Il nostro campo di lavoro fotografico è terribilmente bidimensionale. Ma con un poco di fantasia, qualche nozione di prospettiva e disegno tecnico è possibile ricreare un ambiente tridimensionale e utilizzare la propria creatività per generare delle immagini che simulano una ambientazione tridimensionale.

Come applicare una texture fotografica a una superficie tridimensionale è un tema che abbiamo già toccato. Ancora una volta ci si deve confrontare con la grande differenza che vi è tra il lavoro in 3D e quello in due sole dimensioni.
Il problema della tridimensionalità di una immagine è assolutamente relativo. In realtà la percezione umana della tridimensionalità è affidata ad una serie di percezioni collaterali a quella visiva che, per sua stessa natura, è bidimensionale.

L’occhio umano si comporta strettamente come una fotocamera raccogliendo nella retina una immagine proveniente dall’esterno e la “fotografa” trasmettendo poi al cervello la visione bidimensionale della realtà esterna. Per introdurre il fattore tridimensionale la natura ci ha fornito della seconda macchina fotografica: vedere con due occhi permette al nostro cervello di ricevere simultaneamente due immagini della stessa situazione con punti di ripresa vicini ma non esattamente coincidenti. Tutti sanno che dal confronto delle due immagini il cervello è quindi in grado di elaborare anche informazioni sulla profondità, ovvero sulla terza dimensione della visione.

Altri meccanismi che definirei software forniscono poi altre informazioni collaterali al cervello che, deducendo, genera informazioni più raffinate su tutte le tre dimensioni della realtà e permette quindi all’osservatore di farsi una opinione tridimensionale dell’ambiente che sta visualizzando. Come informazioni software per il nostro cervello, per esempio, hanno grande importanza le ombre, la cui consistenza e distribuzione permettono al cervello non solo di ipotizzare la posizione della fonte di luce ma anche la posizione tridimensionalmente relativa degli oggetti che appaiono nella visione trasmessa dall’occhio.

Anche la deformazione dell’immagine contribuisce alla determinazione della profondità dell’oggetto e della relativa inclinazione dei piani rispetto alla posizione del soggetto. In qualche caso la deformazione della visione (per esempio nel caso di immagini riflesse da superfici lucide) è in grado di fornire informazioni sulla forma tridimensionale della superficie riflettente.

Altra importantissima, ma per noi trascurabile, fonte di informazioni tridimensionali è il movimento, ovvero la comparazione di successive immagini: dalla velocità e dalla quantità dalla deformazione delle singole “visioni” il cervello risale alla posizione tridimensionale di ogni elemento della visione.

Di queste considerazioni sono ormai centinaia di anni che l’ingegno umano si avvale per le arti figurative. Dalla pittura alla decorazione i limiti dell’occhio umano e i meccanismi del cervello che li compensa sono stati sfruttati in tutte le salse. Senza andare a scomodare i gradi pittori basterebbe osservare un “trompe l'oeil” (letteralmente “inganna l’occhio”) per capire quanto siano ben conosciuti e sfruttati questi meccanismi.

L’elaborazione digitale delle fotografie è quindi uno strumento che può essere validamente impiegato per ottenere effetti prospettici tridimensionali anche con immagini bidimensionali. L’immaginatore applica quindi la fantasia e le debolezze dell’occhio umano per creare effetti particolarmente suggestivi.

L’esercizio dimostrativo che vi propongo è quindi quello di utilizzare cinque immagini per realizzare una camera virtuale completamente tappezzata di immagini suggestive nella quale viene presentata una supercar che, con le sue stesse forme, ben si attaglia al carattere sportivo dello “stand” in cui viene posta.

Ho utilizzato una proporzione classica delle immagini fotografiche 10 x 15 cm per dare consistenza all’immagine.

Per prima cosa genero un file con queste dimensioni e il fondo trasparente sul quale, tramite le utili guide di Photoshop, definisco il centro dell’immagine e una linea di terra a cui fare riferimento:

Le immagini scelte per le “pareti” sono le seguenti:

Naturalmente l’immagine dell’auto (courtesy Pagani SpA – www.paganiautomobili.it) è stata preventivamente scontornata in modo da potere essere copiata sulla nostra immagine finale con le caratteristiche finali.

A questo punto, definito lo spazio e le posizioni della prospettiva centrale, comincio a importarvi le “pareti” e a deformarle in modo da seguire il “progetto”. Inizio con la parete di destra e, utilizzando la modalità di trasformazione libera, posiziono e dimensiono nello spazio opportuno.

Seguono con la stessa metodologia la “parete” di sinistra, il “pavimento” e la parete di fondo avendo cura di giocare con l’ordine dei livelli in modo da evitare sormonti non voluti. Si ottiene facilmente la seguente immagine:

Per dare un tocco di maggiore realismo alla nostra prospettiva teniamo conto della abitudine del cervello a decodificare le ombre come caratteristica tridimensionale. Si tratta quindi di immettere delle zone d’ombra verso il fondo della nostra “stanza” in corrispondenza degli spigoli. Per farlo inserisco dei nuovi livelli sopra ciascuno contenente una immagine e vi riporto una sfumatura di nero in corrispondenza dello spigolo. Vediamo l’applicazione di questa sfumatura sulla “parete” di sinistra:

e di seguito anche per gli altri elementi. Unica particolarità è per l’immagine sullo sfondo per la quale genero una ombra interna con analoghe caratteristiche a quelle delle pareti e del pavimento. Per il pannello di fondo invece utilizzo la funzione per generare delle ombre interne con caratteristiche analoghe a quelle preparate per gli elementi “periferici”:
Si ottiene:

Naturalmente ancora non va bene: le ombre appaiono troppo pesanti e soprattutto bisogna che sovrastampino le immagini. Scelgo quindi la modalità “scurisci” per i livelli con le ombre e assegno loro una opacità del 25%:

Adesso posiziono e dimensiono l’auto sul “pavimento avendo cura di dotarla di un’ombra. Senza la visione delle guide ecco l’immagine finale:

Anche questa volta, per chi abbia voglia di provare, basterà scaricare il documento a livelli con cui rifare il lavoro o addirittura provare nuove ipotesi di lavoro.

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