In un mondo a colori il bianco e nero si distingue: è quanto sta avvenendo nella fotografia, dove con il digitale appare quasi inevitabile scattare a colori. Se, quando la fotografia era analogica, l'autore decideva come scattare – anche se fino agli anni ’70 le foto erano quasi sempre in b/n - scegliendo tra la pellicola bianco e nero e quella a colori, magari influenzato dalla possibilità di stampare personalmente, con il digitale la scelta è a ogni scatto o può essere in post produzione. Così ora la foto che non ti aspetti è quella in bianco e nero, anche se non è l'unica sorpresa possibile quando si parla di immagini fisse.

Nel cinema l'assenza di colore è ancor più inattesa, anche se qualche esperimento è stato fatto, premiato dalla critica più che dal pubblico. Potremmo ricordare “Il nastro bianco” (premiato a Cannes), dove il bianco e nero trova una motivazione nell’ambientazione tra il 1913 e il 1914, e “The artist”, che oltretutto era anche muto, cosa che non gli impedì di vincere degli Oscar.

Le sorprese possono riguardare anche il modo in cui è utilizzata la foto b/n: pubblicata, esposta in una mostra, ma non solo. Vediamo le varie situazioni.

Le mostre, dicevamo, sono spesso risultato di scatti in analogico piuttosto che in digitale. Senza alcun dubbio, considerata la datazione, lo sono le foto di Piergiorgio Branzi viste l'estate scorsa alla Leica Galerie di Milano con il titolo “Flâneur“, che lo hanno fatto scoprire anche a quel pubblico di giovanissimi che non conosceva l'autore come fotografo e nemmeno come giornalista televisivo corrispondente da Mosca agli inizi degli anni '60. Gli osservatori hanno potuto scoprire i suoi bianchi e i neri, che sono come dei colori puri e di grande spessore. «L’immagine, – come si legge nella presentazione - rigorosamente bilanciata nella composizione, è per Branzi il prodotto di previsioni, riflessioni, aggiustamenti di tono e tagli in camera oscura, di equilibrio formale e momento decisivo nella ripresa». E si legge ancora: «Con la tecnica della stampa giclée, utilizzata per la stampa della maggior parte delle fotografie in mostra, le immagini sembrano animarsi di una luce nuova e un contrasto più denso. Particolari rimasti sepolti sulla pellicola riaffiorano, diventano materia, intessono di spessore il nero e il bianco della trama e le fotografie trovano una dimensione diversa, più nuova e insieme antica».

Certo inaspettato è anche l’autore, nel caso della mostra esposta in questo stesso spazio in questi giorni e fino al 3 maggio. L’autore è infatti più conosciuto (e apprezzato e amato) come chitarrista dei Police. La mostra “Mysterious Barricades” presenta 40 immagini realizzate da Andy Summers, sempre in bianco e nero, ogni volta influenzate dalla musica: ben diverse da quelle di Piergiorgio Branzi raccontano sensazioni e malinconie, con ambientazioni sull’altopiano della Bolivia, nei vicoli del Golden Gai di Tokyo, nelle strade di Napoli, a Shanghai.

Anche la musica, sebbene in modo molto diverso, ha influenzato un altro protagonista di una mostra fotografica b/n. È Gianni Sassi, produttore discografico, che è stato definito «l'uomo che inventò il marketing culturale». “Gianni Sassi. Uno di noi - 3 percorsi fotografici e altri incidenti” è il titolo della mostra che lo vede protagonista, fino al 22 aprile, a Milano alla Fondazione Mudima attraverso 120 foto, come «racconti intimi», di Fabio Simion, Fabrizio Garghetti e dello studio Lelli & Masotti.

Un altro grande nome della fotografia è protagonista della mostra esposta fino al 29 maggio nella capitale, presso il Museo di Roma Palazzo Braschi. È Mario Giacomelli, di cui, con “La figura nera aspetta il bianco” sarà possibile vedere circa 200 fotografie originali, per la prima volta a Roma, che propongono «un viaggio appassionante nella fotografia di Mario Giacomelli, nella sua arte, nella sua intima e profonda poesia, nel suo furore creativo».

Foto di Filippo Mutani da X Photographer Days | Osservatorio Digitale

E chi si aspetta di vedere una foto in bianco e nero nell’ambito di una mostra che si propone di far scoprire le possibilità di una macchina fotografica? È successo all'X Photographer Days, la manifestazione con cui Fujifilm fino all'8 aprile ha invitato gli appassionati di fotografia a Milano alla Fondazione Luciana Matalon in Foro Buonaparte per scoprire quanto è possibile ottenere con le fotocamere X Series. Tra le tante immagini esposte si potevano vedere anche le foto b/n di Filippo Mutani.

Ancora più in attesa si può considerare una foto in b/n di Filippo Andreatta  per parlare di uno spettacolo teatrale, sebbene molto particolare. Succede con "Delirious New York", ispirato all’omonimo saggio pubblicato dall’archistar Rem Koolhaas nel 1978. Lo spettacolo «nasce dall’ambizione di trasferire sul palco l’intuizione attraverso cui l’architetto e urbanista olandese ha raccontato la Grande Mela, sostenendo che la griglia architettonica della città non vada analizzata studiando i palazzi che la compongono, ma indagando la psicologia di chi li ha costruiti». La scelta del b/n per una foto che presenta lo spettacolo diventa dunque un modo per sintetizzare immaginazione e architettura che diventano ricerca spettacolare per un pubblico pronto a non fermarsi alle apparenze. Si potrà vedere a Genova (Teatro della Tosse 15-17 aprile), Milano /CRT Teatro dell’Arte – Triennale 20 e 21 aprile) e al Castello di Rivoli (22 e 23 aprile).

“Untitled-Venice-workshop” di Filippo Andreatta, 2007 ©OHT | Osservatorio Digitale

Ma altre foto si potranno vedere in occasione del Photofestival, che dal 20 aprile al 12 giugno animerà Milano, coinvolgendo molti spazi espositivi, sia classici che non tradizionali. Tra le 120 mostre fotografiche che compongono la rassegna troviamo “Paolo Nicola Rossini, In Black”, dal 21 aprile al 12 maggio da Mymicrogallery, di cui si può leggere nella presentazione: «Chi lo dice che per scrivere una storia sia obbligatorio scrivere nero su bianco? Le storie possono uscire anche dal nero. È questo il caso delle fotografie di Rossini, una serie di immagini di forte impatto che modellano lo scuro rivelandone il chiaro, creando così nuove percezioni. I soggetti lentamente compaiono e il nero, come in una rappresentazione della teoria del non-finito, diventa superficie sulla quale scavare per accedere ad altre dimensioni». Più tradizionale come stile, ma con un bianco e nero che è in grado di esaltare i soggetti, è una serie di ritratti realizzati in Cambogia da Karl Mancini. La mostra “Ghosts from the past (Fantasmi dal passato)” è esposta alla Galleria San Fedele dal 5 maggio al 4 giugno.

Luglio sul calendario Epson 2016 firmato da Francesco Radino | Osservatorio Digitale

Non solo qualche settimana: tutto l'anno è così caratterizzato, con la possibilità di guardare ogni giorno una foto in bianco e nero grazie al calendario 2016 di Epson firmato da Francesco Radino, che invita alla scoperta delle radici della cultura giapponese. Nella pagina di presentazione si può leggere: «Il bianco e nero delle fotografie, valorizzato dalla soluzione di stampa Epson, esalta l'atmosfera evanescente di questo mondo antico ricco di aura e di mistero». Il processo artigianale con cui è realizzato anche questo calendario Epson dimostra quanto sia possibile esaltare con la stampa tutte le sfumature che dal bianco attraverso il grigio portano al nero. Il calendario è infatti realizzato in 800 copie numerate per complessive 9600 fotografie originali prodotte con stampanti, carte e inchiostri Epson e incollate manualmente una a una.

In tempo di digitale, dunque, il bianco e nero può rappresentare una sorpresa, non una rinuncia. Il colore, come lo immaginiamo noi, diventa bianco, un'ampia gamma di sfumature di grigio fino al nero. Ed è sicuramente un modo per stimolare l'osservatore, parlando alla sua capacità di immaginazione, di fronte a quella che è una trasfigurazione della realtà, ma pur sempre reale.

Data di pubblicazione: aprile 2016
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