Giorni fa su Repubblica è uscito un pezzo in cui si segnalava la prossima mostra su Francesca Woodman che verrà inaugurata a Roma. Questa fotografa è da sempre una fra le mie preferite e in più la mostra si terrà in un luogo a me molto caro (di cui qui su od mi sono già occupata: il Piccolo Museo del Louvre): per questo ho deciso di scrivere due righe anch'io su questo avvenimento che per studiosi e appassionati ha un peso di notevole importanza in quanto verranno presentati documenti inediti. L'esposizione, così come verrà allestita, è frutto di un'idea di Giuseppe Casetti che di Francesca fu amico e in un certo senso scopritore, dal momento che una Woodman ancora giovanissima e sconosciuta fece la prima personale proprio qui a Roma nella libreria di Giuseppe (e anche di questo ho già parlato in passato proprio qui in questa mia rubrica). Ho approfittato della mia amicizia con lui per farmi dare delle anticipazioni sulla mostra del 23 maggio prossimo.

Giuseppe CasettiPremetto che Giuseppe è sempre stato un po' restio a parlare approfonditamente di Francesca e della loro amicizia. Lui vive nel suo mondo, un mondo fatto delle fotografie del Piccolo Museo del Louvre, dei libri d'antiquariato della libreria (sempre di sua proprietà) che è accanto al "museo" ed essendo un uomo estremamente riservato non ama raccontare troppo di sé. La nostra conoscenza datata ormai qualche anno mi ha però permesso di farmi dire qualcosa di più. Seduti sulla panchina posta di fronte al suo negozio, in un pomeriggio di maggio, mi ha raccontato come è nata la decisione di questo evento.

"Ormai più di vent'anni fa Francesca mi ha diede una scatola grigia e io ora ne ho fatto un catalogo proprio in tela grigia con il suo biglietto da visita attaccato con la spillatrice", racconta Giuseppe. "Di fatto il catalogo riprende quella scatola originale: praticamente è un'altra scatola grigia, io la apro e ci faccio la mostra. In un certo senso ho cercato di farne un racconto visivo: praticamente ho fotografato le lettere che lei ha scritto a me e ad altri amici facendole diventare esse stesse delle opere. I testi andranno letti nella forma originale: quelli che erano in inglese sono rimasti in inglese, quelli in italiano sono tradotti in inglese nelle note poiché questa è un'edizione bilingue destinata ad andare prossimamente al Moma di San Francisco e poi al Guggenheim di New York. In questo lavoro io praticamente ho scelto tutte le foto che raccontano qualcosa di Francesca e ho aggiunto anche i suoi disegni".

Mentre Giuseppe parla mi fa vedere in anteprima la bozza del catalogo e sfogliando mi spiega: "Come puoi vedere ci sono le solite foto che faceva lei più altre meno conosciute, come questa ad esempio dove c'è la mia ex-moglie: doveva farle un servizio fotografico ma controvoglia, e così è uscita questa immagine". Osservo e vedo che effettivamente è una fotografia poco ortodossa per un servizio fotografico perché presenta una specie di scarabocchio sul volto del soggetto. "Poi ci sono delle fotografie con appunti sul retro in cui lei spiega come ha eseguito gli scatti. Ci sono inviti della prima mostra, poi ci sono le famose foto del guanto che noi davamo ad ogni artista prima del suo intervento, poi ci sono disegni di Giuseppe Gallo, qui invece ci sono foto della prima mostra che ha allestito alla galleria di Ugo Ferranti con Cecco Belli, Beppe Gallo e altri. E ancora delle cartoline che Francesca mandava agli amici...".

Giuseppe sembra un fiume in piena mentre sfoglia la bozza del catalogo, velocemente, parlando con una rapidità che rende difficile stargli dietro mentre personalmente vorrei poter guardare con più calma: ma "non si può, il volume non è ancora uscito e poi l'editore si arrabbia", mi dice frenetico. Ma chi ha curato il catalogo? "Il catalogo l'ho curato io", afferma Giuseppe, "con il contributo dell'editore, uno storico dell'arte che vive a Vienna". Si tratta di Francesco Stocchi, noto fra le altre cose perché curatore della rivista Agma.

Giuseppe continua a elencarmi i preziosi documenti che verranno pubblicati in questo catalogo che già immagino andrà a ruba fra addetti ai lavori e appassionati: "Ci sono le lettere che Francesca ha scritto a tutti quanti noi amici raccontandoci del suo lavoro, come si sviluppa la sua opera, come cerca gli spazi espositivi. Alla fine ho inserito un testo che chiesi in prestito a Edith Schloss in occasione della mostra del '95, quando già avrei voluto preparare un catalogo che rimase nel cassetto per mancanza di fondi. Mi era però rimasto lo scritto: è un documento molto bello, in inglese, e ora potrò finalmente vederlo pubblicato".

Cartolina di Francesca WoodmanChiedo a Giuseppe come gli è venuta in mente quest'idea. "Da quando Francesca è morta ho raccolto e conservato moltissimo materiale che mi aveva regalato, ho continuato ad archiviare tutto ciò che avevo e che trovavo, e ho curato la mostra tenutasi al Palazzo delle Esposizioni con il contributo di Achille Bonito Oliva. Ricordo che nelle bacheche misi tutto il materiale che Francesca aveva regalato agli amici romani e che per l'occasione mi feci prestare; poi in seguito chiesi di poterlo fotocopiare così da poterlo conservare. Possiedo un cassetto zeppo di materiale di Francesca: non c'è una Fondazione, nessuno se ne occupa, i genitori stanno in America... insomma, anche se ormai Francesca è conosciutissima ed amata, di fatto ancora c'è poco di organizzato, archiviato e catalogato riguardo al suo lavoro e alla sua persona. Chiunque debba fare una tesi o uno studio su di lei viene qui e consulta queste carte, mi lascia una copia del lavoro di ricerca una volta che è concluso, quindi chi viene dopo può anche consultare il lavoro svolto da altri studiosi che si sono serviti di questo materiale. Nel tempo si è dunque creato una specie di archivio. E proprio il tempo ormai trascorso mi ha fatto riflettere: recentemente mi sono detto 'sono trent'anni che Francesca...', insomma è una ricorrenza, ho questo spazio qui accanto che è nato sulla fotografia, ho fatto tante mostre su di lei e mi dà anche un po' fastidio vivere su questa sorta di passato così illustre, ma alla fine ho pensato che invece di avere tutto quanto qui, di avere le persone che vengono qui, perché non dare tutto questo materiale a un editore e farne un libro e poi da questo libro ricavare una mostra? L'incontro con questo giovane critico d'arte che è anche editore mi ha permesso di concretizzare il volume di cui stai sfogliando le bozze: un passaggio per me essenziale, dato che non avrei più organizzato una mostra su Francesca senza un catalogo che ne costituisse una testimonianza tangibile".

Parlando della scomparsa prematura di Francesca, Giuseppe non ha pronunciato la fatidica parola "suicidio" perché è un evento che ha segnato tutti coloro che quel giovane talento lo avevano conosciuto bene. So che Giuseppe non ama parlarne, ma glielo domando ugualmente: "Come hai conosciuto Francesca? So che lo hai già raccontato più volte, ma so anche che quando lo fai lo racconti velocemente, malvolentieri. Ma credo che invece parlarne un po' di più, ora che gli anni hanno lenito le ferite, può essere utile, non per morbosa curiosità ma per far comprendere meglio com'era Francesca".

Giuseppe mi guarda e mi sembra di capire che in fondo ora può parlarne un po' di più senza sentirsi frastornato dal ricordo. Con aria serena mi dice: "Possedevo una libreria, una specie di rifugio frequentato da un'umanità particolare, che si chiamava Maldoror. Francesca ci passava sempre davanti nel tragitto che faceva per andare a scuola. In quegli anni eravamo all'avanguardia: organizzavamo mostre, creavamo eventi e questa ragazzina veniva sempre a far visita: aveva un aspetto adolescenziale, con questi polpacci un po' rigonfi dai calzettoni troppo stretti, bianchi, insomma era tutto meno che un'immagine seducente". Giuseppe si sofferma un attimo e sono sicura che mentre parla la mente sta andando indietro a quei momenti lontani. "Sai, io avevo 25 anni e le ragazzine mi piacevano, insomma, era normale no? E questa ragazzina veniva a noi a guardare le fotografie, a volte ne comprava qualcuna... faceva un po' parte del paesaggio della nostra libreria, però personalmente non ci avevo mai parlato. Poi, un giorno, arrivò con una scatola grigia e mi disse: 'Io faccio foto'. Aprii la scatola e questo contrasto tra il suo fisico sempre coperto da palandrane - portava dei gonnoni lunghissimi, ampi, com'era tipico in quegli anni - e questo corpo così seducente che scaturiva dalle immagini che man mano tiravo fuori da quella scatola ha creato subito in me questo cortocircuito... Ma poi, al di là della bellezza di questo corpo fisico, vedere quelle foto così belle... Insomma, abbiamo organizzato la prima mostra e lì è nata quest'amicizia; in seguito mi ha regalato le foto e poi... e poi è morta subito, è morta presto, e queste fotografie sono rimaste per tanti anni chiuse nella loro scatola perché eravamo un po' tutti turbati da questa scomparsa. La verità è che avevamo quasi paura di ridestare quest'energia, di farla rivivere attraverso una personale. Ricordo che quando dopo anni approntai la mostra del 1995 avevo dei grossissimi problemi a livello emotivo; poi c'è stata l'esposizione del 2000 ma anche all'epoca non ebbi il coraggio di inventarmi dai ricordi titoli per le foto; così, insieme a quella che all'epoca era la mia seconda moglie (che è critica d'arte), mettemmo un solo unico titolo, 'Roma, agosto 1977-1978'.

Giuseppe Casetti

Questa volta invece, anche perché ormai è diventata una cosa un po' più pubblica e meno privata, ho preso coraggio e ho cercato di attribuire dei nomi a queste fotografie che cercano anche di ricordare in modo più puntuale momenti rappresentativi del lavoro e dell'opera di Francesca. Questa mostra è nata sostanzialmente così, particolare rispetto alle altre perché non privilegio più come in passato le foto bensì i disegni, le carte, gli appunti, tutti questi memorabilia; certo ci saranno le famose foto storiche, ma la cosa importante sarà questa volta proprio l'aspetto cartaceo, il materiale d'archivio, gli appunti di Francesca".

Da qualche parte ho letto che ci saranno foto inedite, ma Giuseppe è pronto a precisare: "In un articolo è stato scritto che ci saranno 80 opere inedite, ma questo è falso. Ci sono 80 opere che io stesso ho fatto diventare delle foto perché ho fotografato i disegni e gli appunti: questi sì sono inediti, ma non è esatto ritenerle fotografie inedite di Francesca. Di inedito ci saranno dei disegni, fondamentali perché come ho detto la mostra nasce proprio su di essi, sugli appunti e sulle lettere. Tra le foto ci sono dei memorabilia: per esempio c'è quella (per me inedita) che Francesca spedisce in una lettera a Edith, una polaroid di cm8 x 8, 5 con il suo studio a New York; poi c'è una serie di sei scatti regalati a Enrico Luzzi dove appare Francesca mentre sta preparando la macchina fotografica e lo studio di Beppe Gallo per delle pose: queste sono sì foto di Francesca, ma nel senso che lei ne è il soggetto. È comunque materiale inedito, ma non sono scatti inediti di Francesca. L'intento di questo catalogo - da cui poi nasce la mostra - è quello di mettere insieme per la prima volta documenti in maniera ragionata: per ogni fotografia c'è una scheda che spiega perché è stata fatta la foto, dove, per chi, come. Una cosa del genere su Francesca non è mai stata fatta, non esiste al mondo un lavoro così su di lei, neanche in America, ed è questo secondo me il vero punto inedito. Come vedi, le notizie che sono uscite da un'agenzia sono imprecise, senza contare che privilegiano un linguaggio un po' duro, quale mai io avrei usato. L'ho fatto presente, e mi è stato risposto che il motivo era la necessità di un cosiddetto 'gancio'... Avranno anche agganciato, ma questo non è il mio stile: quindi ho preparato due comunicati stampa, di cui uno per gli amici che è ancora più sobrio - e più poetico - di quello destinato ai giornalisti".
 
Poetico sì, credo che Giuseppe abbia usato il termine giusto. Poetico come, al di là di tutto, è stata poetica la storia che ha intrecciato i loro destini. Poetica, come è sempre poetica un'amicizia, quando è vera.

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