Taccuino

Da Marte alla Terra e ritorno

Valeria Prina

Un sottile fil rouge lega la mostra su Marte esposta a Madrid fino a marzo 2018 a due mostre a Milano: di Salgado, che fa riflettere sull’inquinamento ambientale, e di Nachtwey, sulle conseguenze delle guerre, esposte rispettivamente fino a fine gennaio e inizi marzo 2018.

Un sogno e una drammatica realtà, Marte e il petrolio inquinante: un sottile fil rouge lega questi due temi (e relative mostre), apparentemente così lontani. Ad accentuare l'apparente lontananza sono i chilometri che separano le due mostre che hanno questi due temi per protagonisti. Perché il sogno prende vita a Madrid, mentre la realtà si mostra in tutta la sua drammaticità a Milano. Entrambe le mostre sono nel pieno centro della città, in spazi che al racconto attraverso le immagini dedicano da tempo la loro attenzione.

Qui il sogno travalica lo spazio per assumere dimensioni più concrete, mentre la realtà ci appare in un primo momento lontana per poi assumere contorni allarmanti.

È proprio La conquista di un sogno il sottotitolo della mostra “Marte” esposta, fino al 4 marzo 2018, a Madrid all’Espacio Fundacion Telefonica in Fuencarral all'angolo con la Gran Via. Il sogno è Marte, il pianeta che diventa protagonista in tutte le sue sfaccettature.

Dalla mostra "Marte - La conquista di un sogno"

Che Marte eserciti una forte fascinazione che data di secoli è fuori discussione. È una fascinazione che tocca i nomi, basta pensare al nome con cui si identifica il dio della guerra, Marte, al giorno della settimana e al mese, martedì e marzo.

La mostra madrilena affronta tanti aspetti differenti, che vanno ben oltre la sonda arrivata sul pianeta rosso per esaminarne superficie e struttura. Perché Marte compare nelle illustrazioni del XVI secolo ed è protagonista di romanzi, come La guerra dei mondi di Wells e lo è di film, che vedono i marziani sotto aspetti negativi o molto teneri come ET: il suo «telefono casa» è sintomatico di un modo di vedere nei marziani degli esseri molto vicini a noi. All’opposto la famosa radiocronaca di Orson Welles sull'arrivo dei marziani ce li dipinge come il male che invade la Terra, seminando terrore. Carl Sagan, il famoso astronomo e astrofisico, definisce Marte come uno spazio mitico sul quale abbiamo proiettato tutte le nostre paure e le nostre speranze.

Un pannello fotografico alla mostra "Marte - La conquista di un sogno" (foto di Valeria Prina)

Quando si parla di Marte l'aspetto più fantasioso si affianca a quello più scientifico, basta ricordare che già nel 20º secolo un astronomo prestigioso come Camille Flammarion immaginò Marte abitato da una civiltà più antica e avanzata della nostra. Se poi arriviamo al secolo appena trascorso vediamo che sempre più spesso si parla di Marte come luogo di vita. Per alcuni non si tratta nemmeno di una credenza, ma di una certezza indiscutibile. E ora si parla di una missione possibile negli anni '30 del nostro secolo.

La mostra all’Espacio Telefonico permette di vedere molte immagini e induce a riflettere su quanto Marte sia stato protagonista del nostro immaginario, sia in un lontano passato che al cinema e nella letteratura. Al visitatore offre molte occasioni di foto insolite, accanto a mezzi di esplorazione o a ricostruzioni del pianeta e insieme permette di vedere immagini spesso non conosciute. Un pannello proietta delle immagini a grandi dimensioni, invitando gli osservatori a indicare se quelle foto sono state scattate sul nostro pianeta o su Marte: non sempre la risposta comunemente data corrisponde alla verità, così, ad esempio, il deserto di Atacama in Cile viene spesso scambiato per un angolo di Marte.

Un pompiere. Pozzi di petrolio, Greater Burhan, Kuwait, 1991. © Sebastião Salgado /Amazonas Images/Contrasto

Di sogno parlavamo e a questo si riferisce lo stesso titolo della mostra che insieme parla di conquista. Di questo si è discusso perché, come si è detto in occasione della conferenza di presentazione il 7 novembre in occasione della inaugurazione ufficiale la domanda, che per molti non sembra nemmeno frutto di estrema fantasia, è: noi siamo stati invasi in un lontanissimo passato dai marziani che ci hanno colonizzato? Se questo interrogativo non ha risposta si può però rilanciarlo, chiedendoci se siamo destinati a diventare noi i marziani: in un futuro saremo noi a invadere Marte? Tre possono essere i motivi a spingere in questo senso: motivi politici per causa guerre, motivi economici per colonizzare nuovi spazi, mentre un terzo motivo nasce dal bisogno di sfuggire a una drammatica situazione provocata dall'inquinamento della nostra atmosfera e del nostro ambiente. Ed ecco dunque il fil rouge che unisce la mostra madrilena a quella milanese, sicuramente più impostata sulla fotografia. Dalle immagini di Sebastião Salgado, che compongono la mostra “Kuwait. Un deserto in fiamme” esposta a Milano allo Spazio Forma Meravigli fino al 28 gennaio 2018, emerge chiaramente quanto potrebbe essere disastroso l'inquinamento della nostra Terra. Le immagini in bianco e nero evidenziano una situazione allarmante, che ha riguardato uno spazio per fortuna sufficientemente ridotto, ma risultato dell'azione umana, perché nel 1991 in Kuwait i soldati iracheni incendiarono oltre 600 pozzi di petrolio per ostacolare l’avanzata della coalizione militare guidata dagli statunitensi. “Non ho mai visto, né prima né dopo quel momento, un disastro innaturale così enorme” è il commento di Sebastião Salgado, che decise di documentare quel disastro ambientale seguendo l'operato dei vigili del fuoco e dei tecnici specializzati, chiamati da tutto il mondo per limitare i danni e arginare le perdite.

Un cavallo che apparteneva alla scuderia reale cerca erba in un bosco che prima era la sua casa. Kuwait, 1991. © Sebastião Salgado/Amazonas Images/Contrasto

E se l'inquinamento non sembra sufficiente a distruggere il nostro ambiente – e dunque a farci sognare la conquista di Marte come soluzione - non si può dimenticare quanto le guerre agiscono in questi termini. Un'altra mostra, che aprirà il 1° dicembre a Milano a Palazzo Reale fino al 4 marzo 2018, si propone di evidenziare le conseguenze delle guerre al mondo. Lo fa attraverso i reportage del più famoso fotografo di guerra, James Nachtwey, il pluripremiato fotografo americano, considerato universalmente l’erede di Robert Capa. Le duecento immagini spaziano da El Salvador a Gaza, dall’Indonesia al Giappone, passando per la Romania, la Somalia, il Sudan, il Rwanda, l’Iraq, l’Afghanistan, il Nepal, gli Stati Uniti (tra cui la testimonianza straordinaria dell’attentato delll’11 settembre 2001) e molti altri Paesi e si conclude con un reportage oltremodo attuale sull’immigrazione in Europa: “Memoria”, come si intitola la mostra, raccoglie gli scatti con cui il fotografo racconta la crudezza della guerra, la violenza del terrorismo, lo sguardo vuoto della disperazione.

Le immagini di Milano si propongono dunque come un monito per far sì che la mostra di Madrid continui a raccontare Marte come un sogno, con tutti gli aspetti più positivi, senza trasformarsi nella necessità di una conquista.

 Data di pubblicazione: novembre 2017
© riproduzione riservata

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