L'Armonia Nascosta

Il fotografo dell'armonia nascosta

Giorgio Di Maio

Con questo articolo ci si avvia alla conclusione della rubrica dedicata alla ricerca dell’Armonia nascosta, presente nella realtà e documentata attraverso il medium fotografico.

©Giorgio Di Maio 2017

Con questo articolo ci si avvia alla conclusione della rubrica che Osservatorio Digitale ha voluto coraggiosamente dedicare alla ricerca dell’Armonia nascosta, presente nella realtà e documentata attraverso il medium fotografico. Nell’ultimo e successivo articolo si farà un riepilogo dei concetti fondamentali fino ad oggi espressi. In questo articolo si descriverà la figura del fotografo dell’armonia nascosta, il suo lavoro ed il suo ruolo nell’attuale società governata in prevalenza da un sistema economico di ordine capitalistico.

Infatti andare in giro per strada alla ricerca dell’Armonia nascosta non significa avere scoperto un metodo per fare belle foto che ne consentano l’appetibilità in un mercato delle cosiddette opere artistiche, piuttosto mettersi su un sentiero di uomini che ricercano e lavorano nel tentativo di offrire strumenti alle generazioni successive per un progressivo miglioramento spirituale dell’uomo.

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Nulla di nuovo sul fronte occidentale se si scelgono le giuste orme da seguire. Infatti Mondrian raggiunse l’astrattismo, con l’uso esclusivo delle linee ortogonali e dei colori primari, perché voleva rappresentare l’armonia e non certo per sorprendere il pubblico con una genialata che gli consentisse di conquistare i mercati dell’arte. Mondrian lavorava seguendo una direzione tracciata dall’essere intimamente convinto che “Quando l'uomo nuovo avrà ricreato la natura in ciò che egli stesso è, cioè natura e non-natura in rapporto equilibrato, allora l'uomo avrà riconquistato, trasformandosi nell'uomo nuovo, il paradiso sulla terra!” Aggiungendo: “Eppure ciò che ho detto è facilmente raggiungibile, almeno fino a un certo punto... non dobbiamo pensare che sia solo un sogno! La città dei bambini un giorno diventerà la città degli adulti: dobbiamo solo aspettare che i bambini siano cresciuti!”.

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Alla luce di quanto ora premesso, si definisce fotografo dell’armonia nascosta un lavoratore che compie un’azione nella contemplazione, colui che nella ricerca dell’equilibrio riesce a mantenersi in equilibrio tra la quiete e l’inquietudine.

Che cosa si vuole significare con questo? Il fotografo dell’armonia nascosta cerca il logos nel reale e la contemplazione, nell’originario senso etimologico di attenta osservazione, può intendersi quale una praxis di concezione aristotelica, perché racchiude il proprio senso in sé stessa, senza alcun altro fine. Ma se la ricerca della verità può inverarsi soltanto in una completa serenità d’animo, il congelamento nella fotografia della presenza armonica identificata nel continuo divenire della realtà dovrà avvenire mediante un’azione che è quella dell’uso del mezzo tecnico: una attività che comprende la scelta dell’inquadratura nell’obiettivo, l’eventuale attesa della scomparsa di elementi di disturbo o del ristabilimento di condizioni di luce in repentina modifica, la scelta dei parametri di scatto come gli ISO, il tempo di otturazione e l’apertura del diaframma; infine la messa a fuoco e il click dello scatto.
È questa attività, l’uso del mezzo tecnico, la poiesis aristotelica che genera un oggetto, oggi in prevalenza un file digitale, che rimane autonomo ed estraneo a chi l’ha prodotto e che diventa merce, ossia oggetto di scambio esprimibile in moneta.
La poiesis non comporta però che venga meno l’esistenza del buon fine della praxis, ottenuto attraverso l’agire disinteressato, che è di carattere spirituale: il messaggio immateriale che viene riconosciuto e percepito dallo spettatore, lo stato emozionale, la magica comunicazione che si ottiene attraverso il linguaggio tra l’Io e l’oggetto materiale ad esso esterno.

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Il linguaggio adoperato è quello dell’arte figurativa ma nella fotografia l’armonia non viene costruita su una tela piuttosto individuata nel reale circostante e pertanto si propone ambiziosamente di soddisfare una delle più forti esigenze della cultura contemporanea: la contemplazione concreta.
Quanto all’apposizione lavoratore che è stata adoperata per definire il fotografo dell’armonia nascosta, essa discende dalla concordanza con l’interpretazione socratica che non può esserci vera filosofia se non nel quotidiano

Il fotografo dell’armonia nascosta è lavoratore quando, nella fase successiva alla passeggiata fotografica, opera una prima selezione dei files digitali ottenuti, si dedica alla post-produzione, opera una nuova ulteriore selezione e prepara sequenze finali affinché, così lavorando, si abbiano progetti completi in vista di uno scambio monetarizzato nella sfera pubblica, “dove cioè la misura retributiva costituisce la soluzione moderna di come un lavoro diventa pubblico e possa essere pubblicamente giudicato”. (1)

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Nel riconoscimento dell’importanza del lavoro e delle convenzioni sociali vigenti , la fotografia dell’armonia nascosta agisce però verso una riorganizzazione armonica del mondo, degli uomini tra loro, degli uomini con la natura propria ed esterna, seguendo l’ideale di contribuire a quella che è stata definita la vera posta in gioco della filosofia che “riguarda la possibilità di identificare la frattura imposta dallo spirito capitalistico e il capovolgimento radicale della comprensione del mondo e dell’uomo che esso ha prodotto”, progredendo appunto con una tensione verso una nuova socialità nella quale i singoli individui si riapproprino della capacità di godere del che cosa e l’essenza delle cose. (1)

La strategia adottata è quella indicata dallo stesso Gorz: non una impraticabile e rovinosa rivoluzione attraverso la distruzione; piuttosto la decostruzione sotto forma di svuotamento con la formazione di nuove socialità autonome negli obiettivi prefissati.
E la domanda è “se non valga la pena per la filosofia di autocomprendersi come lavoro al di là dello sfondo contemplativo, per potere offrire parole che trasformino il lavoro da strumento di dominio in esperienza concreta di liberazione”. (2)

Bibliografia:

  1. A. GORZ, Métamorphoses du travail, Galilée, Paris 1998; tr. it. di S. Musso, Metamorfosi del lavoro. Critica della ragione economica, Bollati Boringhieri, Torino;
  2. Sergio Labate, La fine del lavoro e i paradossi dell’autonomia, attualità di André Gorz.

 Data di pubblicazione: aprile 2017
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