Marcello Geppetti | Osservatorio Digitale“Il fotografo più sottovalutato della storia”, così lo definì David Schonauer, editore di “American Photo” nel 1997 durante una mostra alla Robert Miller Gallery di New York. Ma chi era in realtà Marcello Geppetti? Sicuramente fece parte di quel gruppo di fotografi che ispirò Federico Fellini nel creare la figura del “Paparazzo” nel film “La Dolce Vita”. Geppetti però era molto più di un paparazzo, era un fotografo che attraverso i suoi scatti ha raccontato la trasformazione del nostro Paese dal dopoguerra agli anni di piombo e oltre.

I suoi esordi professionali furono con l’agenzia Giuliani e Rocca, poi passò alla Meldolesi-Canestrelli-Bozzer, una delle più importanti agenzie degli anni ’50-’60 del secolo scorso. Come tutti i fuoriclasse, l’attività da dipendente gli divenne ben presto stretta e così cominciò a lavorare da free-lance collaborando con diverse testate internazionali e inviando scatti che hanno fatto la storia di un’epoca, la storia della Dolce Vita, appunto.

Essendo però un fotografo di enorme spessore non si limitava solo alle foto di costume e durante la sua carriera fotografò di tutto, cronaca compresa, e proprio per alcune foto di cronaca fu accusato di cinismo dall’”Osservatore Romano”. Si tratta delle fotografie che scattò la mattina del 21 giugno 1959 durante l’incendio del Grand Hotel Ambasciatori: Geppetti era poco distante e corse sul posto; in un primo momento cercò di portare soccorso, posando a terra la sua macchina fotografica, poi, quando vide che non c’era nulla da fare, riprese l’apparecchio e cominciò a scattare immortalando il salto nel vuoto di alcune donne e lo schiantò che ne seguì.

Non fu tanto la polemica a lasciare un segno dentro di lui, ma l’orrore a cui aveva assistito e quell’esperienza lo portò alla consapevolezza che se sei un fotoreporter l’aggettivo “dolce” non può essere l’unico che applichi alla vita e hai il dovere di documentare attraverso i tuoi scatti. Questa presa di coscienza e la passione per la professione lo portarono a fondare, insieme ad un gruppo di altri colleghi, la AIF (Associazione Italiana Fotoreporter), portando avanti una lunga battaglia per far ottenere il tesserino ai fotografi e dando alla categoria una dignità professionale.

Marcello Geppetti | Osservatorio DigitalePurtroppo Geppetti morì improvvisamente nel 1998, al ritorno da una giornata di lavoro, lasciando un archivio smisurato ma non catalogato. Grazie all’amorevole passione del figlio Marco e di Andrea Dezzi, ora questo archivio sta prendendo forma, riportato a nuova vita alla Dolce Vita Gallery di via Palermo 41 a Roma.

L’Associazione Fili di Culture ha organizzato nel mese di ottobre 2013 una visita guidata alla prima parte di questo archivio, quella dedicata alle foto del periodo della “Dolce Vita” di cui Geppetti è stato uno dei maggiori testimoni attraverso scatti indimenticabili. Durante la visita Andrea Dezzi - cofondatore e responsabile della comunicazione della “Marcello Geppetti Media Company” - ha spiegato il modo in cui è stato deciso di riordinare l’archivio, organizzandolo in maniera totalmente diversa rispetto ad altri grandi archivi fotografici, non solo catalogando le foto per personaggio, anno e per ciò che si vede nella foto. Per ogni immagine di qualche rilevanza, infatti, si è catturato il motivo per cui era stata scattata quella determinata foto, se ne è svelato il contesto e si è raccontata la storia che vi era dietro.

All’entrata la Galleria presenta una parete di numerosissime piccole foto che raffigurano la vera Dolce Vita, quella che cominciò nel 1953-54 e finì nel 1962: ci sono immagini di americani, di moltissimi francesi, di spagnoli, tutti personaggi che erano a Roma perché nella nostra capitale in quel periodo c’era la vita tipica di un posto in cui si poteva godere di un grandissimo fermento culturale, di un’accoglienza straordinaria, insomma di una vita estremamente bella.

Sul muro si è accolti da una carrellata di immagini 6x6, scatti rubati al volo all’uscita di un grande albergo, o su un taxi, o per strada; i volti sono quelli di Fellini, Laura Betti, Alain Delon, Alberto Sordi, Claudia Cardinale, Brigitte Bardot, Anna Magnani, Sophia Loren, Vittorio De Sica, Monica Vitti, John Wayne, Vittorio Gassman, Anita Ekberg, Pasolini e guardarli ci proietta in un passato che è dietro l’angolo e che al tempo stesso appartiene a un periodo ormai scomparso per sempre.

La Galleria è nata perché gli stranieri amano ancora adesso quella straordinaria epoca della nostra storia recente e ne apprezzano le foto - forse molto più degli italiani - e sicuramente hanno compreso più di noi il valore dei fotografi dell’epoca, i quali avevano una batteria pesante, dei flash ingombranti, dovevano essere veloci negli scatti per cogliere l’attimo, cose non facili insomma, eppure, nonostante queste difficoltà, spesso riuscivano a fare foto a fuoco e bellissime.

Sono fotografi che appartengono a una vera e propria scuola italiana che l’Italia ha però solo raccontato come un fenomeno di costume e quindi in pratica noi italiani non l’abbiamo spiegata bene, almeno non fino ad ora.

Andrea Dezzi e Marco Geppetti hanno deciso di rivalutarli offrendo al pubblico la possibilità di apprezzarne il valore storico ma anche tecnico e lo fanno quotidianamente lavorando all’archivio e portando alla luce (è davvero il caso di dirlo) foto e storie in parte ancora sconosciute al mondo intero.

Quello era un tempo in cui per fare una foto bisognava essere intuitivi e veloci, era come prendere una mosca con una mano: o la prendevi o non la prendevi, però alcuni di questi fotografi, quando aprivano la mano, dentro ci trovavano una farfalla. Geppetti era uno di questi fotografi perché era un grande catturatore di istanti.

Marco Geppetti | Osservatorio DigitaleGrazie all’intelligente ed originale metodo di catalogazione adottato, oltre agli attimi si disvelano anche storie ricche di fascino e di aneddoti e fra queste una delle più sensazionali è legata al famoso scatto del bacio galeotto fra Elizabeth Taylor e Richard Burton. Si tratta di una delle fotografie più famose di Geppetti (riprodotta qui a fianco con Marco Geppetti) e per molto tempo è stata anche la foto di gossip più pagata della storia. Per colpa di questo bacio, Richard Burton sposa Liz Taylor. I due divi erano a Roma per “Cleopatra”, l’ultimo grande colossal americano girato in Italia, entrambi accompagnati dai rispettivi consorti. La Taylor, però, appena vede Richard Burton perde la testa, se ne innamora follemente e comincia a pressarlo. La storia diventa una vera e propria passione anche per Burton ma inizialmente è la Taylor che inizia il corteggiamento. Durante le riprese cominciano a diffondersi i primi mormorii a riguardo e tutti i paparazzi sono in attesa di poter fotografare un bacio fra i due.

Alle ultime riprese parte della troupe si reca a Ischia e Geppetti, nascondendosi dietro ad un cespuglio, riesce ad eseguire lo scatto (il rullino è composta da 103 foto in cui si dipana una storia che rivela il vero e proprio pressing che la Taylor fa a Burton stuzzicandolo in mille modi prima di giungere al bacio finale). Burton e la Taylor tornano in albergo e i fotografi li inseguono; tutti tranne Geppetti, che ha ormai lo scoop in tasca.

Da un’intervista che in seguito venne fatta a Geppetti sappiamo che Burton, non vedendolo fra i fotografi, capì e quindi lo contattò per offrirgli 12 milioni di lire dell’epoca per distruggere il rullino, ma inutilmente perché Marcello inviò il tutto al “Sunday Pictorial” (poi diventato “Sunday Mirror”). La moglie di Burton, Sybil, corse a pregare il direttore del giornale perché non pubblicasse le foto altrimenti lo scandalo avrebbe rovinato la famiglia, ma il direttore le rispose: “E’ la stampa baby, se non le pubblico io, domani le pubblicherà il New York Times (che infatti poi le pubblicò due giorni dopo). Nel frattempo lo scatto di Geppetti fece il giro del mondo e in brevissimo tempo Richard Burton e Liz Taylor si sposarono.

Marcello Geppetti | Osservatorio Digitale

Di aneddoti così l’archivio ne è pieno e chiunque ami questo periodo della storia del nostro Paese dovrebbe fare una visita alla Galleria: entrando ci si ritrova a percorrere un viaggio nel tempo e si rivive la Dolce Vita, fotogramma per fotogramma. Geppetti però non è stato solo un paparazzo, questo l’ho già detto ma è importante sottolinearlo; suoi sono anche scatti magistrali a Pasolini, per esempio, e l’archivio è ricco di fotografie che documentano i difficili anni Settanta: fra tutti vale la pena di ricordare le foto fatte durante gli scontri in cui a Roma perse la vita Giorgiana Masi.

Mi piace ricordarlo con le parole di Rino Barillari, che di Geppetti fu amico oltre che collega, e che in un’intervista rilasciata a Massimiliano Di Liberto dice di considerarlo “come il papà di tutti i fotografi della nuova generazione dopo gli anni ’60. Era un uomo disponibile, per bene e onesto, con un bagaglio di esperienza giornalistica che in quel periodo era importante per capire i personaggi. Quando Geppetti faceva un servizio era già uno scoop”.

Le foto di questo grande maestro della fotografia italiana sono state molto apprezzate all’estero, in particolar modo in Francia, dove privati ne hanno acquistate diverse e dove il Beaubourg ha mostrato interesse per esporne alcune.

In Italia attualmente sono invece ancora troppo pochi a ricordarlo e sarebbe ora che anche noi imparassimo ad apprezzarlo come merita; un primo passo è recarsi alla Dolce Vita Gallery, lasciandosi guidare dalle parole del curatore Andrea Dezzi, competente e molto disponibile a condurre chiunque sia interessato in un viaggio attraverso una delle epoche più glamour della storia italiana che all’estero molti ricordano con nostalgia.

(data di pubblicazione: novembre 2013)

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