Camera con vista

Mumbai, unica al mondo

Walter Meregalli

Mumbai, Mumbai, Mumbai... che poi nessuno alla fine la chiama così, se non giusto qualche turista, i giornali quotidiani e la segnaletica stradale.
Per tutti gli altri, o quasi, Mumbai è rimasta Bombay...

Mumbai park - ©Walter Meregalli 2019 - od100

Mumbai, Mumbai, Mumbai... che poi nessuno alla fine la chiama così, se non giusto qualche turista, i giornali quotidiani e la segnaletica stradale.
Per tutti gli altri, o quasi, Mumbai è rimasta Bombay.
Un puzzle, un enigma, un concentrato di contraddizioni e contrasti, a tal punto che si finisce col non farci più nemmeno caso.
In una moderna e decadente caput mundi, Bombay... pardon, Mumbai accosta il lusso senza tempo del Taj Mahal Hotel allo squallore del Colaba Fishing Slum, separati appena da qualche isolato di lungo mare. Oppure basta risalire uno o due incroci per trovare sullo stesso marciapiede un concessionario della Bentley, addossato ad un polveroso robivecchi, infestato da scarafaggi grassi come maiali, davanti al quale, un lustrascarpe si guadagna la giornata a cinquanta rupie a servizio. Peccato che le scarpe marroni sulle quali stia consumando il suo straccio lercio appartengano ad un ispettore della Mumbai Police e, con buona pace del suo fervore, il povero lustrascarpe ha già messo in conto che non vedrà un soldo.

A Bombay sono tutti di Bombay e nessuno è veramente di Bombay, un paradosso che si protrae nei secoli e che forse non avrà mai fine.
Come mai fine sembra avere la città stessa.
La sensazione la si avverte sin dal primo momento, basta fermarsi un momento, affacciati all’oceano su Marine Drive e guardare verso nord, per scoprire una curva gentile e infinita di grattacieli che davvero non incontra mai fine. La stessa sensazione la si ha salendo a bordo di un qualsiasi sgangherato traghetto che ad ogni ora del giorno lascia gli imbarchi di Apollo Bunder, vicino al Gateway of India. Basta sedersi sul ponte riparato e gettare lo sguardo indietro per ritrovare il più esteso skyline sul quale si possa poggiare occhio.

Un po’ Londra, un po’ New York. Un po’ Miami e un po’ Malibu. Ma soprattutto India.
Moderna, decadente, mangiata dal tempo, avanti al tempo, Bombay è uno stratificato di ere urbane.
Basta camminare un po’ a zonzo per uno qualsiasi dei suoi numerosissimi quartieri, per rendersene presto conto e riconoscere le tracce di quello che è stato.
È come se a Bombay tutto si sedimentasse.
Gli antichi splendori vittoriani del Raj si mischiano alle torri residenziali dei nuovi ricchi, il decò di Marine Drive, testimonianza di una città di nuovo sulla rampa di lancio negli anni Trenta e Quaranta dello scorso secolo, cede allo sfascio e per non collassare definitivamente si appoggia a improbabili ponteggi in canna di bambù e corda, nella speranza di sopravvivere all’usura. Senza quasi accorgersene, è già il nuovo rifugio per nuove generazioni di famiglie meno abbienti.
Ci sono quartieri, a Bombay, che pare siano governati da una legge di gravità tutta loro. I palazzi, rosi dal tempo, dalla salsedine e dell’incuria, anziché collassare, ogni anno ostentando un piano o due in più, e poco importa se non proprio in asse con il resto del palazzo o se più pericolante di quelli di sotto.

Mumbai - ©Walter Meregalli 2019 - od100
Bombay è unica. Non è il formicaio indemoniato di Delhi. A Bombay, la gente, i bombay-wala, va col passo lento, dinoccolato e sorride, contribuendo al paradosso di crederla una città al di sopra del pericolo, al di sopra del tempo.
Da sempre la città è stata abituata a periodi di auge, ai quali sono sempre seguiti tonfi sonori e anni di buia decadenza.

Bombay è unica, a partire dalla sua nascita. Scoperta dai portoghesi nel XVI secolo, in realtà la città altro non era che una baia, una bella baia, “Bom Baia”, appunto, e un piccolo arcipelago di sette isole, che, col passare dei decenni i suoi abitanti hanno saputo riunire in una sola e unica penisola, l’attuale Mumbai.
Come in una New York orientale, Bombay ha da sempre attirato i sognatori di mezzo mondo, promettendo loro successo e buona sorte. Così è nata contribuendo così a creare la metropoli cosmopolita, multirazziale, multietnica e dalle innumerevoli religioni e lingue. Musulmani, ebrei, cristiani e induisti. Banchieri, avanguardie artistiche, attori e aspiranti tali, trafficanti di armi e droga, architetti, portuali, mendicanti e altro, altro, altro ancora.

Ogni giorno, nelle gallerie d’arte della Art Area vicino Kola Ghoda olii su tela vengono venduti per svariati lakh, l’antica unità di misura pari a cento mila rupie, quando un taxi-wala, in giro con il suo taxi giallo e nero sette giorni su sette, a Ganesh piacendo, si mette in tasca 15 mila rupie in un mese.
Ogni giorni, negli studios a nord della città, Bollywood confeziona e sforna improbabili sogni per tutto il resto dell’India, affidandoli alle star, venerate come un nuovo pantheon di divinità, in barba alle nuove tendenze, che vorrebbero anche il cinema indiano in crisi.

Mumbai shoeshine - ©Walter Meregalli 2019 - od100Ogni giorno Bombay si sveglia e si ricorda di essere unica. Da Colaba, a Bandra, da Dongri, a Byculla, a Wolri, Bombay è la faccia moderna e tal tempo stesso tradizionale dell’India.
Ogni giorno decine di nuovi piani vengono aggiunti alle torri in cemento e vetro che affacciano sull’oceano arabico e migliaia di kurta e salwar kameez vengono risciacquate sui muretti del Dhobi Ghat, come se ancora fossimo nel 1700.

Fosse solo anche per per pochi giorni, vale davvero la pena almeno una volta vederla.

 

Data di pubblicazione: ottobre 2019
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