La tecnologia digitale ha reso il mondo complessivamente più piccolo per chiunque, e a maggior ragione per tutti coloro che nel digitale trovano i loro strumenti di produzione, i loro canali di diffusione, e persino il loro mercato. Nella conseguente compressione di tempi e spazi occorre tuttavia non perdere di vista l'individualità del fruitore finale e dei modelli - culturali, linguistici, etici, simbolici - che lo caratterizzano. Da questo numero di od vi proporremo periodicamente alcuni approfondimenti su un tema chiave per chi opera sul mercato globale: l'internazionalizzazione. Iniziamo a capirne le implicazioni affrontando la localizzazione  dei prodotti multimediali, ambito col quale molti fotografi e videografi si confrontano già da tempo.

Il nostro primo interlocutore per parlare di internazionalizzazione appartiene a una società milanese che in quindici anni di vita è riuscita a conquistare un invidiabile standing a livello internazionale proponendo un approccio alla localizzazione multimediale basato su processi definiti, sulla cura del dettaglio e sul controllo della qualità lungo ogni punto della catena del servizio - un approccio che si potrebbe in qualche modo definire industriale - laddove il mercato era invece abituato a operatori dal taglio più artigianale e dai risultati più incostanti. Binari Sonori è oggi un realtà che impiega una quarantina di dipendenti ed è stabilmente presente in un territorio chiave come quello giapponese con una propria sede a Tokyo.

od ha incontrato Fabio Minazzi, partner e Localization Manager, che dopo un'esperienza come specialista del suono nei laboratori di ricerca e sviluppo di Philips ha partecipato alla fondazione di Binari Sonori con l'esplicita intenzione di chiudere il varco allora esistente tra la produzione audio professionale e lo sviluppo del software dedicato a multimedialità ed entertainment. Ben presto, però, Fabio si è trovato a percorrere strade ancora più complesse.

Fabio Minazziod: Il mercato globale propone oggi prodotti multimediali realizzati con grande cura e professionalità, forti investimenti e attenzione ai numerosi aspetti attinenti la localizzazione. Non è sempre stato così, anzi: dell'editoria multimediale si ricordano anni travagliatissimi segnati da tentativi di ogni genere che difficilmente andavano a buon fine.

FM: Sì, in questi quindici anni abbiamo assistito a un radicale cambiamento del mercato multimediale. All'inizio sembrava che la tecnologia fosse davvero alla portata di chiunque, col risultato che tutti si buttavano nel multimedia in modo casuale, senza progetti di ampio respiro e senza comprendere veramente le implicazioni di questo nuovo mezzo di comunicazione. Ricorderai la repentina diffusione dei famigerati sistemi autore, programmi che permettevano di realizzare senza grandi sforzi semplici applicazioni che univano grafica, audio e un minimo di interattività. In poco tempo il mercato è stato saturato da prodotti che si limitavano a replicare sul mezzo multimediale le stesse modalità di fruizione dei media tradizionali. Dopo il boom iniziale, l'inevitabile flessione motivata dal fatto che nessuno aveva trovato un modo per usare efficacemente i contenuti con le nuove tecnologie. Il multimedia degli anni Novanta è stato condannato perché nessuno conosceva il linguaggio dei nuovi media, e il pubblico si è presto stancato di prodotti che aggiungevano ben poco, e molto invece toglievano, a contenuti comunque disponibili in altre forme.

od: Considerati gli investimenti destinati al multimedia in quegli anni e la quantità di persone che vi si dedicavano, sembra quasi paradossale che nessuno abbia trovato la strada per sganciarsi dai vincoli dei media tradizionali e creare una dimensione propria per una tecnologia che sulla carta era senz'altro vincente.

FM: Credo che una causa sia da ricercare nella estrema frantumazione delle capacità di sviluppo, specialmente in un mercato piccolo come quello italiano: vi erano troppi operatori, molti dei quali improvvisati, che oltretutto proponevano prodotti raramente originali, parecchio simili tra loro e comunque privi di sufficiente appeal per spostare il pubblico dalle modalità di fruizione dei contenuti a cui era abituato. Il business imponeva tempi di realizzazione rapidi, e quindi tutti erano costretti a ricorrere agli stessi sistemi autore e attingere a materiale editoriale già pubblicato in forma cartacea o audiovisiva tradizionale: nessuna sorpresa dunque che i risultati fossero indifferenziati. Da qui si è innescata una spirale negativa che ha bloccato ogni chance di sviluppo, e molti publisher sono erroneamente giunti alla conclusione che se il multimedia non dava ritorni, la colpa fosse del multimedia - non di un approccio errato alla realizzazione dei prodotti multimediali.

È chiaro che in un contesto del genere aveva poco senso parlare di internazionalizzazione: i prodotti italiani erano troppo deboli per competere altrove, né il mercato del nostro Paese sufficientemente vasto per giustificare gli investimenti necessari a realizzare edizioni perfettamente localizzate di titoli che, oltretutto, in gran parte nascevano già culturalmente sbilanciati sui rispettivi Paesi di origine.

Binari Sonori, studiood: Il successivo arrivo del Web ha distolto l'attenzione generale dal multimedia, almeno per qualche anno. Poi i computer sono diventati più capaci e potenti, le reti di trasmissione più veloci, e il multimedia ha rifatto capolino. I problemi del passato appartengono alla storia o sono ancora presenti?

FM: È vero, oggi il Web è il nuovo canale di distribuzione multimediale per eccellenza, almeno sulla carta: perché quello che vedo è che i publisher si concentrano soprattutto sui servizi, più che sui contenuti. Se consideri il cosiddetto "Web 2.0", alla sua base vi è soprattutto un arricchimento di tipo funzionale. Certo, ha favorito anche la diffusione dei cosiddetti contenuti generati dagli utenti, ma direi che in questo caso si tratta più che altro di riempire gli spazi creati dai nuovi servizi: sono questi ultimi, e non il loro contenuto, a rappresentare il vero focus delle Web company. In altre parole è cambiato il modo di proporre i contenuti, e in questo il Web ha rappresentato indubbiamente uno spartiacque. Ma i problemi di linguaggio non sono ancora risolti.

od: Però il fatto che il Web sia soprattutto "World Wide" dovrebbe aver finalmente creato nuove opportunità per la localizzazione.

FM: Un tempo la localizzazione non era codificata nel processo di produzione del software, e anche quando il software è uscito dall'ambito dei sistemi operativi e delle applicazioni per entrare in quello dei media vi sono state resistenze a capire l'importanza di offrire prodotti che non fossero semplicemente tradotti bensì resi culturalmente compatibili con i mercati di destinazione. Questo era forse dovuto al fatto che tradizionalmente la localizzazione veniva per forza di cose eseguita sul prodotto finito, quando il dischetto o il CD-ROM con la release finale potevano essere fisicamente inviati alla traduzione. Il Web ha cambiato anche questo processo, spingendo chi crea contenuti a tener conto della localizzazione già in fase di sviluppo. Venuta meno la separazione strutturale di prima, i due team hanno potuto iniziare a interagire più a fondo. Nel caso dei prodotti di entertainment, ovvero quelli che per loro natura veicolano i maggiori volumi di testo, video e audio, ciò ha consentito di progettare e realizzare prodotti rispondenti alle sensibilità culturali dei vari Paesi. Quindi oggi si possono finalmente impostare produzioni finanziate tenendo conto dei volumi resi possibili dal mercato mondiale, pur pubblicando in ogni Paese titoli che danno la sensazione di essere stati realizzati ad hoc.

Binari Sonori, sedeod: Continuano comunque a mancare produzioni italiane o sbaglio?

FM: Purtroppo il nostro Paese paga ancora quella frantumazione originale di cui parlavamo prima, oltre a una certa mancanza di visione globale. Sul nostro mercato gli sviluppatori originali hanno ben presto lasciato il posto ai cosiddetti re-publisher, una sorta di importatori-distributori spesso incaricata anche di occuparsi della localizzazione. Oggi questa figura è in forte declino, gli editori esteri hanno aperto le loro filiali italiane, la localizzazione come abbiamo visto si segue all'origine, e i distributori si sono focalizzati sull’ampliamento della catena di distribuzione, agendo come sensore delle richieste del mercato locale, con sempre meno influenza sulla produzione.

od: Da quel che si può già vedere, lo scenario che ci attende per i prossimi anni sarà ancora diverso: in particolare pensiamo al digital delivery.

FM: Il digital delivery cambia ancora una volta i paradigmi, quindi tutto il sistema è destinato a cambiare ancora una volta in maniera sostanziale perché i grandi "platform owner" si stanno attrezzando per arrivare sul mercato mediante canali di distribuzione digitali. È il caso dei produttori di console, ciascuno con il proprio network distributivo, ma anche di operatori indipendenti come Valve con il suo sistema Steam.

od: Il digital delivery avvicinerà il pubblico ai produttori? Favorirà produzioni più piccole, anche locali?

FM: Il digital delivery abbasserà probabilmente la soglia d'ingresso dei piccoli team indipendenti fornendo loro delle vetrine facilmente accessibili sul mercato internazionale. Questo porterà i publisher internazionali a doversi dedicare sempre più a erogare valore aggiunto occupandosi ad esempio di promozione, contrattualistica, marketing e rapporto con i distributori (anche se non fisici). Vedi, lo sviluppatore che decide di pubblicare da sé conquista teoricamente più potere, ma in quel momento diviene a sua volta un publisher. Sviluppatore e publisher sono due ruoli sostanzialmente diversi, e in un mercato maturo è estremamente difficile svolgerli al meglio entrambi se non si hanno spalle più che grosse. D'altra parte, tutto questo porterà probabilmente a una maggior chiarezza circa i servizi a valore aggiunto che lo sviluppatore intende ottenere quando si rivolge a un publisher.

Ti propongo l'esempio di quanto accade nel mercato musicale. Con una cifra modesta puoi oggi pubblicarti un disco in casa, certo; dopodiché ti trovi però in competizione con infiniti brani simili o uguali ai tuoi. Il compito del publisher discografico diventa allora quello di fare in modo che il tuo disco venda, e per farlo non investe in produzione bensì in marketing e distribuzione, promozione, pubblicità.

Binari Sonori, studiood: I publisher sensibilizzano gli sviluppatori a produrre in funzione della localizzazione?

FM: Gli editori hanno svolto un certo ruolo nel diffondere una certa sensibilità in merito. Gli sviluppatori occidentali sono più attenti alla necessità di andare sul mercato globale, a differenza per esempio di quanto accade con i loro colleghi giapponesi che sono più abituati a produrre per il mercato domestico. Da noi non c'è più nessuno che realizza un gioco solo per il mercato anglosassone o solo per quello spagnolo, mentre in Oriente c'è ancora diversa strada da percorrere al riguardo.

od: Abbiamo parlato di produttori e di publisher. Completiamo l'equazione con i distributori.

FM: La situazione relativa alla distribuzione è parecchio fluida, essendoci davvero una piccola distanza tra la figura del distributore e quella dell'editore. Abbiamo distributori che, per motivi di mercato, decidono di compiere scelte editoriali, e allora diventano editori; all'opposto si trovano editori che, possedendo un loro canale distributivo come per esempio una piattaforma di digital delivery, fanno anche il lavoro del distributore. E poi non dobbiamo dimenticare gli operatori di rete o gli stessi produttori di dispositivi: sono altre figure che tendono ad allargarsi verso la distribuzione e il publishing dei contenuti digitali confondendo ulteriormente lo scenario. Nei prossimi anni potrà accadere di tutto: l'unica certezza per chi produce contenuti è che la propria capacità di negoziazione dipenderà sempre più dalla qualità dei contenuti medesimi. Le opzioni editoriali e distributive saranno numerose, ma un contenuto vincente troverà sempre la strada giusta per arrivare al successo.

Si ringraziano Andrea Ballista e Simone Crosignani. Foto: Binari Sonori.

Binari Sonori: www.binarisonori.com

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