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Attenzione curve pericolose

ODLab

Spesso, quando ci troviamo a viaggiare in territori sconosciuti, ci vengono in soccorso i segnali stradali come quello, appunto, triangolare bordato di rosso che ci intima di fare attenzione alle curva pericolose. Allo stesso modo ci viene in soccorso il nostro mago Visivig fornendoci delle utili mappe del mondo del colore.

Un bel giorno, il bel Cristoforo, navigatore a pagamento, si presentò dalla bella Isabella – tra l'altro sua principessa regnante – e le chiese di sponsorizzare un suo prossimo viaggio alla ricerca di queste nuove terre che avrebbero portato ulteriore fama al casato di Spagna oltre che nuove e favolose ricchezze, fatte di spezie e frutti sconosciuti e pietre preziose che avrebbero aperto anche mirabolanti nuove opportunità di commercio con gli altri regni del continente.

Sappiamo che partì e sappiamo anche come andò a finire, scoprendo a sua insaputa un territorio che era tutt'altro che le sognate Indie. D'altronde non c'erano i satelliti geostazionari, quindi niente coordinate né GPS e tanto meno delle mappe precise del globo terracqueo che facessero pensare a un possibile continente sconosciuto, messo lì in mezzo al nulla vastissimo di quell'oceano. E pensare che il mago Visivig, forte dei suoi poteri e delle sue premonizioni, si era confuso tra la folla di marinai che volevano offrire i propri servigi al genovese Colombo, ma questi preferì lasciarlo a terra imbarcando al suo posto un losco figuro, sedicente lettore della volta celeste, che finì per essere condannato per tentato ammutinamento e gettato ai pesci durante la navigazione: cose che capitano anche a un bravo capitano.

Ecco, proprio delle mappe dovremo parlare poiché, nella scorsa puntata, ci eravamo lasciati con una riflessione importante, questa: "ogni dispositivo che utilizziamo ha un suo spazio colore ed ecco perché è importante comprendere come far corrispondere i valori tra i vari dispositivi, tradurre un valore di un spazio colore in un altro, corrispondente a quello di un altro dispositivo, affinché il risultato finale sia coerente, corrispondente, reale."

E allora dobbiamo introdurre prima di tutto il concetto dei profili colore.

Un profilo colore o, meglio, profilo ICC è un insieme di dati che descrivono, secondo regole e standard promulgate dall'ICC (International Color Consortium), il modo in cui i colori vengono rappresentati numericamente in un determinato spazio dei colori. Praticamente il profilo sta allo spazio colore di un dispositivo così come una mappa sta a un territorio: ne è una descrizione. Tuttavia, per poter tracciare la mappa dobbiamo misurare il comportamento del dispositivo e quindi la mappa sarà più o meno accurata a seconda di quante misure facciamo e come; il profilo è quindi un insieme di dati relativi alle misure che servono a tradurre tutta una serie di colori nella "lingua" del dispositivo, sia esso una stampante, un monitor o uno scanner. Di solito, soprattutto nel caso dei fotografi che si apprestano a stampare una loro immagine, quando la vedono riprodotta con colori e toni non proprio fedeli tendono a dare immediatamente la colpa alla stampante mentre, in realtà, l'errore cromatico può essersi generato già al momento dell'importazione oppure durante la visualizzazione e, non ultimo in nessun caso, durante l'elaborazione, proprio perché ognuno degli strumenti utilizzati risponde bene solo se lavora nel corretto spazio colore adottando il suo corretto profilo colore.

Spesso questi due concetti vengono confusi tra loro (il primo a farlo, ad esempio, è il celebre software Photoshop...).

Esistono, come abbiamo già avuto modo di dire, due grandi categorie di spazi colore, quelli dipendenti da un dispositivo e quelli indipendenti. I primi, facile a capirsi, descrivono il comportamento di un certo strumento (monitor, stampante, ecc.) per determinate condizioni di lavoro mentre i secondi sono spazi colore astratti che non si riferiscono a nessun dispositivo reale ma sono considerati dei veri e propri standard di riferimento.

Per capirci prendiamo i valori RGB che descrivono un colore, la famosa terna di valori numerici (ad esempio la terna del verde acqua R120, G200, B180): non possiamo limitarci a inviare terne di coordinate RGB a un dispositivo ma dobbiamo anche sapere cosa significano quelle terne per quel dispositivo proprio perché ognuno ha il suo spazio colore. Per conoscere il significato delle terne dobbiamo descriverlo, per descriverlo utilizziamo un profilo colore e il profilo colore si costruisce in base alle misure effettuate su quel dispositivo. Dal momento che ogni dispositivo è diverso, il profilo di uno non descrive quello di un altro (monitor o stampante) – sia pure dello stesso modello.
Ogni dispositivo deve avere il suo profilo colore, che, tra l'altro, va aggiornato periodicamente. Praticamente un bailamme di informazioni entro il quale è davvero difficile districarsi poiché se ognuno usa il proprio profilo colore e basta, non si capisce più nulla.

Per questo ci servono degli standard e qui ci vengono in aiuto gli spazi colore indipendenti dai dispositivi che, appunto, sono considerati come tali. Vediamo i tre gamut principali, gli attori di questa scena: sRGB, AdobeRGB e ProPhotoRGB.

sRGB. Uno standard si costruisce facendo una media tra i dati raccolti in una ricerca; se, ad esempio esaminiamo gli spazi colore di un certo numero di monitor, troveremo che sono diversi ma non completamente diversi tra di loro. Facendo quindi la media saremo in grado di costruire il profilo per un monitor da considerarsi medio e ideale: nessun profilo di nessun monitor sarà perfettamente aderente al profilo standard ma gli si avvicinerà con buona approssimazione. Questo è quello che si propone di fare lo spazio colore sRGB, creato da Microsoft e Hewlett-Packard oltre vent'anni fa e oggi, effettivamente, un po' datato. Viene ancora oggi adottato sui monitor di fascia bassa e i dispositivi (tablet, smartphone) che hanno un display il cui spazio colore è abbastanza simile a sRGB.

AdobeRGB. Lo dice il nome stesso: questo spazio colore è stato inventato da Adobe qualche anno dopo sRGB per dare una base stabile al proprio software Photoshop e ampliare la gamma di colori coperti. Non è un vero e proprio standard anche se è comunemente accettato come tale proprio perché copre quasi integralmente i colori CMYK utilizzati per applicazioni professionali grafiche e per la stampa. Un numero sempre maggiore di monitor LCD è in grado di visualizzare correttamente i colori compresi nello spazio colore AdobeRGB.

ProPhotoRGB. Questo spazio (originariamente sviluppato dalla Kodak) è uno spazio di colore molto più ampio rispetto allo spazio Adobe RGB che a sua volta è più grande rispetto allo spazio sRGB e a tutti gli altri (a eccezione dello spazio LAB* che copre tutta la gamma di colori visibile dall'uomo, ma è un discorso teorico e lungo da affrontare che nemmeno le pastiglie di pazienza del mago Visivig ci aiuterebbero a sopportare...). In teoria con questo gamut si minimizza la perdita di informazioni e solo nei blu scuri e nei verdi lo spazio ProPhoto RGB supera lo spettro visibile dall’uomo; ed è per questo motivo che lo si dovrebbe preferire agli altri due, soprattutto nel mondo della fotografia. Dov'è l'inghippo? Perché allora non usiamo tutti questo magnifico spazio? Perché c'è una grande limitazione ed è quella tecnologica, soprattutto nel mondo delle stampanti, incapaci di interpretare correttamente certi valori e tradurli in colori previsti dal loro gamut. C'è da dire che le stampanti più moderne hanno già fatto passi da gigante, consentendoci di riprodurre certi valori di ciano, magenta e giallo che vanno oltre a quelli consentiti dallo spazio Adobe RGB.

Ma arriviamo al dunque. Le differenze tra gli spazi si vedono eccome. Ecco la visualizzazione tipica della stessa terna di valori vista in precedenza in quattro gamut differenti:

L'esempio è chiaro. Abbiamo messo a confronto le visualizzazioni di quattro spazi colore dei quali due standard, sRGB e ProPhoto RGB, e due profili di monitor diversi, uno di fascia alta ma datato (Apple Cinema Display) e uno di fascia altissima e attuale (EIZO CG247). Come si vede il monitor EIZO è quello che più si avvicina alla visualizzazione corretta del colore, visto che il suo spazio colore è al 99,9% compatibile con lo spazio AdobeRGB.

Per concludere diciamo che è importante imparare a capire come tradurre i valori delle terne tra un dispositivo e l'altro affinché i risultati finali siano in linea con i colori originali.

Se dovessimo trovarci in Spagna e chiedessimo del burro da spalmare sul pane a un ristoratore, quello ci prenderebbe per pazzi dato che per lui avremmo appena espresso la volontà di spalmare su una fetta di pane un asinello... È questione di lingua, è una questione di traduttori: quello che conta è capirsi, ottenere risultati concreti e fedeli.

Cambiare i numeri per mantenere l’aspetto del colore

Il succo è semplice: se prendiamo una terna RGB e ci limitiamo a “incollarla” su diversi dispositivi, il colore che vedremo sarà sempre diverso.
Sul mio monitor, però, la terna 152R 195G 178B
ha lo stesso aspetto della terna 120R 200G 180B in sRGB.
Affinché il colore sia corretto, devo convertire i numeri:
 dallo spazio colore originale (sRGB) a quello di destinazione (spazio colore del monitor).
Questa è, in sintesi, la gestione del colore: cambiare i numeri per mantenere l’aspetto.

* Affinché nessuno perda il sonno diremo che lo spazio LAB rappresenta correttamente il modo in cui l’occhio umano percepisce il colore e si potrebbe affermare che è tutto ciò che è fuori dallo questo spazio non è visto dall'occhio umano.

Grazie a Marco Olivotto e alle sue perle di saggezza.

 

 

Data di pubblicazione: luglio-agosto 2018
© riproduzione riservata

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