RAW workflowLa puntata conclusiva dello speciale dedicato alla gestione del colore affronta lo spinoso tema della profilazione sui diversi supporti visivi offrendo un quadro completo - e qualche utile suggerimento - al fotografo digitale di ogni livello.

Lo scorso mese abbiamo esplorato la rappresentazione del colore in un ambiente digitale. In questa puntata vedremo invece come l'informazione che rappresenta il colore viene trasformata nelle varie fasi dello sviluppo di un'immagine digitale. In particolare ci soffermeremo sull'importanza dei profili di display e di stampa, e sul come ottenere profili specifici per i propri display e le proprie stampanti.

Il workflow RAW

La seguente illustrazione rappresenta le principali trasformazioni necessarie per sviluppare un file RAW e prepararlo per la stampa, la presentazione sul Web o l'archiviazione.RAW Workflow

I quattro rettangoli rappresentano quattro possibili conversioni tra diversi spazi colorimetrici: la conversione RAW nello spazio di lavoro; la rappresentazione sul monitor dell'immagine contenuta nello spazio di lavoro; la stampa dell'immagine contenuta nello spazio di lavoro; e infine, per uso futuro, l'archiviazione dell'immagine contenuta nello spazio di lavoro.

Lo spazio di lavoro

Lo spazio di lavoro codifica la rappresentazione numerica dell'immagine nella memoria del computer durante le fasi di elaborazione della stessa. Per evitare la perdita di informazione durante la lavorazione dell'immagine è importante che lo spazio di lavoro scelto sia sufficientemente ampio da contenere tutti i colori presenti nell'immagine, senza causare compressioni né saturazione (clipping). Ovviamente ogni immagine contiene un unico insieme di colori, dipendente sia dalla scena che dall'illuminazione e dall'esposizione. Una fotografia correttamente esposta di un soggetto con colori saturi (per esempio una composizione di fiori) contiene frequentemente una vasta gamma di colori e quindi richiede uno spazio di lavoro molto ampio. Al contrario, una scena con colori pastello contiene una gamma di colori più limitata e può essere contenuta in uno spazio di lavoro più ristretto. La granularità della rappresentazione del colore contenuto in un'immagine è una funzione sia della dimensione dello spazio di lavoro che del numero di bit per canale utilizzato. La maggior dimensione dello spazio di lavoro e il minor numero di bit per canale corrispondono a una maggiore granularità, che in alcuni casi può produrre il bloccaggio o "banding" di parte dei colori presenti in un'immagine. In un workflow a 8 bit per canale la scelta dello spazio di lavoro dovrebbe essere basata sulle caratteristiche dell'immagine per limitare la granularità della rappresentazione. In un workflow a 16 bit la granularità del colore non è normalmente un problema, per cui la scelta più comunemente consigliata in questo caso è di usare ProPhoto RGB come spazio di lavoro per la maggioranza delle immagini. Nel mio workflow personale l'elaborazione dell'immagine è sempre a 16 bit per canale, e lo spazio di lavoro è ProPhoto RGB, con rarissime eccezioni.

È anche possibile utilizzare spazi colorimetrici specializzati per ottenere particolari effetti di saturazione o desaturazione (per esempio le varie famiglie di spazi colorimetrici sviluppati da Joseph Holmeswww.josephholmes.com), ma questa è una scelta specializzata per situazioni particolari.
La maggior parte dei convertitori RAW e degli editor per uso professionale permette di selezionare sia il numero di bit per canale che lo spazio di lavoro. Se il vostro programma preferito non vi consente queste scelte è bene che vi informiate su quale spazio di lavoro viene utilizzato per accertarsi delle possibili limitazioni, e in caso di dubbio considerate l'uso di un programma diverso che vi permetta queste scelte.

La conversione RAW

La conversione RAW è il processo che trasforma i dati provenienti dal sensore Bayer nello spazio di lavoro scelto. I dati provenienti dal sensore Bayer rappresentano essenzialmente intensità luminose, filtrate dalle celle del reticolo. In questo senso i file RAW prima della conversione nello spazio di lavoro sono essenzialmente monocromatici. Durante la fase di demosaicizzazione i dati RAW vengono combinati con una descrizione matematica della risposta cromatica del particolare reticolo Bayer usato dalla macchina fotografica per generare dati RGB mappati nello spazio di lavoro scelto.
La risposta cromatica dei vari reticoli Bayer dipende dalla marca e modello della fotocamera, ed è spesso derivata tramite una serie di esposizioni attentamente calibrate da ogni produttore di convertitori RAW. Per questo motivo ogni convertitore ha una propria personalità dovuta alle assunzioni fatte dai programmatori, e lo stesso file RAW convertito da diversi programmi abitualmente produce risultati leggermente diversi. Ognuno dei principali convertitori (Adobe Camera Raw, Bibble, Capture One, DxO ecc.) è in grado di produrre ottimi risultati, e la scelta tra uno e gli altri è spesso un fatto di preferenza personale. Nel mio workflow personale vengono utilizzati Bibble Pro e Adobe Camera Raw, con una mia preferenza per Bibble nella lieve maggioranza dei casi.

In ogni caso è importante assicurarsi che tra i parametri della conversione il profilo dello spazio di lavoro sia impostato correttamente e venga correttamente trasferito al programma di editing (nel mio caso quasi esclusivamente Adobe Photoshop CS3).

Normalmente non è necessario creare un profilo specifico per la propria macchina fotografica in quanto quelli forniti con ogni convertitore RAW sono in grado di generare ottimi risultati. Per situazioni che includono un'illuminazione della scena molto controllata (riprese in studio con illuminatori professionali) è possibile generare curve di calibrazione specifiche per la propria macchina riprendendo un bersaglio di calibrazione quale l'X-Rite Color Checker e quindi aggiustando le curve fornite dal convertitore RAW manualmente o con script automatizzati per minimizzare l'errore nella riproduzione delle varie tonalità rappresentate nel bersaglio. In situazioni con luce naturale o comunque senza un controllo preciso di tutte le fonti di illuminazione è essenzialmente impossibile applicare una calibrazione registrata sotto condizioni di illuminazione diverse (a meno di possedere un preciso riferimento per il bilanciamento del bianco), per cui tanto vale utilizzare le curve di default e poi provvedere alla correzione dei colori su di un monitor calibrato per ottenere l'effetto desiderato.

La rappresentazione sul monitor

Un'accurata rappresentazione dei contenuti dello spazio di lavoro sul monitor è indispensabile per ottenere risultati precisi e ripetibili in fase di stampa. Per ottenere questo risultato è necessario utilizzare un display di buona qualità e soprattutto effettuarne una periodica calibrazione per ottenere un profilo display che rappresenti accuratamente le sue capacità di riproduzione. La maggior parte dei display, sia CRT che LCD, è progettata per riprodurre colori contenuti nello spazio sRGB, che come abbiamo visto è uno degli spazi più limitati. In aggiunta, tolleranze di fabbricazione e l'invecchiamento dei fosfori (per i CRT) o del sistema di illuminazione (per i LCD) provocano variazioni tra diversi display e quindi è necessario effettuare una calibrazione del monitor periodicamente per assicurare che il profilo display sia sempre aggiornato.

Diverse soluzioni, sia hardware che software, sono disponibili per aiutare nella calibrazione del display. Le soluzioni software sono in grado di aiutare nella calibrazione del parametro gamma e del contrasto e luminosità del monitor, ma non sono in grado di creare un profilo completo del display e sono quindi inadeguate per l'uso fotografico professionale.

Le soluzioni hardware consistono di un colorimetro da applicare sulla superficie del display e da software specializzato che misura una serie di campioni di colore. Una soluzione basata su un buon colorimetro è indispensabile per il fotografo digitale professionista, e il suo costo (compreso tra i 100 e 300 euro) verrà ammortizzato in brevissimo tempo con i risparmi in carta ed inchiostro che un display calibrato consente. Tutti i principali produttori di soluzioni per color management propongono almeno un tipo di colorimetro per la calibrazione di display: Pantone Huey, Data Color SpyderPro 3, X-Rite i1 sono tre ottime scelte, tutte in grado di produrre ottimi risultati in breve tempo e con semplicità.

In un workflow digitale la calibrazione del monitor è senza dubbio l'aspetto più fondamentale – un colorimetro non dovrebbe mancare nell'attrezzatura di nessun fotografo digitale!

I display "wide gamut"

Da alcuni anni è possibile acquistare, ad un prezzo significativamente più alto di quello di un normale display, monitor specializzati in grado di riprodurre tutto il gamut contenuto nello spazio Adobe RGB. Questi monitor permettono di mostrare sullo schermo un'immagine estremamente vicina al risultato di stampa con le migliori carte ed inchiostri, e quindi consentono un editing estremamente preciso. In generale si tratta di monitor di larghe dimensioni, dai 21 ai 30 pollici, con costi oscillanti tra i 2.000 e i 5.000 euro, ma con prestazioni eccezionali che spesso giustificano il costo per il professionista che lavora con sistemi di output sofisticati in grado di riprodurre il gamut Adobe RGB. Tra i più conosciuti e rispettati monitor in questa categoria vi sono le linee wide gamut di Eizo e NEC, molti dei quali includono un colorimetro dedicato per la calibrazione, e hardware specializzato nel monitor per effettuare le necessarie compensazioni.

La stampa

La stampa è spesso la fase finale della produzione di un'immagine, e le moderne tecnologie di stampa digitale sono in grado di produrre immagini di una qualità pari o addirittura superiore alle migliori stampe ottenute con metodi tradizionali sia a colori che in bianco e nero. Per sfruttare al meglio le capacità di una moderna stampante, sia essa un inkjet per riproduzioni d'arte o una stampante per riproduzioni offset, è indispensabile comprendere le differenze nella riproduzione dei colori tra display e supporto cartaceo e disporre di profili corretti per la combinazione di stampante, inchiostro e supporto utilizzati.
Sul monitor l'immagine è generata da fosfori (CRT) o da luce bianca filtrata da una matrice di cristalli liquidi (LCD). In entrambi i casi l'immagine è anche la sorgente luminosa che la forma. In una stampa il supporto determina invece la massima riflettività delle aree bianche dell'immagine, e il tipo di illuminazione presente durante la visione della stampa influisce sull'effetto finale per l'osservatore.

L'immagine sul monitor tende spesso a essere più contrastata che nella stampa finale per via delle caratteristiche emissive dello stesso, e i bianchi sono normalmente meno intensi in stampa che sul monitor. Il colore del substrato di una stampa influisce molto sull'effetto finale, così come l'inchiostrazione e il numero e la caratteristica degli inchiostri utilizzati.

Per poter accuratamente simulare le molte variabili di ogni tecnologia di stampa in fase di editing dell'immagine, e quindi avere modo di avere sul monitor una rappresentazione fedele di quello che sarà il risultato finale, è indispensabile selezionare il profilo di stampa corretto durante la fase di soft proofing (provino digitale).

Per il fotografo che stampa saltuariamente in proprio è spesso possibile ottenere profili di stampa per le più comuni combinazioni di inchiostri e carta dai siti Web dei produttori della propria stampante o carta. In generale questi profili sono ragionevolmente adeguati, soprattutto per le ultime generazioni di stampanti inkjet in grado di ricalibrarsi periodicamente. Questi profili, per quanto adeguati, non sempre sono disponibili per tutte le combinazioni di inchiostri e supporti, specialmente per le carte matt più usate per stampe d'arte.

Per il fotografo che stampa in proprio in un certo volume, o per chi si specializza in stampe d'arte dove la qualità della stampa è di prima importanza e l'uso di carte specializzate è una necessità, un profilo di stampa generico invece non è sufficiente.

La produzione di un profilo dedicato per la propria stampante richiede di stampare un bersaglio di calibrazione contenente diverse decine (in alcuni casi centinaia) di campioni di colore con la combinazione di carta e inchiostro che si desidera utilizzare. Questi campioni vengono misurati con uno spettrofotometro per caratterizzare la risposta della stampante, e da queste misurazioni è possibile generare un profilo altamente accurato che permette di sfruttare al massimo le capacità della propria stampante. Per eseguire la misurazione dei bersagli e generare profili di stampante è possibile rivolgersi a specialisti che forniscono questo servizio o acquistare uno spettrofotometro con il relativo software. Data Color e X-rite sono due produttori che forniscono una varietà di soluzioni per la creazione di profili di stampa.

Lo SpyderPro 3 Print di Data Color è una soluzione dal costo relativamente contenuto in grado di misurare bersagli con diverse centinaia di campioni e produce profili dettagliati sia per stampe a colori che per stampe in bianco e nero con precisi viraggi. La limitazione principale dello SpyderPro 3 Print è quella di richiedere la misurazione individuale di ogni campione con lo spettrofotometro (una specie di mouse che deve essere posizionato su ogni campione manualmente). I risultati sono molto buoni, ma il processo è laborioso e può richiedere da una a due ore di lavoro per misurare un bersaglio ad alta definizione.

Lo standard per questo tipo di misurazioni è l'i1 di X-rite. Il costo dello spettrofotometro i1 è all'incirca il doppio dello SpyderPro3, ma l'i1 ha la capacità di leggere un'intera colonna di campioni in una passata, riducendo enormemente il tempo necessario per la misurazione di un bersaglio e la possibilità di errori. X-rite produce anche un braccio robotico che permette la scansione automatizzata di un intero bersaglio usando lo spettrofotometro i1: si tratta, come è facile immaginare, di una soluzione dedicata ai professionisti che effettuano un alto numero di calibrazioni.

Infine, le stampanti HP della serie Z3100 includono uno spettrofotometro i1 nel carrello delle teste di stampa, e sono in grado di stampare e misurare un bersaglio in modo completamente automatico. Queste stampanti producono risultati eccezionali sia monocromatici che a colori non solo perché usano tecnologie di stampa dell'ultima generazione, ma anche perché permettono una gestione del colore estremamente semplice ed accurata.

L'archiviazione

Per poter riprodurre accuratamente un'immagine archiviata su disco è importante assicurarsi che essa sia associata al corretto spazio colorimetrico. Molti professionisti usano laboratori esterni per la stampa delle proprie immagini, e ogni laboratorio professionale dovrebbe essere in grado di fornire al fotografo profili per le proprie stampanti ed istruzioni su come preparare le immagini da stampare. In generale, i profili ottenuti da un laboratorio sono utili per il soft proofing, ma l'immagine inviata per la stampa deve essere salvata nello spazio Adobe RGB per permettere al laboratorio di applicare le correzioni necessarie, in quanto è facile che le stampanti di questo tipo vengano ricalibrate molto frequentemente. Spesso questi laboratori accettano immagini via Internet, ma per la migliore qualità di riproduzione è importante salvare le proprie immagini in formato TIFF in quanto il formato JPEG elimina gran parte delle informazioni colorimetriche per ottenere un elevato rapporto di compressione. Utilizzare JPEG come formato intermedio per la creazione di una stampa di qualità è altamente sconsigliato, in quanto il processo di compressione elimina tutte quelle sottili variazioni tonali che creano la differenza tra un'immagine da cartolina e un'immagine degna di una galleria d'arte.

In molti altri casi l'immagine è destinata all'uso sul Web, nel qual caso è indispensabile salvare il file nello spazio sRGB. La grande maggioranza dei Web browser non è in grado di interpretare correttamente profili colorimetrici salvati insieme all'immagine (con l'eccezione di Safari su MacOS) e assume che ogni immagine risieda nello spazio sRGB. Immagini salvate in uno spazio differente riproducono in maniera estremamente distorta sul Web, e in ogni caso sulla stragrande maggioranza dei monitor la riproduzione non beneficia dell'uso di spazi colorimetrici più estesi.

Immagini destinate al Web sono spesso salvate nel formato JPEG per limitare la dimensione del file e permetterne un caricamento veloce. Il formato JPEG è perfettamente adeguato all'uso sul Web, ma è importante assicurarsi che l'immagine sia convertita in questo formato solo come l'ultima operazione della fase di editing. L'apertura e la riscrittura di un immagine in questo formato produce una degradazione progressiva della qualità dell'immagine, spesso visibile dopo solo due o tre cicli.

Infine è spesso necessario salvare un'immagine come master file per ulteriori elaborazioni che richiedano software specializzato o per motivi di archiviazione. In un workflow ideale tutte le elaborazioni effettuate su un file RAW dovrebbero essere non-distruttive, e salvate come meta-data in un file sidecar (per esempio, Adobe Camera Raw usa file con l'estensione .xmp per ritenere tutti i passi di elaborazione in un formato basato su XML; Bibble usa file con l'estensione .bib per lo stesso scopo). In questo modo i dati RAW sono sempre disponibili nella loro forma originale per permettere un diverso "sviluppo" della stessa immagine in futuro, e il file sidecar contiene la "ricetta" per sviluppare l'immagine fino al risultato desiderato.

Nei casi in cui non sia possibile limitarsi a un editing non distruttivo (per esempio nella creazioni di panorami o di immagini HDR, dove l'immagine finale è un composito di diversi scatti), la scelta migliore è quella di salvare l'immagine nello spazio di lavoro usando il formato TIFF a 16 bit per preservare tutta l'informazione disponibile.

Per riepilogare

Una gestione accurata del colore durante le varie fasi di elaborazione di un'immagine richiede una certa determinazione per assicurarsi che l'informazione contenuta nel file RAW di partenza non vada perduta, ma le procedure da seguire sono semplici e alla portata di ogni serio fotografo.

Una calibrazione corretta del monitor di lavoro, eseguita con un buon colorimetro e ripetuta periodicamente, almeno una volta al mese, è senz'altro il passo più importante. Il costo di un buon colorimetro è a volte inferiore a quello di un set di cartucce di inchiostro per una stampante professionale, e il suo uso sicuramente vi risparmierà il costo di acquisto nel giro di pochi mesi riducendo lo spreco di inchiostri e carta in stampe di prova.

Un buon profilo per la stampante e la carta utilizzata è il secondo elemento per tutti i fotografi che stampano in proprio. In questo caso la decisione di utilizzare un profilo preconfezionato, di generare bersagli per un servizio di profilatura o di acquistare uno spettrofotometro e quindi procedere alla calibrazione in proprio dipende dal tipo di lavorazione e dai fabbisogni di ognuno. L'investimento da giustificare per una soluzione fai-da-te è più significativo che quello per la calibratura del display, ma la flessibilità nel poter profilare qualsiasi combinazione di inchiostri e carta e poter modificare i profili per ottenere particolari effetti permette di giustificare facilmente un investimento in questa direzione, per lo meno in uno dei sistemi meno automatizzati e quindi di costo più ridotto. Per il fotografo che necessita una nuova stampante di largo formato può anche essere interessante l'acquisto di una stampante che includa le funzioni di uno spettrocolorimetro, quale il modello HP Z3100.

Infine, l'uso consistente di profili nelle varie fasi di elaborazione ed archiviazione di un'immagine permette di preservare al meglio l'informazione catturata dalla fotocamera per eventuali utilizzi futuri e per una presentazione ottimale dell'immagine su vari media.

Il sito di Stefano si trova all'indirizzo: www.lassini.com