Aprile, tempo di NAB. Come ogni anno, a Las Vegas si incontra (con qualche notevole eccezione) il gotha dell'industria del video e della cinematografia. A questo settore dedichiamo l'appuntamento tecnologico di questo mese facendo il punto sulle prospettive che il digitale offre ad appassionati e professionisti della ripresa. Con qualche sorpresa anche per i fotografi.

Le macchine fotografiche digitali compatte di fascia consumer, con il loro sempre crescente corredo di funzionalità assistive o creative, costituiscono anche una sorta di laboratorio di sperimentazione che consente di verificare sul campo le tendenze più gradite e dunque meritevoli di maggiori attenzioni da parte delle Case produttrici: attenzioni che significano ulteriori sforzi di sviluppo, e talvolta anche il passaggio a macchine fotografiche di fascia superiore come le DSLR. Una volta compiuto questo primo "salto" evolutivo la storia si ripete: e dalle reflex entry-level, come fossero bolle d'aria che salgono verso la superficie, le funzioni più utili e richieste si propagano man mano ai modelli semiprofessionali e professionali mediante un continuo processo di scrematura e affinamento.

Un percorso inverso compie invece la tecnologia di base, dove le novità fondamentali interessano prima i modelli di fascia alta per poi scendere man mano verso apparecchi più semplici ed economici: comportamento tradizionale ad esempio per quanto concerne l'incremento delle risoluzioni, cui ultimamente si accompagna una timida diffusione del formato RAW anche su macchine bridge e compatte.

E proprio il formato RAW, che ricordiamo coincidere con i dati "puri" raccolti dal sensore digitale della fotocamera prima dell'esecuzione di eventuali interventi successivi (come ad esempio il vincolo a un preciso spazio colore, le correzioni di bilanciamento e cromia o la compressione del formato d'immagine), è tra le caratteristiche che sta raccogliendo sempre più consensi da parte degli appassionati poiché è quello che garantisce la maggiore efficacia della postproduzione: motivo per il quale oggi inizia a essere offerto non solo su compatte di nicchia (come gli apparecchi Leica basati sulle LUMIX Panasonic, dalle quali variano per il firmware, l'abilitazione del salvataggio RAW e un prezzo del 50% superiore), ma anche su apparecchi venduti a meno di 300 euro come la bridge Olympus SP-560 Ultrazoom.

Il formato RAW è da sempre associato a un utilizzo di livello professionale, e non sorprende dunque che sia il pilastro su cui il digitale sta costruendo la propria fortuna anche nell'ambito cinematografico.

Il punto della situazione

Nel digitale il rapporto tra fotografia e video digitale non è sempre facile, soprattutto per il "ritardo" tecnologico viene percepito che sul secondo in termini di qualità dell'immagine. Una percezione non del tutto giustificata, in quanto le specifiche di ripresa dipendono dal mezzo sul quale le immagini vengono successivamente fruite: ed essendo la risoluzione televisiva quella che è (nel caso dello standard PAL si tratta di 768x576 pixel per 25 frame al secondo), ecco che una videocamera HD con un sensore da 0,8 Megapixel può fregiarsi dell'appellativo di attrezzatura professionale e giustificare un costo compreso tra 3.000 e 4.000 euro; costo che balza intorno ai 10.000 euro se il sensore sale a 1,1 MP come nel caso della imminente videocamera Sony HVR-S270E capace di riprese a 1080i.

Grafico risoluzioni cinematografia digitale

Intendiamoci: il valore di un'apparecchiatura del genere non dipende solamente dal sensore, il video richiede la soluzione di problematiche tecniche specifiche, e i formati proposti sono più che adatti a riprese professionali destinate ad applicazioni video. Ma si può capire come per chi sia ormai abituato a ragionare in termini di immagini da 12 o 18 MP, per non parlare dei 39 megapixel delle medio formato come la Hasselblad H3D-39, le videocamere siano facilmente "sentite" come una sorta di salto nel passato quando si consideri esclusivamente la qualità del singolo frame. Una sensazione che però è giustificata quando si consideri che i frame video risultano effettivamente più poveri di informazione rispetto all'immagine fotografica a parità di risoluzione, considerando la compressione alla quale sono soggetti (con un rapporto 5:1 nel caso delle tecniche DCT previste dalle specifiche DV25 usate per i formati MiniDV, DVCAM e DVCPRO, ad esempio): un elemento che limita di fatto le possibilità di intervento sull'immagine in postproduzione, proprio come accade con gli apparecchi fotografici consumer che salvano solamente file compressi JPEG anziché RAW.

Compressione dell'immagine e bassa risoluzione assoluta: due fattori relativamente limitanti su un mezzo non particolarmente esigente come il video, ma che fanno ancora preferire la pellicola nella cinematografia e nella produzione video di alta qualità, dove la superiore risoluzione del film viene successivamente fatta scendere alle risoluzioni video necessarie tramite tecniche di downsampling ottenendo un risultato finale migliore rispetto alle riprese effettuate direttamente in risoluzione video.Arriflex D-21

Non che l'industria del cinema non sia interessata ai numerosi vantaggi pratici ed economici che il digitale indubbiamente comporta, soprattutto quando si consideri che buona parte del workflow cinematografico viene già svolto in digitale - e non solo per la produzione di effetti speciali. Da una decina d'anni sono effettivamente disponibili unità di ripresa digitali cinematografiche: oggi Hollywood usa apparecchi Super 35mm digitali come la Panavision Genesis da 12,4 MP e 50 fps; la Dalsa Origin, con un sensore da 8 MP per riprese in risoluzione 4K senza compressione dell'immagine; o la Arriflex D-21, una 6 MP da 24 o 25 fps in formato 4:3 con possibilità di ripresa 16:9 e 30 fps a 4,5 MP.

Apparecchi destinati a Hollywood, e quindi con prezzi hollywoodiani: oltre 100.000 dollari per chi vuole acquistare la D-21, 14.000 dollari a settimana per il noleggio di una Genesis, circa 3.000 dollari al giorno l'affitto di una Origin. I risultati sono assicurati, come confermano i molti successi per il grande schermo prodotti in questi anni a partire dall'Episodio II della saga di Guerre Stellari, il primo realizzato interamente in digitale. Tuttavia i costi elevati hanno di fatto impedito a un'intera generazione di professionisti del video digitale di compiere il passaggio verso la qualità cinematografica. O almeno, fino a ora.

Non solo nuovi prodotti

L'elettronica digitale ci ha abituati ad essere pazienti. Una volta che una tecnologia compare sul mercato, infatti, è solo questione di saper attendere prima di assistere alla sua applicazione in un prodotto dalle caratteristiche e dal prezzo che fanno per noi. Nella cinematografia i tempi erano maturi per l'arrivo di una soluzione professionale accessibile, e puntualmente pochi mesi fa sono iniziate le consegne di una macchina digitale da 17.500 dollari (solo corpo) dotata di un sensore Super 35mm capace di riprendere a 2K con 120fps, 3K con 60fps e 4K con 30fps salvando ogni singolo frame in RAW a 12 bit per canale: si tratta della Red One, frutto di un design originale realizzato proprio con l'intento di estendere alla ripresa cinematografica i vantaggi tipici della fotografia digitale in termini di qualità e flessibilità di intervento sull'immagine.Red One

Red Digital Cinema Camera Company è una piccola società nata nel 2005 da un'intuizione di Jim Jannard, già fondatore di Oakley, azienda produttrice di occhiali da sole e da sci acquistata nel 2007 da Luxottica. Cuore della ricerca Red è un sensore proprietario, battezzato Mysterium, abbinato a un meccanismo di compressione (Redcode) che permette di ridurre le dimensioni dei file RAW in maniera sufficiente da facilitarne la gestione da parte del sistema senza tuttavia causare perdite di informazione tali da impedire il più completo trattamento dell'immagine possibile in fase di postproduzione. Un buon compromesso, dunque, frutto di un algoritmo che viene definito matematicamente "lossy" ma visivamente "lossless", sia pure con qualche diatriba circa la soggettività di quest'ultima caratteristica.

In occasione del NAB di aprile 2008, Red ha rilanciato ulteriormente annunciando di essere impegnata nella messa a punto di un sensore di nuova generazione, MysteriumX, sul quale saranno basati due prodotti in uscita agli inizi del 2009: la Epic, capace di raggiungere una risoluzione di 5K e ben 100fps (anche se probabilmente a risoluzioni inferiori), e la Scarlet, versione entry-level con obiettivo 8x incorporato, sensore 3K da 2/3" e possibilità di raggiungere 120fps con raffiche da 180fps. Considerate le caratteristiche, i prezzi sono da saldo: 40.000 dollari per la Epic e meno di 3.000 per la Scarlet.

Il successo della Red One è stato istantaneo, e l'azienda è ancora impegnata a smaltire la coda di prenotazioni (che l'annuncio della Epic non dovrebbe scalfire, dato che il prezzo pagato per la One sarà scontato dall'acquisto del modello superiore quando disponibile), dando origine a un fenomeno di convergenza tra fotografi che finalmente possono estendere le loro competenze a un nuovo mezzo di espressione, e registi e operatori cinematografici che per la prima volta si confrontano con tematiche di postproduzione desktop "alla Photoshop" scoprendo nuove possibilità.

Sarà interessante vedere quali effetti la politica di prodotto e di prezzo attuata da Red avrà sul resto del settore, sempre che la società sia in grado di evadere rapidamente gli ordinativi: per i cineasti indipendenti, modelli come la One o la Epic significano la possibilità di competere sul piano visivo con produzioni molto più costose, mentre sul fronte opposto si prospettano tempi difficili per le videocamere HD di fronte a un'offerta come la Scarlet (a titolo di raffronto, una digitale con sensore 2/3" come la Panavision/Sony HDW-F900 viene attualmente noleggiata a circa 9.000 dollari la settimana, e oltretutto si tratta di una videocamera che salva su nastro anziché su memorie flash o hard disk come i prodotti Red). E sarà altrettanto interessante assistere anche alla risposta che il mercato intenderà fornire in termini di nuovi prodotti e, forse, di nuovi produttori.

Alla fine degli anni Ottanta l'arrivo di schede video professionali economiche per PC significò la crisi per molti studi che si erano appena esposti con forti investimenti a favore di workstation grafiche dalle caratteristiche comparabili. Oggi la storia promette di ripetersi nel campo della ripresa, suggerendo di velocizzare quanto più possibile il ritorno economico dall'ultima generazione di attrezzature prima che il prevedibile crollo dei prezzi spalanchi le porte a una concorrenza tanto nutrita quanto disordinata. Poi, come sempre, il tempo premierà i migliori e i più professionali; ma quanto tempo, non è dato saperlo.

 

Arri Group: www.arri.com

NAB: www.nab.org

Panavision: www.panavision.com

Red Digital Cinema: www.red.com

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