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Marianna Quartuccio

Ezio Rotamartir

Mi vu in gir de chi e de là, mi vu in gir per laurà” cantava una vecchia canzone milanese riscritta e interpretata da moltissimi artisti dove si parlava di una Balilla, l’auto che al tempo fece sognare gli italiani. Qui invece dei parla di un modo diverso di vedere la metropoli nel suo contesto sociale e, perché no, turistico: il tram.

Arco della Pace ©M. Quartuccio 2017 od84“Mi vu in gir de chi e de là, mi vu in gir per laurà” cantava una vecchia canzone milanese riscritta e interpretata da moltissimi artisti dove si parlava di una Balilla, l’auto che fece sognare gli italiani. Qui invece dei parla di un modo diverso di vedere la metropoli nel suo contesto sociale e, perché no, turistico, contemplativo, sicuramente più ecologico di quanto non fosse muoversi con i carburanti fossili. Marianna Quartuccio si muove in tram e da li ha cominciato ad appassionarsi alla fotografia e a Milano, sua città di adozione. Arriva infatti da Napoli per svolgere un lavoro “normale”, quello di consulente aziendale per il settore informatico e comincia a spostarsi proprio con il buon vecchio mezzo di trasporto che, nonostante abbia “la strada segnata” come la ferrovia di De Gregori, rappresenta il modo più lento per spostarsi, al punto da offrire ai viaggiatori la possibilità di godersi il panorama e, in questo caso, di realizzare un progetto.
Sul sito di Marianna si legge "Spesso, scendendo a una fermata del tram scelta a caso, mi sono ritrovata a girovagare per strade sconosciute, ritrovando angoli nascosti, ricchi di storia; cortili di una bellezza inaspettata; piccole oasi di tranquillità. E, a mano a mano, anche i tanti luoghi comuni su Milano sono venuti meno: il grigiore di Milano lascia il posto ai mille colori dei murales che invadono sia il centro sia le periferie; l’accusa di chi la considera solo forma senza sostanza viene demolita dalle testimonianze dei grandi uomini che ne hanno fatto la storia e dato l’anima."

Tram ©M. Quartuccio 2017 od84Il progetto si chiama Milano vista dal Tram e dopo tre anni di lavoro si realizza in una bella mostra itinerante (e altrimenti come?) che tocca vari luoghi del capoluogo meneghino e finisce la sua prima serie alla Biblioteca Municipale di Via Quarenghi 13 fino al prossimo 24 novembre. Per il momento si prendono una pausa sia la mostra sia Marianna che è in procinto di partire per nuovi lidi con un nuovo progetto fotografico.
Tutto inizia, come spesso accade ai giorni nostri, con un’immagine che colpisce e allora ecco spuntare l’onnipresente telefono e l’immagine è catturata in una fotografia da guardare e condividere. Marianna ci pensa, ci riflette e decide che sono molti i luoghi milanesi che potrebbe raccontare, luoghi che la incantano o la costringono a pensare a tutto ciò che sta dietro questa eterna e costante scenografia attraverso la quale passano le rotaie del tram. L’origine è la linea 19, quella che Piazzale Bausan va fino a Piazza Negrelli: per i non milanesi aiuterà la cartina. In seguito, per realizzare le foto dell’intero progetto e per la mostra, Marianna salirà più e più volte su tutte le linee tranviarie dell’area cittadina, senza escluderne nessuna.

Milano è grande, certo non estesa come Roma ma è pur sempre una metropoli con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, con una mobilità che spesso lascia a desiderare per mille motivi: personalmente ricordo problemi di spostamento sin da prima dei Mondiali di Italia ’90 seguiti senza soluzione di continuità da tutta una serie infinita di interventi che arrivano a giorni nostri e che, per un motivo o per un altro ci costringono a rinunciare a certe strade, a dimenticarci di alcune vie, a obbligarci a studiare percorsi nuovi e diversi quasi quotidianamente. Il tram invece è li, una certezza, sin dai tempi del benamato “Gambadelegn”. Sono passati i mondiali di calcio, il passante ferroviario, la linea 3 che avanza poi la 5 poi la rimozione della Fiera e l’avvento dell’era Expo e ora ci godiamo i disagi di quasi un decennio per la realizzazione della quarta rete della metropolitana, il tutto condito dalla truffa dell’Area C e le continue menzogne che i vertici cittadini propinano a noi “sudditi” costretti a subire ogni loro decisione senza poter mai far sentire la nostra voce.
Nonostante tutto la città va avanti perché i suoi abitanti (di qualunque origine siano) sanno che l’alternativa non c’è, non ci si può fermare. E il tram è li, come una costante, come una pianta o un animale secolare che guardano e continuano per la loro strada, incuranti del trascorrere del tempo.

osservatoriodigitale: Marianna ci racconti come è cominciata questa tua avventura fotografica?

Marianna Quartuccio: L’interesse per la fotografia è nato quasi per caso, grazie alla possibilità di catturare immagini che mi offriva lo smartphone. Da allora moltissime cose sono cambiate, ho partecipato a corsi, concorsi e mostre , appassionandomi sempre di più. Per prima cosa mi sono comprata una vera e propria macchina fotografica (una Canon 1000D) con la quale ho iniziato un mio progetto dedicato ai locali notturni di Milano, dove raccontavo delle storie di vita quotidiana, immagini che hanno partecipato a un concorso che ho vinto. Era il 2014: ero un po’ indecisa sul da farsi ma, all’ultimo giorno utile, consegnai le tre fotografie richieste per la partecipazione al concorso e andò bene.

Pussycat ©M. Quartuccio 2017 od84

od: bè direi molto bene. Non capita proprio a tutti di partecipare a un concorso per la prima volta e vincerlo… Di seguito però è stata la volta delle foto di Milano.

MQ: Sì, tutto è iniziato una mattina mentre, in tram, andavo in ufficio e ho cominciato a scattare qualche foto che, tra amici e parenti, suscitavano un piacevole interesse. Allora ho preso un impegno, soprattutto con me stessa, di realizzare qualcosa di più strutturato, un progetto che mi portasse in giro per la città fotografandone gli aspetti anche meno conosciuti ma sempre restando a bordo di un tram. Così, la mattina di un sabato, salii sulla linea 2 e andai da un capolinea all’altro; era il marzo 2015 e fu l’inizio di tutto. Nel tragitto da Piazza Bausan, nel quartiere della Bovisa, attraversando tutto il centro fino ad arrivare a Piazzale Negrelli, nel cuore del Giambellino: si parte da quella che era la periferia storica della città per arrivare in pieno centro e ripartire alla volta del Giambellino, uno dei quartieri più cantanti nelle canzoni della mala milanese.
Realtà completamente diverse ma che si susseguono in modo quasi logico, naturale.
Ho quindi aperto dei profili social come “Milano vista da un tram” e, di conseguenza, anche un sito.
Visto che l’interesse per questa mia iniziativa cominciava ad allargarsi non più solo alla mia cerchia di amici e conoscenti ho deciso di prendere, come si suol dire, il toro per le corna e sono andata a cercare supporto al Comune: l’idea piacque a tal punto che due assessori mi proposero di realizzare una mostra ma che fosse… itinerante! E così è stato, infatti è stata pensata in nove tappe cinque delle quali già realizzate (compresa quella che è ancora in corso.

Copertina ©M. Quartuccio 2017 od84

od: e le altre quando si svolgeranno?

MQ: In origine erano previste tutte subito, uno dopo l’altra, così da vedere il completamento del progetto entro gennaio 2018 invece ho pensato che fosse bene introdurre una pausa come dire, di meditazione, e così riprenderemo in primavera, magari con qualcosa di nuovo in aggiunta.
Per ora devo ringraziare la grande affluenza di pubblico che ha manifestato un interesse quasi inaspettato da parte mia, grazie anche al risalto che i grandi quotidiani hanno dato all’evento anche a La Repubblica e il Corriere della Sera che sono stati sponsor dell’intero evento.
Nello svolgersi della mostra itinerante sono affiorate anche molto idee che, ora, stiamo mettendo in opera: ad esempio la chiusura di questa tappa vedrà l’intervento di Giulia Pelluzzi, assessore alla cultura del Municipio 8, che premierà il vincitore di un contest per il migliore scritto associato e ispirato proprio alle immagini in mostra.

Marianna Quartuccio od84

od: che cosa bolle in pentola adesso?

MQ: molti progetti ma il più concreto è quello che partirà tra poco, giusto al termine della tappa attuale della mostra: infatti il 28 novembre volerò in Argentina per fare una ricerca e scattare il mondo delle donne che, laggiù come in molte parti del mondo, sono protagoniste della vita sociale del Paese e si trovano spesso al centro delle trasformazioni dello stesso. Mi appoggio all’associazione Non una di meno e spero di tornare con tante cose da raccontare.

od: Bene allora ti aspettiamo per parlarne al tuo ritorno. Un’ultima curiosità a proposito della tua attrezzatura. Dai tempi del telefono e della 1000D sembra che siano trascorsi decenni e invece…

MQ: È vero. Quasi subito ho sentito il bisogno di avere a disposizione degli strumenti più adatti, diciamo così, alla mia volontà di fotografare in modo professionale. Dopo la 1000D è stata la volta di una 700D che, però, è stata quasi subito sostituita da una 5D Mark III che utilizzo quasi sempre con un’ottica 24mm che si adatta perfettamente al mio tipo di fotografia. Ho anche uno zoom 24-70mm che uso come ottica di supporto.

Non fai solo una fotografia con una macchina fotografica. Tu metti nella fotografia tutte le immagini che hai visto, i libri che hai letto, la musica che hai sentito, e le persone che hai amato.” di Ansel Adams

Data di pubblicazione: novembre 2017
© riproduzione riservata

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