Marco MelloniMarco Melloni, fotografo milanese dedito alla fotografia industriale e architettonica sin dagli inizi della sua professione, ha una nuova passione o, meglio, un vero e proprio nuovo amore, il 3D. "Non è una questione di moda" – mi dice subito, "è da quando sono piccolo che sono abituato a guardare fotografie tridimensionali realizzate da mio nonno, ma purtroppo solo ora ho trovato il modo di rivalutarne i contenuti anche storici e renderne possibile la visione anche a un pubblico più ampio". Comincia così l'intervista al profilo di questo mese, quasi per caso, trovandoci da amici comuni che si occupano di fotografia trattata, elaborata e stampata. Ci siamo infatti incontrati da Apotema, uno spazio creativo e collaborativo di Milano, dove opera una nostra vecchia conoscenza, Gabriele Dardanoni, autore per od della serie de L'Immaginatore: Melloni era venuto da Gabriele proprio per cercare di capire quali fossero le soluzioni migliori, a livello di inchiostri e carte, per realizzare alcune prove di stampa di queste immagini meravigliose di cui dispone in archivio. Il sottoscritto che si trovava da quelle parti quasi per caso (quando sono in zona passo sempre volentieri con la scusa di un caffè per vedere qualche immagine stupefacente...) vedendo Marco intento a scegliere delle immagini non ha saputo trattenersi dall'invitarlo a fare una chiacchierata per od, e quello che segue ne è il resoconto.

Cortina 1921, Alberto Melloni, ©A&M Melloni

osservatoriodigitale: Marco, raccontaci un po' di queste foto stupende.

Marco Melloni: Sembra incredibile ma sono foto scattate tra il 1920 e il 1940 da mio nonno, Alberto Melloni con una macchina fotografica dell'epoca dotata di due obiettivi che permetteva di realizzare fotografie tridimensionali. Il mezzo su cui venivano impressionate le immagini stereoscopiche erano due lastre di vetro da sei centimetri per dodici: insieme formavano una coppia 12 per 12.

od: Stiamo parlando dell'inizio del secolo scorso, novant'anni fa per la precisione...

MM: Sì sembra strano parlarne oggi che la moda del 3D impazza, dal cinema alle televisioni e alla fotografia. Forse quest'ultima ha sempre vissuto la tridimensionalità in modo più costante rispetto agli altri due mezzi, che nel corso degli anni e dei decenni hanno sempre subito un'influenza negativa sullo sviluppo della tecnologia a causa dello scarso interesse commerciale che ne derivava dal mercato; il cinema in passato qualche cosa aveva prodotto, mentre la televisione è proprio un argomento che sta affrontando in questi anni, forse direi addirittura mesi, trascinata dai nuovi media, tipo Blu-Ray che permetteranno di assistere a film in 3D anche nel salotto di casa. Da bambini io e mio cugino Alessandro, al quale sono molto legato da questa passione, andavamo in vacanza dal nonno nella sua casa in Toscana vicino a Prato, e lì guardavamo queste vecchie foto attraverso un proiettore di legno dotato di due oculari. Lì dentro, nel caricatore da 12, mettevi le coppie di lastre che il nonno aveva scattato in giro per il mondo e, come d'incanto, ti si apriva un mondo fantastico davanti agli occhi. Visioni tridimensionali di luoghi lontani, esotici e non, e per noi bambini era come entrare in un mondo immaginario: c'erano fotografie di Cortina d'Ampezzo e di Forte dei Marmi, località dove andavamo anche noi ma, al tempo stesso, città come Vienna, Berlino, Il Cairo, luoghi che fino ad allora erano esistiti solo nella nostra fantasia o nelle immagini che ci trasmettevano i romanzi o i libri di avventura.

Il naviglio di Milano, Alberto Melloni, ©A&M Melloni

od: Sembra proprio che abbiate avuto un nonno speciale.

MM: Sicuramente. Professionalmente era un personaggio molto in vista già all'epoca. Era l'amministratore delegato del Credito Italiano, uno dei maggiori istituti bancari del Paese, ed era molto impegnato ma questo non gli impediva di coltivare le sue grandi passioni, i viaggi e le fotografie. Pensa che nella casa in Toscana c'era questo grande armadio pieno di lastre fotografiche e di album con le stampe dell'epoca. Immaginati la gioia che noi bambini provavamo nel guardare quelle immagini: era un po' come precorrere i tempi, come se avessimo avuto il privilegio di giocare con il View-Master con largo anticipo rispetto a quando è giunto in Italia (il View-Master è un sistema di visione stereoscopica inventato da William Gruber e commercializzato per prima dalla Sawyer's Photographic Service nel 1938. Il sistema comprende: un visore stereoscopico, dischetti montanti 7 coppie di diapositive stereo, proiettori, fotocamere e altri dispositivi per la visione o la ripresa di immagini stereoscopiche - fonte: Wikipedia).

Venezia, Alberto Melloni, © A&M Melloni

od: Adesso avete intenzione di rendere in qualche modo pubblico questo tesoro?

MM: Ci stiamo ancora lavorando. Dopo anni di ricerche e di studi abbiamo da poco messo a punto delle tecniche di scansione delle lastre che ci permettono di ottenere delle coppie di immagini più che soddisfacenti. Tieni presente che parliamo sempre di lastre di vetro su cui l'immagine è positiva. Non tutti gli scanner disponibili sul mercato sono in grado di lavorare bene con supporti di questo tipo. Il lavoro consiste nel riprendere prima la lastra relativa alla visione dell'occhio destro, poi quello sinistra. In seguito, dopo un breve ma attento processo di restauro, più che altro una vera e propria pulizia dell'immagine dai segni del tempo, vengono assegnati i canali rosso e ciano che permetteranno poi, dalla stampa o dalla proiezione, di essere interpretati correttamente con l'utilizzo degli anaglifi colorati. È un procedimento che richiede molto tempo e attenzione: per fortuna tutte le lastre che ormai compongono la Collezione Privata A&M Melloni, che cura la loro manutenzione e, in futuro, la pubblicazione e la realizzazione di mostre, ha trovato in mio cugino Alessandro e nel sottoscritto due ferventi sostenitori. Il progetto ci appassiona direi in modo globale, sembra che non si riesca a pensare ad altro... L'idea di poter recuperare dei documenti che, oltre al valore affettivo che hanno per noi, possono essere di grande valore storico documentale ci entusiasma, considerato il fatto per cui oggi il 3D è un argomento molto in voga, direi il soggetto più alla moda di tutti.

Scale ZMC 2007, ©Marco Melloniod: Allora restiamo in attesa di novità al riguardo. Forse è il caso di parlare anche un po' di te come professionista, non credi?

MM: Se vuoi a me va bene anche se non credo ci sia molto da dire. (Marco è un uomo di grande modestia. Preferisce che a parlare sia il suo lavoro ma ha fatto grandi cose, ndr). Ho cominciato giovanissimo, ai tempi dell'università, quasi per caso, grazie alla passione che mi aveva avvicinato al mondo della fotografia, facendo dei piccoli lavori come assistente e poi da solo. Visti i risultati positivi e i primi guadagni ho pensato di dedicarmi sempre di più alla professione di fotografo e un po' meno a quella di studente di Scienze Agrarie. Nel breve periodo ho fatto passi importanti come sposarmi e decidere di fare il professionista: forse allora era più facile rispetto a oggi, stiamo parlando degli ani '70. Grazie all'interessamento di un amico cominciai a collaborare col mensile Il Diaframma Rivista Italiana di Fotografia, dell'editore Lanfranco Colombo e il cui direttore era Giorgio Coppini. Quest'ultimo, in seguito, venne chiamato in Mondadori e mi portò con sé. Fu allora che cominciai a lavorare come collaboratore per molte riviste del gruppo editoriale di Segrate, per riviste come Il fotografo, Capital e così via. Mi occupavo in larga parte di still life anche se facevo foto di altri soggetti. Questo, tuttavia, mi ha portato a specializzarmi in un certo mondo, quello industriale, che ha rappresentato il fil rouge della mia carriera professionale.

LP Italiana, 2009, ©Marco Melloniod: Quindi lavori ancora in quel mondo?

MM: Sì, anche se è forse proprio uno dei settori in cui si è sentita maggiormente la crisi degli ultimi anni. Nonostante questo, continuo a scattare per campagne italiane e internazionali molto interessanti. A volte sembra strano che oggetti non certo particolarmente accattivanti possano essere ben rappresentati a livello fotografico. Faccio l'esempio di alcuni sistemi di pompaggio dell'acqua della ITT Flygt oppure degli strumenti da laboratorio della LP Italiana, oggetti che nessuno potrebbe immaginare come soggetti di una foto creativa e che, al contrario, riescono benissimo nel compito. La fotografia industriale viene spesso sottovalutata sia dal pubblico sia dai professionisti stessi: può essere molto complicata da realizzare per via degli spazi in cui ti trovi a lavorare. Immagina di essere in una fonderia: a un modello puoi chiedere di spostarsi, mentre a un altoforno no; devi essere tu capace di muoverti e adattarti allo spazio di cui disponi e non è sempre una cosa semplice.

od: Nel tuo sito però vedo anche lavori di tipo architettonico.

MM: Con un padre architetto sono cresciuto tra progetti, immagini e libri di architettura. È un'altra delle scienze che mi affascina così, quando ho avuto l'occasione di fare qualche lavoro in quell'ambito, non me lo sono fatto dire due volte. Anche in questo caso, come dicevo prima, per realizzare uno scatto devi cercare il punto di vista migliore e, spesso, è inaccessibile o quasi. Per realizzare la fotografia seguente mi sono dovuto attrezzare per salire sulla Torre Velasca e aspettare che il momento fosse quello giusto. Oggi molte cose che si facevano un tempo non sono più nemmeno lontanamente ipotizzabili, parlo di restrizioni dovute ai sistemi di sicurezza, alla privacy e cose di questo genere.
Le foto di architettura per alcuni istituti di credito e la pubblicità sono stati il mio cavallo di battaglia per oltre quindici anni della mia carriera professionale.

od: Chiudiamo con un po' di informazioni tecniche. Raccontaci l'evoluzione della tua attrezzatura.

MIl Duomo visto dalla Torre Velasca, 1988, ©Marco MelloniM: Devo premettere che ho sempre avuto una predilezione per la fotografia con il cavalletto e, anche per questo motivo, ho sempre scelto delle ottiche un po' "buie" (cioè con aperture massime non troppo spinte, ndr) ma che mi garantivano delle immagini molto incise. In studio avevo un banco ottico Toyo 10x12 mentre come corpo macchina ho sempre utilizzato un corredo Mamiya 645 con molte ottiche. Il formato quadrato mi ha sempre soddisfatto più del 35 millimetri, ma con l'avvento del digitale mi sono dovuto ricredere. Ero partito affiancando una piccola fotocamera digitale da 1,7 megapixel alla macchina tradizionale e poi sostituendola a mano a mano che sul mercato apparivano mezzi più potenti. L'idea di poter vedere subito quello che scattavo mi piaceva molto anche se, all'epoca, molti miei colleghi avrebbero giurato che il digitale fosse solo un bluff commerciale e che la pellicola non sarebbe mai stata sostituita. Oggi lavoro con una Canon 5D a pieno formato e sono estremamente contento dei risultati che ottengo al punto che presto la affiancherò alla più recente 5D Mark II. Se però posso aggiungere una considerazione personale penso che il mezzo con cui si fotografa sia solo uno strumento e come tale vada considerato: spesso sento parlare neofiti e non come se la qualità dell'immagine e il suo contenuto dipendessero dal livello di complicazione e di evoluzione tecnologica di una fotocamera. In parole povere sembrerebbe che con una fotocamera dell'ultimissima generazione le foto debbano venire per forza più belle di quelle realizzate con una più vecchia. Permettimi di non essere d'accordo: vorrei vedere fianco a fianco Ansel Adams con le sue macchine fotografiche, se così si potevano già chiamare, e un neofita con l'ultima nata in casa Canon o Nikon per vedere chi realizza le immagini migliori... Di mio posso dire semplicemente che nella vita professionale non si finisca mai di apprendere qualcosa di nuovo ed è per questo che io ho sempre cercato e trovato il tempo per sperimentare, per cercare soluzioni nuove che, non sempre, hanno portato a risultati migliori. Come per il 3D. Tutto è nato dalla volontà di far rivivere l'archivio storico di mio nonno ma già da un po' di tempo, in studio, sto sperimentando tecniche di ripresa e stampa di fotografie a colori di oggetti e persone. Tutte queste esperienze costituiranno il tema del mio prossimo stage che si terrà, molto probabilmente, dagli inizi del 2011 proprio in collaborazione con od.

Marco Melloni ha già detto tutto, anche quello che avremmo voluto anticiparvi direttamente noi (a proposito del corso). I lavori nel suo studio fervono senza tregua per poter realizzare in tempi stretti il materiale per alcune mostre che dovrebbero portare per l'Italia alcuni dei documenti storici dell'archivio di Alberto Melloni, oggi curato dai nipoti Alessandro e Marco. od è orgoglioso di poter far parte di questo progetto e vi terrà informati su tutto quanto accadrà in merito.
Un portfolio dei lavori di Melloni è visibile sul suo sito.

Gli anaglifi si possono trovare a un costo irrisorio ormai in quasi tutti i negozi di ottica oppure sul sito www.andreella.it

Tutte le immagini in 3D ©Collezione Privata A & M Melloni. Tutte le altre immagini ©Marco Melloni.


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