E dopo due mesi, rieccoci con il nostro appuntamento. Il tempo dedicato alle vacanze è finito, ma è proprio ora che inizia quello da dedicare alle fotografie che abbiamo scattato durante questo periodo.
Nel riguardare le immagini della mia estate, ho deciso di parlarvi di questa fotografia, scattata a Dakar, in Senegal.
È stato un viaggio affascinante per tanti versi, innanzitutto dal punto di vista puramente estetico – i paesaggi sono molto diversi da quelli a cui sono abituata, le persone, i colori sgargianti, le moschee, le palme, la sabbia. Ma è stata un’esperienza forte anche dal punto di vista emotivo, poiché ho potuto apprezzare la diversità culturale di un paese estremamente sfaccettato e poliedrico. La maggior parte della mia permanenza in Senegal è stata dedicata alla scoperta della capitale, Dakar – non solo del suo centro, chiamato Plateau, ma anche e soprattutto delle sue periferie.

Dakar, Senegal @Camilla Ferrari 2016 

In particolare ho amato la zona di Yoff, che si sviluppa a nord del centro ed è costruita lungo la spiaggia che dà sull’Oceano Atlantico. La particolarità di Yoff è la presenza del gruppo Layene, piccola comunità costituita dall’antica casta di pescatori dell’etnia wolof.
Il quartiere-villaggio è costituito da stradine costeggiate dai muri bianchi delle abitazioni, vicoli strettissimi dove i bambini corrono con secchi pieni di acqua in mano e le donne appendono i vestiti ad asciugare su lunghi fili bianchi. Tra queste vie ho scoperto due edifici molto importanti per la cultura Layene, ossia la Grande Moschea di Yoff e il Mausoleo (il cui nome completo è Mausolée de Seydina Limamou Laye, ovvero il fondatore della confraternita). Ed è proprio all’interno del complesso del Mausoleo che ho scattato questa fotografia.

L’edificio principale si trova immerso in una grande distesa di sabbia, limitata da un muro bianco con un cancello che funge da ingresso. Sono entrata. Per quell’occasione ho deciso di non portare né la mia Fujifilm X100T, né la Canon (che ho lasciato direttamente in Italia, per essere il più discreta possibile), ma ho utilizzato la DxO ONE, una macchina fotografica alta solo 6,75cm e dal peso di 100 grammi (per saperne di più, ecco l’articolo di OD dedicato alla macchina fotografica).

Da circa un anno sono Brand Ambassador per DxO e ho avuto l’opportunità di provare questo innovativo strumento, che in Senegal si è rivelato essenziale proprio per la sua capacità di essere così discreto e invisibile agli occhi delle persone che ho incontrato e che ho fotografato. Perfetta, quindi, per la street photography, e in questo caso per fotografare all’interno del mausoleo.

Poco dopo essere entrata nella distesa di sabbia, sono stata fermata da un Layene, riconoscibile grazie al suo lungo abito bianco con cappuccio sulla testa, che mi ha spiegato come il mio abbigliamento non fosse consono poiché, nonostante portassi un foulard intorno alla testa, portavo i pantaloni. Un passante si è accorto della situazione e mi ha gentilmente accompagnato in una casa lì vicino, dove una donna mi ha prestato una gonna lunga. Aveva capito quanto tenessi alla visita di quel luogo, per loro estremamente sacro.

Mi sono tolta le scarpe e sono entrata con i piedi nella sabbia tiepida, il sole stava tramontando e il cielo aveva iniziato ad assumere i toni del blu-viola-rosso. Il contrasto tra la sabbia, l’edificio e il cielo era perfetto. Nella mia mente, la fotografia doveva includere anche quel Layene che mi aveva accolto all’ingresso, e per questo mi sono guardata intorno per vedere se fosse ancora lì. E lo vidi pregare davanti al mausoleo, ma non volevo disturbare un momento così importante.

Così ho aspettato. E aspettato. E nel frattempo ho osservato la vita di quel luogo, nel quale si trova un pozzo molto importante per il quartiere perché pur essendo vicino al mare regala acqua dolce a tutta Yoff. Ho osservato gruppi di bambini correre divertiti avanti e indietro per riempire delle taniche di acqua da 10 litri e lasciarle nella sabbia a formare piccoli cumuli.

Dopo circa quaranta minuti, con la coda dell’occhio ho visto l’uomo in bianco alzarsi per uscire dal complesso. Ho ripreso l’inquadratura che avevo studiato e scelto durante l’attesa, nella speranza che lui passasse di lì. Ed eccolo camminare esattamente dove avrei voluto, ho scattato una fotografia e sapevo che sarebbe stata quella che volevo. L’ho aspettata per un’ora… Ma ne è valsa la pena!

Data di pubblicazione: settembre 2016
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