Taccuino

Un mondo di fotografie

Valeria Prina

Molte mostre di questi mesi di fine 2017 – inizi 2018 ci portano alla scoperta di realtà diverse fotografate in giro per il mondo, permettendoci di riflettere, sognare, rievocare o anticipare emozioni.

La compagna ideale: consideriamo così la macchina fotografica in occasione di un viaggio. È destinata a diventare uno strumento per raccontare quanto avviene al mondo: racconti di persone, del loro modo di vivere, di felicità o al contrario di difficoltà. Può essere un modo per far scoprire angoli differenti del nostro pianeta (ma anche di altri, come abbiamo visto nel precedente numero di OD parlando di Marte). Può diventare un documento irripetibile di quanto sta scomparendo, ma può essere anche un modo per condividere con gli osservatori i propri sogni, stimolati dalla scoperta di un luogo o, addirittura, dalla fantasia.

L’«ambiente mondo» è sicuramente quello che più induce a fotografare e dunque può essere uno stimolo ad acquistare un nuovo strumento che lo permetta, che, negli ultimi tempi è diventato lo smartphone, in molti casi e soprattutto quando la fotografia è una delle tante attività a cui ci si dedica in viaggio. Secondo l’Osservatorio Findomestic «sono in aumento le intenzioni di acquisto di smartphone (+0,3%), pc e accessori (+1,2%), Tablet ed e-book (+0,2%), fotocamere e videocamere (+1,5%)».

A volte l’incontro tra una macchina fotografica e un Paese permette di cogliere una realtà molto diversa sotto più aspetti da quella in cui viviamo noi. È quanto succede ad esempio con Ey You, una esposizione di foto di Stefano Guindani che ha invaso esterno e interno di Microsoft House a Milano e lo farà fino al 6 gennaio con il contributo di Fujifilm Italia, Microsoft Italia e Artemide. L’esterno del palazzo di viale Pasubio con le foto di bambini allegri e festosi che appaiono dalle finestre sembra invitare i passanti a entrare. All’interno, attraverso 65 foto, si può scoprire la realtà di questi bambini che, se capaci di sorridere, devono però affrontare tante difficoltà: «Non è stata una mia scelta, sono stati i bambini a entrare con forza nel mio obiettivo - dice Stefano Guindani -. Ad Haiti i bambini sono dappertutto con i loro sorrisi, con le loro fragilità, con la loro allegria e spontaneità. Ho visto bambini sofferenti e malnutriti, li ho fotografati perché non ci si dimentichi di loro, ma ho fotografato anche tanti bambini gioiosi, bambini che – nonostante abbiano una baracca per casa e giochino a piedi scalzi nelle fogne a cielo aperto, hanno una carica vitale che ti sorprende e ti cattura. Li ho fotografati per dare un messaggio di speranza, un invito a non rassegnarsi».

È invece un mondo che ha i confini delimitati dal cuore, dagli stati d’animo, dai pensieri quello che Cristina Omenetto ha reso protagonista del Calendario Epson 2018. Sono foto che immortalano dei paesaggi reali in giro per il mondo senza volerli documentare e invece preferendo evocare i sentimenti lì provati. «Con le sue fotografie - commenta Massimo Pizzocri, amministratore delegato di Epson Italia - Cristina dà una lettura davvero originale del paesaggio. Ci regala il suo sguardo e ci permette di vedere insieme a lei, con la sua stessa emozione, i luoghi che ha visitato. La sua sensibilità d'artista ci ha proposto degli scatti che gratificano la vista per la loro bellezza e che per noi hanno rappresentato un'ulteriore sfida tecnica: rendere con precisione le sfumature e l'evanescenza dei soggetti con passaggi di colore morbidi, fluidi ed equilibrati». Una sfida di particolare rilievo, dal momento che il Calendario, rilegato con un processo interamente artigianale e realizzato in 800 copie numerate, è composto da un totale di 9.600 fotografie originali, prodotte con stampanti, carte e inchiostri Epson, quindi incollate manualmente una alla volta. Le foto quest’anno, però, si possono vedere anche online: in questo caso chi guarda può vivere una condivisione ancora più forte, perché ciascuna immagine è accompagnata da un breve video che descrive il luogo e le emozioni che hanno portato l’autrice a realizzare lo scatto.

A volte fotografare in giro per il mondo è un modo per catturare il ricordo di cose che sono destinate a scomparire o già hanno cambiato aspetto, corrose dal tempo. Una foto le blocca in questa trasmigrazione da uno stato all'altro, diventando in questo modo ricordo, ma forse anche rimpianto del tempo che passa ineluttabile. Così si possono interpretare le foto di Paolo Gotti raccolte nella mostra intitolata Ruggine, proprio per sottolineare questo passaggio da ciò che è stato a ciò che non è ancora. Dal 16 dicembre al 6 febbraio 2018 a Bologna, in via Santo Stefano 91/a, si può vedere una carriola arrugginita abbandonata in un angolo del Brasile o la carcassa di un’automobile nel deserto del Sahara, una finestra rotta di una vecchia fabbrica da qualche parte in Lettonia, un relitto di ferro divorato dalla ruggine sugli scogli del Mediterraneo o ancora, tra le tante foto, i resti della nave da crociera “Tropical Dreams” naufragata su una spiaggia delle Filippine.

In altri casi invece degli oggetti sono gli esseri umani protagonisti delle foto scattate in giro per il mondo. Mostrare quelle foto diventa un modo per far conoscere il male sotto tutti i suoi aspetti, dalla guerra alle carestie. Il male protagonista diventa così anche un monito a non continuare sulla stessa strada che porta alla distruzione. Quando poi le foto sono della qualità che si può vedere a Palazzo Reale a Milano l'impatto è ancora più forte. Perché James Nachtwey ha fotografato guerre e devastazioni cogliendo in ogni scatto tutta la forza di quegli eventi e proprio l'elevata qualità delle immagini meglio riesce a lasciare un segno in chi guarda la mostra Memoria, esposta fino al 4 marzo 2018 al Palazzo Reale di Milano. «Spinto dalla profonda convinzione che la sensibilizzazione del grande pubblico sia un elemento essenziale nel processo di cambiamento – si legge nella sua biografia - e che le fotografie di guerra diffuse attraverso i mass media possano rappresentare una forma di intervento in favore della pace, Nachtwey ha realizzato reportage di guerra in tutto il mondo».

All'opposto le immagini possono anche essere risultato di un sogno o possono stimolarlo. Se poi queste immagini le troviamo sul nostro cammino, la voglia di condividere quel sogno diventa ancora più forte: è quanto succede andando a prendere un treno alla stazione Garibaldi a Milano. Qui, nell’area passante al piano meno uno, una grande immagine-installazione di Pao colpisce chiunque vi passi: diventa inevitabile sognare con Mary Poppins che sembra volare sui tetti di Londra appesa a un ombrello. A novembre e dicembre per tutti i passanti è stata - ed è ancora - una occasione per scattarsi delle foto insolite. Insieme, è un invito a sognare quando dal 13 febbraio Mary Poppins approderà davvero tra noi, al Teatro Nazionale a Milano.

Chi poi vuole rivivere il teatro che è stato o vuole scoprirlo trova a Palazzo Reale a Milano una grande mostra dedicata a Strehler in occasione del 20º della scomparsa. Tra le tante foto, i video, i costumi, la mostra Strehler fra Goldoni e Mozart è un modo per scoprire, per capire quanto il teatro e la cultura possano rappresentare una occasione e uno stimolo alla rinascita nei momenti più difficili. Così era stato per Milano, quando, uscita dalle dolorose ferite della guerra, l'apertura del Piccolo Teatro fondato da Giorgio Strehler, insieme a Paolo Grassi e Nina Vinchi aveva rappresentato un forte stimolo alla rinascita.

Una macchina fotografica, dunque, in giro per il mondo può cogliere aspetti molto diversi, dalle situazioni più difficili, dalla guerra e le catastrofi fino a un’atmosfera da sogno che le foto riescono a far rivivere, senza dimenticare di rievocare quelle emozioni (o anticiparle) che il teatro fa vivere, senza richiedere di percorrere lunghi chilometri.

 Data di pubblicazione: gennaio 2018
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