Leni Riefensthal è stata una donna straordinaria come la sua carriera e la sua vita che abbraccia un secolo: cento anni di luci ed ombre, centouno per l’esattezza. Poche artiste sono state controverse quanto lei, la donna - e soprattutto l’artista - che ha iniziato come ballerina, poi è divenuta attrice, poi ancora regista e produttrice dei propri film, diversi dei quali sono fra i più influenti ma anche fra i più controversi della storia del cinema, e che infine ha concluso la sua esistenza dedicandosi alla fotografia.

Inizialmente è passata alla storia come “la regista di Hitler”,  la musa ispiratrice del regime nazista grazie a film quali “Il trionfo della volontà”, sul congresso del partito nazionalsocialista, e “Olimpia”, un inno all’estetica dei corpi durante le Olimpiadi di Monaco del 1936. I suoi detrattori hanno visto in queste opere un entusiastico asservimento al nazismo: “Il trionfo della volontà” è infatti stato non solo un trionfo nella storia del cinema, ma anche e soprattutto propaganda per un regime totalitario e un’opera che avrebbe segnato tutta la vita della Riefenstahl dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Per anni disse di aver voluto trasporre in quel film semplicemente la sua visione della bellezza e dell’estetica, ma di fatto in quel capolavoro - perché è indubbio che di capolavoro comunque si tratti - dopo il crollo della Germania nazista, l’opinione pubblica non vide altro che un ammiccamento ad Hitler e al suo regime totalitario e sanguinario. Lei però fu sempre una donna dal carattere forte ed appassionato, non si lasciò distruggere senza combattere e intentò anche una causa (che vinse) contro chi affermò che fosse stata addirittura l’amante di Hitler. Di fatto dichiarò sempre di essere un’artista che credeva nell’arte e che all’arte si era donata completamente, mentre mai si iscrisse al Partito Nazionalsocialista. Inoltre affermò di essere invisa al regime, come poi in effetti venne alla luce quando furono pubblicati i Diari di Goebbels, che era ministro della propaganda e che scrisse di non sopportare Leni in quanto la trovava uno spirito troppo libero e non conforme ai dettami dell’ideologia hitleriana.

Come si può sapere quale sia la verità, tutta la verità? È impossibile, poiché non è dato di entrare nell’animo umano di un individuo. Si può provare a ragionare e a guardare i fatti: e i fatti sono che Leni Riefensthal era giovane, bella e anche ambiziosa; nel 1933 aveva già ottenuto diversi successi ma puntava ancora più in alto. Era affascinata da Hitler, però di politica non capiva molto, anzi, la trovava noiosa e l’unica cosa che la attraeva verso quell’uomo, oggi oscuro ma all’epoca di forte attrattiva per milioni di persone, era la forza di carattere. D’altro canto nessuno nei primi anni ’30 del Novecento poteva immaginare le atrocità che il nazismo avrebbe poi commesso.

Hitler dal canto suo apprezzava molto il misticismo dei film della Riefensthal e aveva compreso che quella giovane donna era brava, poiché riusciva a creare immagini mai viste prima di allora, e che avrebbe potuto essere una buona portabandiera della Germania all’estero. Quando le offrì di girare un film sull’apoteosi del nazionalsocialismo, lei colse l’attimo e lo girò: in seguito affermò sempre che non era un film politico. Questa è sicuramente una menzogna dal momento che basta guardare la pellicola per accorgersi del contrario, ma a quasi tutti coloro che la intervistarono in seguito sembrò che fosse davvero convinta di ciò che diceva, o meglio, con gli anni si era autoconvinta e la sua autoconvinzione sicuramente era sincera.

Resta però il dato concreto che in “Olimpia”, il film sui giochi olimpici di Berlino del 1936 (indubbiamente un altro suo capolavoro, premiato all’epoca sia a Venezia che a Parigi, quando ancora la Francia non era stata occupata e dunque era scevra da qualunque legame, obbligato o meno, con il nazismo), dedicato al culto della bellezza del corpo umano, la Riefenstahl mise in luce l’eroe indiscusso di quelle olimpiadi, ossia quel Jesse Owens atleta afroamericano che era ben lontano dall’incarnare quella razza ariana di cui la pellicola avrebbe dovuto sottolineare la superiorità. Owens aveva un corpo atletico e di una bellezza indiscutibile e Leni ne fece un eroe, nonostante Hitler e nonostante il regime; e anche questo è un dato di fatto.

Un altro fatto è che sicuramente dopo la guerra occorrevano dei capri espiatori e Leni Riefenstahl, conosciuta come la regista di Hitler, era perfetta per questa parte e di conseguenza si trovò suo malgrado a doverla interpretare. Appare infatti strano che molti altri, ben più coinvolti di lei in azioni concretamente orrende, trovarono poi una sistemazione nella società senza vedersi puntato alcun dito accusatorio. La Riefensthal invece no, lei scontò la popolarità e pagò caro il prezzo delle sue opere.

Però, piaccia o meno, il suo fu sempre un lavoro di grande qualità artistica e questo sia nell’ambito della regia che in quello della fotografia, alla quale si dedicò completamente alla fine della guerra. A 71 anni prese il brevetto da sub e cominciò ad eseguire una serie di scatti subacquei che poi vennero raccolti in mostre e libri.La sua passione per la bellezza intrinseca in un corpo atletico la accompagnò per tutta la sua lunga esistenza e all’estetica dei corpi dedicò un intero lavoro: i suoi scatti sulla cultura Nuba in Sudan hanno dato vita a due raccolte fotografiche che incontrarono un grande successo negli anni Settanta e oggettivamente sono la dimostrazione che di sicuro la Riefensthal non era una cultrice della razza ariana, non lo era ai tempi delle Olimpiadi di Monaco e non lo fu nemmeno in seguito.

Non è facile comprendere fino in fondo, l’ho detto prima e lo ribadisco anche ora, ed essere grandi artisti non sempre implica essere grandi uomini o, nel caso della Riefensthal, grandi donne. Personalmente non riesco però a vedere in lei una convinta sostenitrice della politica nazista. Credo che fosse ambiziosa, che probabilmente preferì non vedere e sapere il meno possibile e questa è sicuramente una colpa, ma è una colpa che commisero in molti: la commise quasi un’intera nazione, ciò nonostante la gente comune non pagò il prezzo che pagò questa straordinaria artista

Eppure sappiamo tutti chi furono i volenterosi carnefici di Hitler: uomini e donne normali, un popolo intero, un popolo che poi venne riabilitato; e allora perché non riabilitare anche lei, o quanto meno, perché non riconoscerne le indubbie capacità artistiche, gli scatti magistrali, la tempra forte e risoluta che l’hanno aiutata ad attraversare il secolo breve uscendone a testa alta? La domanda resta aperta e ognuno può darsi la risposta che preferisce.

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