L’identificazione dell’armonia nascosta nel reale e la sua comunicazione attraverso la fotografia avviene attraverso il linguaggio, inteso come conformazione, ovvero l’attività dell’uomo di conoscenza e comunicazione della realtà attraverso l’uso dei segni.
Per il ginevrino de Saussure e fondatore della linguistica moderna, il segno è il totale di ‘concetto’ e ‘immagine acustica’ che egli preferisce chiamare rispettivamente “significato e significante”, perché “questi ultimi termini hanno il vantaggio di rendere evidente l’opposizione che li separa sia tra di loro, sia dal totale di cui fanno parte”. La parola pronunciata, il suo suono, è il significante; il concetto che la nostra mente ad esso associa è il significato. Per giusta completezza si specifica che de Saussurre parla di immagine acustica in quanto rileva che il significante è una traccia psichica del suono: “Senza muovere le labbra né la lingua possiamo parlare tra noi o recitarci mentalmente un pezzo di poesia”.
La conoscenza non può che avvenire che tramite il linguaggio: innanzi al fluire incessante di una realtà ricchissima, l’uomo avverte la necessità di fissare ed ordinare e comunicare i dati ottenuti dalla sua esperienza e conforma la realtà conquistata nella frase, nel periodo. Unioni di segni, di parole. La langue è dunque “un sistema in cui tutti i termini sono solidali ed in cui il valore dell’uno non risulta che dalla presenza simultanea degli altri”, tal che “il valore di un qualunque termine e? determinato da cià che lo circonda”. Per de Saussure la langue è “il gioco delle opposizioni linguistiche”.
Il prof. Renato De Fusco in ‘Segni, storia e progetto dell’architettura’, accosta la linguistica saussuriana alla teoria della pura visibilità (Sichtbarkeit) dello studioso e teorico dell’arte Konrad Fiedler, che scrive: “potrà comprendere appieno l’arte solo chi non le imporrà una finalità estetica né simbolica, perché essa è assai più che un oggetto di eccitazione estetica e, più che illustrazione, è linguaggio al servizio della conoscenza”.
Ma se con Fiedler si ha la fondazione di un linguaggio figurativo, continua De Fusco, se la teoria fiedleriana ha colto gli aspetti strutturali e sintgamatici, sarà la teoria dell’Einfuhlung a definire i rapporti associativi. Lipps, “muovendo dall’assunto che nessun oggetto delle nostre percezioni agisce in noi per se stesso, ma in un insieme, come risonanza dell’affine che è in noi, sostiene che le forme geometriche hanno una potenzialità dinamica che stimola analoghi riflessi psicologici in noi”. Ecco che i simboli geometrici, le linee verticali, orizzontali ed oblique, le forme geometriche piane e solide, le illusioni ottiche e i colori vengono intesi come elementi che consentono una interpretazione semantica dell’opera d’arte.
Nella fotografia, che è un piano bidimensionale, si tratta dunque di compiere la stessa operazione eseguita da pittori come Paul Klee, Wassily Kandinskij, Piet Mondrian e Kasimir Malevic che riprendono a trattare la superficie del quadro per quello che è e non per ciò che rappresenta, quale piano bidimensionale e non spazio tridimensionale. Sullo spazio-piano della tela il punto, la linea ed il colore vengono definiti come elementi primi della figurazione e non sono più mezzi con i quali si rappresenta l’oggetto, ma segni autonomi così concatenati tra loro in modo da esprimere un contenuto altro.
La fotografia dell’armonia nascosta prediligerà una lettura del reale il cui riporto sul piano bidimensionale della foto tenderà ad un disorientamento dello spettatore nella sua primaria ed istintiva azione di identificazione degli oggetti ripresi per invece arrivarne a comprendere per affinità il contenuto, il messaggio che gli viene trasmesso attraverso ‘il gioco delle opposizioni linguistiche’, di linee, colori e forme geometriche.
Non obbligatoriamente, perché la fotografia dell’armonia nascosta ha nei suoi obiettivi anche quello di una riconciliazione dell’uomo con il circostante e, attraverso la stessa metodologia, è possibile rieducare l’occhio alla visione di permanenze con valenza armonica in luoghi inaspettati.
Il fine più ambizioso di una tale ricerca resta però sempre la tensione alla astrazione attraverso la ripresa del reale; una immagine nella quale i singoli oggetti ripresi perdono la loro funzione di ‘essere’ per conquistare quella di ‘parola’, concatenata alle altre presenti, in una inquadratura prescelta ove è importante il posizionamento di ciascun segno affinché si riesca a comporre una frase, un periodo che esprima un pensiero.
Per Ludwig Wittgenstein l’immagine, la rappresentazione in genere, non è una copia con funzione riproduttiva; ma l’immagine possiede una propria autonomia e, attraverso un proprio linguaggio, è capace di esprimere un suo significato autonomo; nella ‘forma della raffigurazione’ l’uomo viene interpellato circa il suo senso.
Per Paul Klee “l’arte non ripete le cose visibili, ma rende visibile”; l’artista deve rendere visibile la ‘genesi’, l’essenza ricercata. Klee affermava che l’artista deve essere un po’ filososo perché, diceva, che ogni volta che si fa arte si lavora per un popolo che manca. Il popolo che manca non è il popolo che non c’è e che non ci sarà mai, ma è il popolo da costruire.
Bibliografia:
Corso di linguistica generale di Ferdinand de Saussure, Curatore: T. De Mauro, Laterza, Bari.
Segni, storia e progetto dell’architettura, Renato De Fusco, Laterza, Bari
Data di pubblicazione: dicembre 2016
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