L'immaginatore

Le foto che non avremmo voluto vedere

Gabriele Dardanoni

Comprendo che in tempi pandemici parlare di questo argomento non sia particolarmente appropriato. Il titolo evoca scenari davvero difficili come le colonna di camion militari nella bergamasca, le innumerevoli immagini di malati in terapia intensiva bardati con maschere e tubazioni per consentire un minimo di respirazione, i visi delle infermiere con i segni evidenti della stanchezza e le tracce delle lesioni da eccesso di utilizzo delle mascherine, e via di questo orrendo scenario che ancora oggi fa parte della nostra quotidianità.

Comprendo che in tempi pandemici parlare di questo argomento non sia particolarmente appropriato. Il titolo evoca scenari davvero difficili come le colonna di camion militari nella bergamasca, le innumerevoli immagini di malati in terapia intensiva bardati con maschere e tubazioni per consentire un minimo di respirazione, i visi delle infermiere con i segni evidenti della stanchezza e le tracce delle lesioni da eccesso di utilizzo delle mascherine, e via di questo orrendo scenario che ancora oggi fa parte della nostra quotidianità.

Alessia Bonari, infermiera

Le foto rappresentano un attimo di vissuto, una memoria che spesso solo a distanza di tempo diventa sopportabile, a volte anche interessante, suscitando emozioni (positive, negative o solo di nostalgia) che altre immagini non possono avere. Ma ci sono foto che, pur senza avere contenuti sgradevoli, pur gioiose, rimangono nella nostra memoria come un tormento.

Chi scrive ha troppo rispetto per quelle immagini che “dicono” qualcosa, anche se qualcosa di brutto o sgradevole. Ma ci sono foto che immagini non riescono ad essere, anche se a fuoco, senza mossi, con cromie corrette. Sono le foto senza pensiero, senza l’intento da parte di chi scatta di carpire qualcosa che deve dare emozione.

Terapia intensiva

Parliamo allora dei tempi in cui la parola pandemia era sconosciuta ai più. Quando ci si poteva abbracciare e stringere le mani, quando anche i progetti d’amore e di vita non dovevano essere sospesi e rimandati a data da destinarsi.

Alzi la mano chi non ha mai assistito agli esiti di un viaggio di nozze.
Sposi novelli al compimento della ritualità della celebrazione del matrimonio e dei suoi annessi e connessi, tornano dal viaggio di nozze e, immancabilmente, invitano amici e parenti a gioiose cenette per raccontare la loro luna di miele con il supporto delle immagini che la fissano per sempre e della quale vogliono condividere il recente ricordo.

Negli anni questa pratica si è evoluta con la tecnologia e, fino a quando è stata possibile, si è svolta con modalità e procedure differenti.

Prima dell’avvento del digitale, senza giungere ai tempi dei nostri nonni, imperava la diapositiva. Ricordiamo i proiettori con numerosi caricatori preparati con cura secondo un rigido codice cronologico che doveva raccontare per immagini il gioioso viaggio di nozze. Dalla partenza all’arrivo, satolli dopo la cena o il pranzo, iniziava la proiezione spegnendo le luci o oscurando l’ambiente iniziando per gli invitati una tortura che progrediva amplificandosi con il numero abnorme di fotografie. Il tutto con il commento esplicativo dei novelli sposi che chiarivano per ogni immagine sia il luogo che il vissuto del momento.

Sulla qualità delle immagini, naturalmente, non c’era uniformità: a volte si trattava di belle immagini, altre di pose banali e persino scorrette, dipendeva dalla capacità del fotografo. Spesso un terzo cooptato per riprodurre entrambi gli sposini, della cui capacità fotografica, ovviamente, niente si sapeva.

Alla prima ventina di foto, la visione risultava gradevole. Ma al terzo caricatore, considerando che ogni foto richiede un commento degli autori, si cominciava a sperare che il proiettore avesse qualche problema…

Poi è venuta l’era del digitale trasformando anche le abitudini degli sposi novelli si evolvevano.

Innanzitutto il numero delle immagini non era più vincolato dai costi di sviluppo e dalla dotazione di rullini. In secondo luogo la possibilità di utilizzare delle memorie per lo storage ben si accompagnava alla possibilità di rivedere le immagini sulla TV di casa e persino in trasferta, a casa di amici o parenti. Rimuovendo la macchinosità della preparazione dei caricatori del proiettore, il loro ingombro e la conseguente difficoltà di trasferta della sessione di visione, la situazione per gli spettatori poteva dirsi persino peggiorata.

Più foto, più facile da mostrarle con conseguente allungamento dei tempi della sessione.

La successiva evoluzione tecnologica della diffusione degli smartphone ha cambiato ancora una volta le abitudini delle coppie in luna di miele.

Adesso (almeno nel pre-pandemia) le foto sono immediatamente inviate ad amici e parenti, la qualità delle immagini include adesso l’orrenda abitudine dei selfie, che spesso mettono in evidenza le figure ma tralasciano o massacrano gli sfondi e i paesaggi.

Quando potremo riprendere le nostre abitudini di un tempo e la socialità riacquisterà il valore che abbiamo imparato a nostre spese a valorizzare, riprenderanno i viaggi di nozze e con loro il piacere di mostrare urbi et orbi le bellezze e la gioia che gli sposi hanno vissuto per un breve periodo.

Vorrei qui fare un appello a tutti coloro che celebreranno in futuro questo rito: non dimenticatevi di chi deve assistere o di chi riceve le immagini.

Fate che siano davvero immagini e non “scattacci” compulsivi!

 Data di pubblicazione: gennaio-marzo 2021
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