Camera con vista

Il fascino della Sacra

Walter Meregalli

Esistono luoghi dell’uomo che sembrano fare a gara con la natura, per imponenza, per forza, per quel senso di magica sospensione che è spesso proprio della natura. Quando finalmente il sentiero che taglia il dorso della collina esce dal fitto bosco di castagni e faggi e altre piante dal fusto che non riconosco e volgo lo sguardo a destra...

©Walter Meregalli – 2019

Esistono luoghi dell’uomo che sembrano fare a gara con la natura, per imponenza, per forza, per quel senso di magica sospensione che è spesso proprio della natura.

Quando finalmente il sentiero che taglia il dorso della collina esce dal fitto bosco di castagni e faggi e altre piante dal fusto che non riconosco e volgo lo sguardo a destra, ne scorgo il profilo, austero, enigmatico, possente e non posso fare a meno di ripensare al fatto che davvero esistano luoghi dell’uomo che gareggiano con la natura - quasi - ad armi pari.

La Sacra di San Michele saluta un’altra alba, alle spalle il profilo delle Alpi, all’imbocco della Val di Susa, sembra quasi confondersi con quello austero della millenaria abbazia.

Tra il cielo e la terra, l’imponente abbazia pare ergersi a guardiano, noncurante del tempo che passa, che è passato e che passerà.

Poco più avanti il sentiero piega a destra, mi fermo su in una radura che limita col pendio verso valle e, prima ancora di piazzare il mio cavalletto, prima ancora di tirare fuori la macchina dallo zaino, resto immobile per qualche istante, in silenzio e ammiro quello che l’uomo ha saputo costruire, quasi che per farlo, la Natura, gli abbia concesso il lusso di sospendere le leggi che la governano.

Monolitica, superiore al tempo, la Sacra di San Michele domina la vallata sottostante e il suo profilo, ancora lievemente in ombra, si confonde con quello dei picchi alpini alle sue spalle.

La vista è potente e riempie lo sguardo e da subito mi è chiaro che l’abbazia che sto ammirando va oltre la religione ed emana un fascino misterioso.

Si dice che Umberto Eco si sia ispirato proprio alla Sacra per la sua abbazia dei delitti ne “Il nome della rosa” e, ammirandola dall’altra parte della valle, mi convinco che sia andata proprio così.

©Walter Meregalli – 2019

È mattina presto, sto ancora decidendo come scattarla e non posso fare a meno di rivivere mentalmente molte scene che da sempre immaginato leggendo le pagine del romanzo di Eco, che amo come pochi altri libri, e non posso che sostituire alla mia immaginazione il profilo dell’abbazia che si staglia proprio lì, di fronte a me, dall’altra parte della valle.

Arroccata su una collina isolata, la Sacra domina la valle, ma per coglierla nella sua integrità e meglio allontanarsi un poco, lasciare l’auto nel parcheggio sottostante e prendere un sentiero che taglia il dorso della montagna antistante, lasciandola sulla sinistra.

Dopo circa una decina di minuti, si raggiungono un paio di radure a mezza costa, dalle quali la Sacra si mostra nella sua eloquente magnificenza.

Limitarsi a scattare qualche paesaggio è pressoché un crimine. La Sacra di San Michele offre numerosissime occasioni fotografiche anche al suo interno. Il prezzo del biglietto è contenuto e offre molto, molto di più di quanto non si sia portati a credere.

Superato il primo imponente portale, sono dentro. È lo Scalone dei Morti a darmi il benvenuto.

Il buio è falciato dalle lame di luce che filtrano dall’alto, attraverso alcuni finestroni.

L’atmosfera è mistica, solenne, misteriosa. Riempie il sensore e lo sguardo. Non so perché questa ampia e ripida scala in pietra, che s’insinua nel ventre dell’abbazia, sia stata dedicata alla morte, ma ad ogni passo avverto la drammaticità del luogo e mi rendo conto che sto scattando rapito da un’emozione tanto forte, quanto difficile da riportare ad una descrizione razionale.

Lascio perdere, a chi importa razionalizzare!? Scatto, lasciandomi guidare dalle sensazioni.

La seconda e ultima rampa dello Scalone mi riconsegna alla luce del sole.

È il Portale dello Zodiaco a farsi cura di questo passaggio, un arco a tutto sesto, sui cui stipiti sono stati scolpiti i segni zodiacali e le costellazioni, in una commistione tra religione ed esoterismo. Questa commistione torna più volte dentro l’abbazia, avvallando l’ordito di leggende e misteri che sin dal suo compimento, nel 987 d.C., s’è intrecciato con la storia di questo luogo.

©Walter Meregalli – 2019

Storia, religione, esoterismo. Magia bianca e sacre scritture. Angeli, arcangeli e demoni. Simbologia cristiana e segni zodiacali. Raffigurazioni bibliche e pagane. Rappresentazioni sacre e blasfeme, peccaminose, nelle quali donne allattano serpenti o si accoppiano e busti umani si innestano su code di pesci. Tutto suggerisce una dimensione esoterica, che, senza rendermene conto, ho intuito già contemplandone il profilo da lontano, prima. Quel profilo, non perfettamente in asse, che pare sfuggire alle leggi naturali, lasciandone presagire di sue e non per forza di questo mondo.

La Sacra, nei suoi oltre mille anni di storia, ha alimentato numerosissime leggende.

Una tra le molte è quella nota come la leggenda della “Misteriosa linea di San Michele", o Linea Michelita, che vuole che il luogo sul quale sorge la Sacra sia precisamente allineato con altri sei consacrati al culto di San Michele, tracciando una linea retta ideale che parte dall’Irlanda e termina in Israele, attraverso, Francia, Italia, Grecia. Sempre secondo la leggenda, questa linea immaginaria, rappresenta la spada con la quale l’Arcangelo Michele ha sconfitto il Demonio e sprigiona un forte campo energetico, che nella Sacra si concentra in un punto preciso, una piastrella dell’ingresso, più chiara delle altre, sostando sulla quale è possibile caricarsi.

Peccato non averlo saputo prima…

Non sono religioso, non sono superstizioso e tutto ciò che ha a che fare con l’esoterismo mi affascina, ma soltanto a livello di curiosità. Questo però non scalfisce minimamente il fascino che la Sacra di San Michele è riuscita a esercitare su di me e non soltanto dal punto di vista fotografico.

Qualche volta non serve macinare chilometri, attraversare frontiere e atterrare chissà dove per ritrovare luoghi che hanno la capacità di innescare un rapporto unico sia con l’obiettivo, sia con lo sguardo della nostra anima. La Sacra di San Michele, a soltanto una quarantina di chilometri da Torino, è uno di questi. Raggiungerla è molto semplice. Una volta superata l’uscita di Rivoli della tangenziale di Torino, basta imboccare la statale della Val di Susa e dopo qualche chilometro ecco il suo profilo inconfondibile, quasi a guardia del paesaggio che le si srotola ai piedi.

Consiglio a tutti, almeno una volta, di andare ad ammirarla.

Data di pubblicazione: dicembre 2019
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