Foto, video, teatro, cinema, spettacolo più in generale: le contaminazioni sono sempre più frequenti, pur con modalità differenti. Ora, a chiusura di una stagione teatrale, sono leciti alcuni bilanci e relative considerazioni sul tema. Ed è stata una stagione comunque di qualità, anche se influenzata da inevitabili difficoltà economiche. Queste in alcuni casi hanno invogliato a un più massiccio utilizzo di foto e video. In altri casi il loro utilizzo è stato motivato dal desiderio di offrire uno spettacolo multiforme, di esaltare il testo e sottolinearne la sua attualità (ma non solo).

Lo stretto rapporto tra fotografia, video e spettacolo risale comunque nei tempi. È sufficiente ricordare come, in tempi in cui le sale cinematografiche erano numerose e affollate, lo spettacolo era preceduto da quelli che allora si chiamavano cinegiornali: immagini che permettevano agli spettatori di scoprire qualcosa di più degli attori di cui poi avrebbero visto le interpretazioni su grande schermo. Negli stessi anni il pubblico guardava quelli che si chiamavano "i quadri", una specie di locandina, ognuna con una foto differente, per scegliere il film da vedere. In tempi più recenti la fotografia è diventata uno strumento per avvicinare il pubblico all’attore famoso: sotto forma di gossip, ma anche di bel ritratto, ricordiamo infatti le Polaroid 50x70 realizzate in occasione di varie Mostre del cinema di Venezia e autografate dagli stessi attori ritratti.

Più recente è invece il ricorso a foto e video a teatro. E non per scoprire in anteprima qualcosa dello spettacolo o per documentarlo online: proprio sulla scena.

Daniele Pecci e Federica Di Martino in “Kramer contro Kramer” | Osservatorio DigitaleLa necessità di risparmiare su scenografie troppo sontuose – risparmio economico, ma anche di tempo per il montaggio della scena, in quei teatri che alternano live e cinema o durante la tournée – ha indotto a utilizzare le fotografie in grande formato. Come dire chiaramente agli spettatori che la scena si svolge in California? Il ricorso a una grande foto di una palma ha risolto il problema in “California Suite”, la brillante commedia di Neil Simon portata in scena al milanese San Babila con protagonista Gianfranco D’Angelo. E a un espediente similare si ricorre quando in “Kramer contro Kramer” è necessario far capire che l’incontro tra i due genitori si svolge in un terreno neutro: non è una casa, ma un tavolino sormontato da un grande albero. Qui Daniele Pecci e Federica Di Martino si incontrano per parlare del loro futuro su fronti contrapposti, di fronte a potenziali soluzioni varie, come tanti sono i rami dell’albero alle loro spalle.

E a un uso massiccio di proiezioni sui fondali che permette di far apparire costruzioni, natura, Gange, ambientazione indiana fa ricorso “Siddharta the musical”, che qui citiamo solo per questo motivo. A infinite proiezioni che ricostruiscono le differenti ambientazioni ha fatto ricorso la scenografia di “The Full Monty”, terzo impegno nel musical di Massimo Romeo Piparo per questa stagione, a Milano al Nazionale. Mentre sono state utilizzate le fotografie per presentare i protagonisti, prossimi spogliarellisti, scegliendo l’espediente delle carte di televisiva memoria (“Amici”).

E come fare satira sul presente, richiamando personaggi che altrimenti non potrebbero essere in scena? Gli Oblivion portando a teatro (a Milano al Manzoni) “Show 2.0: il Sussidiario” usano proprio la fotografia per giocare sul "yes, we can" di Obama, che diventa negazione con Bersani, richiamo a yacht con D’Alema e al camper con Renzi. Loro devono il successo a YouTube, dove il loro video “Promessi sposi in dieci minuti” ha registrato oltre 2 milioni e 700 mila visualizzazioni. Logico dunque richiamarlo alla memoria a fine spettacolo e, per ribadire quanto tengano ai video e alla rete, lo ripropongono davanti a uno schermo che mostra altri ragazzi impegnati nella loro parodia.

Scenda da "Adoro il fucsia" | Osservatorio DigitaleContaminazioni infinite, gusto dell’eccesso, utilizzo di tutti i mezzi espressivi hanno caratterizzato il “Don Giovanni” di Filippo Timi, che ha fatto il tutto esaurito al Franco Parenti a Milano. La sua firma appare indelebile in ogni momento e il ricorso a video, spezzoni tratti da YouTube, la riproduzione di un affresco del Tiepolo come fondale rendono lo spettacolo eccessivo, strabordante, in certi momenti particolarmente coinvolgente e concorrono a rendere non incanalabile in nessun modo, e invece tutto suo, il Don Giovanni di Filippo Timi.

Dalle contaminazioni non è immune nemmeno l’off teatro, come si è visto al Salone Crt a Milano. Così in “Adoro il fucsia” gli spettatori sono coinvolti con tutti i mezzi espressivi: a prosa, canto, ballo si aggiungono giochi di colori sullo schermo, costumi, proposta di test, lettura di oroscopi e naturalmente proiezioni. Tutto diventa un mezzo per suggerire e raccontare il tema affrontato nella pièce.

Altre volte alle immagini e ai video è affidato un compito particolarmente importante: non semplice scenografia, ma strumento per ricostruire una ambientazione. Di ieri o di un oggi altrimenti imprevedibile. Nel primo caso stiamo parlando del musical “Sugar A qualcuno piace caldo”, che ha chiuso a Milano per questa stagione al Teatro Nuovo. Proprio ai video ha fatto ricorso il regista Federico Bellone per portare a teatro l’atmosfera del film: quando in sala si spengono le luci gli spettatori sono catapultati nella Chicago del ’29, con il proibizionismo e, naturalmente, la strage di san Valentino, che motiva tutta la storia. E ancora lo schermo aiuta a ripensare al bianco e nero del film: le immagini in monocromia scorrono sullo schermo, da cui ben presto escono ed entrano gli attori. Il veloce passaggio dal bianco e nero delle immagini al colore della realtà (e ritorno) rappresenta un fantastico gioco teatrale, qui perfettamente in tema.

Sara Bertelà e Patrizia Milani in “Troiane”, foto di Tommaso Le Pera | Osservatorio Digitale

Come sottolineare l’estrema attualità di un testo di centinaia di anni fa, che parla di guerre e di violenza alle donne e catturare l’attenzione del pubblico di oggi? Il regista Marco Bernardi portando in scena le “Troiane” di Euripide (nella foto qui sopra), prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano (a Milano al Teatro Carcano), ha scelto piani differenti. Il video in questo caso ne evidenzia l’estrema attualità: si parla dell’uccisione di Astianatte, il figlio di Ettore e Andromaca, buttato già dalla rupe e si vedono i suicidi dalle Torri Gemelle l’11 settembre. Altri momenti tragici sono accompagnati dai video con vicende simili dei nostri giorni, che riguardano indifferentemente tutti i continenti. È un modo per portare davanti agli occhi degli spettori quanto ciò che ci viene raccontato dalla tragedia sia ben poco diverso da ciò che ci raccontano i telegiornali di oggi. E il messaggero greco Taltibio, interpretato da Corrado d'Elia, annuncia alle donne troiane la loro sorte indossando una tuta mimetica dei giorni nostri. E siccome sarà lui, e i greci più in generale, a tramandare i fatti ai posteri, verso la fine della pièce ha in mano una videocamera.

La tecnologia di oggi diventa dunque un mezzo per evidenziare l’attualità del teatro. Ma, oltre che al servizio del testo, può esserlo dello spettatore, diventando un modo per ampliarne i punti di vista, annullando quella distanza spaziale che intercorre tra palco e platea. È quanto è successo (per la prima volta per quanto ricordi chi scrive queste note) con "Cara Medea" di Antonio Tarantino. Nella messa in scena al Teatro Filodrammatici, studiata da Francesca Ballico, anche interprete, lo spettatore non si limita ad essere affascinato dalla modulazione della voce, a seguire i movimenti del corpo e lo spostarsi sulla scena: grazie all'uso di una webcam riesce a cogliere il mutare delle espressioni del volto dell’attrice e anche quando è di spalle. Una possibilità davvero di rilievo in presenza di un monologo, come in questo caso.

Il censore, foto di Federico Cambria, Teatro Litta | Osservatorio Digitale

Negli anni 2000 il video può anche essere protagonista di una pièce teatrale. Ne “Il censore”, di nuovo a Milano al Teatro Litta dal 20 giugno al 6 luglio, l’autore Anthony Neilson immagina un censore che deve giudicare il film porno di una regista donna, fatto decisamente raro. E perché nemmeno il pubblico possa sentirsi a proprio agio, il regista Antonio Syxty mostra le immagini hard sullo schermo che fa da soffitto alla scrivania, dentro cui è quasi incastonato il censore. E infatti il pubblico - solo adulti, raccomandano - mimetizza ridendo il proprio imbarazzo, ma è anche invogliato ad andare oltre, riflettendo su più temi affrontati o suggeriti con lo spettacolo.Sono passati i tempi in cui foto e video potevano essere considerati un modo per banalizzare il teatro. Sempre più spesso invece in scena riescono a dar vita a uno spettacolo in grado di coinvolgere la platea.

(data pubblicazione: giugno 2013)