Camminare per i luoghi; entrare in empatia con essi percependone il continuo cambiamento; identificare gli attimi di armonia presenti nel reale; congelarli in una fotografia che punta all’astrazione, ovvero alla rappresentazione di un concetto universale: questo in sintesi l’atteggiamento del fotografo che va alla ricerca dell’armonia nascosta.

Per prima cosa occorre dunque sapere entrare in empatia con il circostante in cui ci si aggira: mi capita spesso di camminare a lungo senza riuscire a fare uno scatto che mi soddisfi e poi in pochi minuti fare più fotografie, anche molto diverse tra loro, nelle quali ho trovato quel che cercavo. Certamente questo dipende anche dai differenti punti in cui ci si muove, ma ho osservato che ci sono momenti nei quali si entra in flusso con i luoghi, come se si riuscisse ad intuirne la più intima essenza.

Del resto la buona riuscita di ogni attività umana richiede la perdita del proprio ego, in una immersione totale nell’azione che diventa come naturale e produce piacere ogni qualvolta si è raggiunto l’obiettivo predeterminato. Questo il motivo per il quale preferisco andare a fotografare da solo e con una apparecchiatura facilmente maneggevole.

Giorgio Di Maio Basilicata

Ma come identificare l’armonia? Mondrian ha scritto che “il rapporto equilibrato esprime nella maniera più pura l’universale, l’armonia, l’unità propria dello spirito”. E prosegue: “Ma nel naturale l’unità si manifesta soltanto velata. ...nel naturale il rapporto equilibrato viene espresso plasticamente dalla posizione, dalle dimensioni e dal valore di forma e colori naturali”.

Percorrendo i luoghi bisogna allora osservare il circostante prestando attenzione alla posizione, alle geometrie, alle dimensioni, ai colori ed anche al valore delle cose e, eliminando parte della scena per definire il contorno di ciò che si intende riprendere, avere la capacità di immaginare il rapporto equilibrato di tutte le parti sul piano finale delle fotografia. La visione nel mirino dell’apparecchiatura fotografica consentirà poi di confermare, affinare o negare la validità dell’individuato.

E perché puntare all’astrazione? Per wikipedia ‘secondo la logica classica, l'astrazione è un metodo logico per ottenere concetti universali ricavandoli dalla conoscenza sensibile di oggetti particolari’.

Così per Mondrian se i mezzi d’espressione (plastica) “devono essere un’espressione diretta all’universale, non possono essere altro che universali, cioè astratti. L’arte deve affrancarsi dall’aspetto naturale delle cose, così da non rappresentarle: soltanto allora potrà esprimere con un’apparenza astratta la tensione della forma, l’intensità del colore e l’armonia presentata dalla natura”.

Non si tratta evidentemente di negare le cose riprese ma di provare ad esprimerne l’universale, il nocciolo; l’uno parte di un tutto, del quale noi riconosciamo comunanza ed appartenenza attraverso un ordine equilibrato ove appunto ogni parte è indispensabile alla formazione del tutto.

Giorgio Di Maio Immagine 4485

In questa ricerca dell’armonia nascosta è come se nel fotografo si dovesse passare attraverso una lotta tra la raffigurazione delle forme naturali e la tensione alla loro astrazione; tra ‘interiorità e l’esteriorità’.

L’obiettivo del fotografato che ricerca l’armonia nascosta diventa dunque l’astratto-reale, ovvero una manifestazione del reale che tende a suscitare in noi l’emozione serena dell’universale; il fine ultimo di un tale genere di ricerca fotografica è quello di fornire un apporto alla crescita spirituale dell’uomo, contribuendo ad una evoluzione verso quella che lo stesso Mondrian definì un’umanità compiuta, cioè con l’equilibrio di spirito e sentimento.

Data di pubblicazione: luglio 2016
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