trovare “un posto nel mondo”. Fino al 2007 ho lavorato come assistente free lance di molti fotografi spaziando dal food allo still life, alla moda e pubblicità sviluppando la tecnica, osservando le possibilità nel campo, imparando a gestire i rapporti umani nel lavoro; poi sono approdata come assistente nelle sale di posa di Mondadori e Rusconi dove ho rappresentato una grande novità in quantro donna in un mondo che fino ad allora era stato appannaggio dei soli uomini. Un lavoro duro, ma sicuramente interessante, che mi permetteva al tempo stesso di avere un lavoro “remunerato” e di fare le mie foto, le mie prime mostre e portare avanti i miei progetti. Tutto questo è visibile sui miei due siti: uno che io utilizzo come una sorta di diario su cui appunto ogni mia mossa o idea creativa che realizzo (www.violacajo.it), e l’altro un mondo da me creato… (www.ilviaggiodimissblanket.net). La fotografia mi è sempre piaciuta e l’ho sempre utilizzata per raccontare situazioni surreali, immagini della mente, più legate al mondo dell’arte che alla vita reale. E anche quando il soggetto apparteneva alla realtà acquisiva un’aurea evanescente, perché nel piccolo è racchiuso il mistero.

od: (Visto il fiume in piena la lascio parlare senza interrompere…)

VC: Proprio nel 2007 però mi sono detta che lavorare così era davvero faticoso e decisamente insoddisfacente dal punto di vista professionale. Lavoravo molto come assistente, ma presentare il mio portfolio alle varie testate e gallerie da giovane, femmina e italiana era molto frustrante: come si suol dire, o conosci qualcuno oppure non ti viene offerta neppure un’opportunità per farti conoscere. E sì che di gente ne stavo conoscendo e di occasioni, che coglievo, se ne presentavano… In quel momento tutti mi parlavano di futuro, ma per me che senso poteva aveva costruire il futuro sentendo che mi stavo perdendo il presente? Mi sono accorta che non agivo per quello che sentivo, ma per quello che “altri” dicevano che avrei dovuto fare. Non mi godevo a pieno quello che stavo facendo e così ho maturato, molto in fretta, la decisione di lasciare tutto e partire per andare ad attraversare l’oceano in barca a vela.

Los Roches – 2008 - ©Viola Cajo De Cristoforis

od: Giusto una cosetta senza impegno…

VC: Una volta scelto di seguire ciò che sentivo mi son sentita istantaneamente liberata. La mia macchina fotografica è partita con me, ad ottobre da Las Palmas di Gran Canaria a bordo di un’imbarcazione che insieme ad altre partecipava a un trasferimento in flottiglia ARC. Dopo 19 giorni circondata dal solo orizzonte sono approdata a Barbados, nei Caraibi. Da lì è partita una nuova avventura che mi ha tenuto in viaggio per quasi otto mesi attraverso una serie di passaggi in barca che mi hanno condotto dai Caraibi alle Grenadine, e poi Venezuela, Antille Olandesi, San Blas, Panama e poi via verso l’Oceano Pacifico, Isole Galapagos, Isole Marchesi e infine Polinesia. Ovviamente armata sempre della mia fidata Canon 5D con un 24-70, un 16-35 e un tele 200mm: ho scattato moltissimo e le foto non si trovano sul sito perché vorrebbero far parte di un progetto a cui sto lavorando.

Onde - 2007 - ©Viola Cajo De Cristoforis

Il viaggio ha avuto un valore taumaturgico su di me perché mi ha ridato la voglia di fotografare oltre alla gioia di poter unire le mie altre grandi passioni, i viaggi e la vela.

Nel 2008 rientro in Italia e decido di rimettermi a lavorare. Da che parte ricominciare? Io amo fare il polverone… Con un pizzico di follia e l’idea di unire viaggio e lavoro scrivo alla redazione de “L’isola dei famosi” offrendomi come fotografa di scena. La risposta arriva ma è negativa, per la serie “grazie abbiamo già i nostri collaboratori”; nel frattempo avevo scritto a molti altri come a un fotografo di still life che ritengo geniale, Guido Mocafico; alla redazione del National Geographic; alla trasmissione Geo&Geo; alla fotografa americana Zana Briski, quella del film documentario “Born into the brothels” sulla vita dei bambini nati nel quartiere a luci rosse di Calcutta, per andare a farle da assistente; alla BBC per andare a girare un documentario al polo; avevo fatto le selezioni per partecipare a Donnavventura; ero stata chiamata a partecipare ad un concorso per una residenza per artisti a Parigi. Non succedeva nulla fino a quando, tre mesi dopo, ricevo una telefonata dalla produzione dell’Isola che, una decina di giorni prima di partire per l’Honduras, mi proponeva di partire come Logger, una sorta di scrittore di ciò che accade durante le riprese. Così sono partita per vivere una nuova esperienza. Sembra che siano i lavori a trovare me… io comunque sono molto curiosa e allo stesso tempo mi diverto a provare ciò che mi viene offerto. Questo, però, non vuol dire non saper dire “no”. In estate vado in Piemonte in una fattoria didattica (www.fattoriaaurora.it) dove stiamo con i bambini e cerchiamo di insegnare loro il rispetto per la natura e gli altri giocando e facendo varie attività. Io ci infilo anche un corso di fotografia in modo molto rilassato e spontaneo: nel senso che i bimbi sono in vacanza e se hanno voglia mi ascoltano, ma se preferiscono giocare a me va bene lo stesso. Mi piace molto perché mi trovo a spiegare le basi della fotografia in modi molto originali, non convenzionali, spiegando loro il funzionamento di uno zoom, per farti un esempio, facendoli spostare in avanti e indietro, o mettendoli a testa in giù per fargli vedere i vari punti di vista, lasciandoli giocare con la macchina fotografica e facendo fare loro delle prove.

Comunque, dal 2008 ad oggi ho continuato il mio lavoro di fotografa e assistente; collaboro con programmi televisivi; lavoro con i bambini in fattoria e in scuole di vela; e porto avanti la mia passione e gli studi per il mare, la vela e il viaggio.

Video 11-06-2004 – 2004 - ©Viola Cajo De Cristoforis

od: Ti piace fare molte cose, sei sicuramente un tipo eclettico di fotografa.

VC: A me piace raccontare storie. Storie che mi vengono raccontate da una vocina dentro di me. E mi piace poi illustrarle, con disegni, foto e video. Già nel 2004 ho fatto un video montando migliaia di foto con una voce narrante “11-06-2004”. Le storie che racconto son per bambini e per adulti. Storie che si celano tra le maglie della vita. Ricreare mondi, invertire le proporzioni reali, decontestualizzare, trasformare, nel piccolo. Un microcosmo che diventa un nuovo mondo. E per questo traggo ispirazione anche dal reale. Ricreare micro set è la mia passione. Chi guarda entra in un nuovo mondo… Per quanto riguarda poi la fotografia più tradizionale mi piace lo still life e il food, ma anche lì devo poterci mettere il mio zampino… Ad una mostra il cui tema era la dipendenza ho rappresentato quella da cibo, ma intesa positivamente come sano piacere. L’uomo piccolo era inserito in paesaggi di cibo enormi. L’inversione di proporzioni prevedeva che l’uomo godesse di questo piacere, per cui un sub è legittimato a tuffarsi nella nutella e tarzan a usare il sedano di un pinzimonio come liana, ecc… Ho partecipato anche a dei concorsi e, in uno in cui tema era il luogo, avevo deciso di creare la sala da pranzo. Non volevo che le immagini rappresentassero il piatto, ma il titolo del piatto stesso, visto che amo giocare con le parole: “Menù del giorno, e se il patè fosse d’animo?”.

Menu del giorno/Fragoline di bosco – 2007 - ©Viola Cajo De Cristoforis

Le immagini erano surreali, forti, ambigue, dissacranti, provocatorie e ai limiti. Partivano dall’antipasto di mozzarella in carrozza; primo piatto di tagliatelle paglia e fieno; seguiva la testa fredda e, per finire, fragoline di bosco (a destra nella foto qui sopra, ndr). Vista la reazione della giuria, ovvero non farmi partecipare alla mostra, ho deciso di farne una performance dal vivo: sono andata a Roma sul Ponte Sisto il primo maggio di qualche anno fa, ho apparecchiato un tavolino con un bel fiore, una bottiglia di vino, un piatto e, vestita da cameriera con una zuppiera in mano, ho voluto vedere che cosa succedeva. La gente ha cominciato a sedersi. Io mi avvicinavo e, senza mai dir niente, servivo i piatti che erano rappresentati dalle fotografie. Loro stavano allo scherzo e fingevano di tagliare le foto e di mangiare. Fino a quando uno si è proprio mangiato la foto facendomi venire un’altra idea. In seguito, infatti, ho fatto un’altra installazione, in un’enoteca. Questa volta ho fatto stampare da un pasticcere le fotografie sulle cialde così da renderle commestibili. Il risultato è visibile nei video che documentano le perfomances.

od: E il sito di miss blanket?

VC: Anche quello è tutto un mondo, quello di miss blanket. Miss Blanket – 2005 - ©Viola Cajo De CristoforisUn filo ti porta in quattro continenti: in “Butterfly Effects” si entra in un labirinto di coincidenze, sogni…; nel “Quotidi-amo” ogni giorno viene proposta un’immagine nuova e un aforisma; in “Dock’s pillows” si raccontano storie di ogni genere. La parte, se vogliamo dire così, più commerciale è rappresentata dalla sezione “La Foto Turchina”, dove attraverso un campo di ricerca si può inserire una parola e trovare le foto relative a quell’argomento. Il sito è aperto a chiunque volesse partecipare a questo progetto. Tra l’altro ora sta cambiando il vento… vediamo dove ci porterà.

Viola ha vissuto i primi anni della sua carriera in modo globale maturando una serie di esperienze che l’hanno tenuta vicina al mondo della creatività sin dall’inizio, quando ha decorato l’interno di un asilo di Milano, passando per l’attività di driver per fotografi famosi di Vogue oppure, ancora, attraverso varie performance dal vivo come testimone delle reazioni del pubblico davanti alle sue opere. Ha ventotto anni (non ne fa un segreto visto che la sua data di nascita appare nella parte Bio del suo sito) ma sembra che abbia l’esperienza di una persona che abbia vissuto almeno il doppio; avrebbe forse potuto scegliere una vita più comoda, già segnata, continuando l’attività di famiglia, ma ha scelto di percorrere una strada diversa, sicuramente più impegnativa ma nuova. La sua.

www.violacajo.it
www.ilviaggiodimissblanket.net

Cerca su Osservatorio Digitale