EZ Photo-reality

Con gli occhi di un lontano viaggiatore

Eugenio Zamengo Pontrelli

Trovo sempre incredibile la costante curva di crescita relativa all’avanzamento tecnologico: da bambino mi ripetevano spesso che la mia generazione è nata con il computer mentre le generazioni precedenti con la carta e la penna...

Maschere ©Eugenio Zamengo Pontrelli per osservatoriodigitale n.o 106 di settembre-ottobre 2020
È incredibile la curva esponenziale del costante avanzamento tecnologico; da bambino mi ripetevano spesso che io e tutti quella della mia generazione eravamo nati con il computer mentre le generazioni precedenti con la carta e la penna.

Non avevo mai capito fino in fondo tutti i risvolti contenuti in questa frase ma ieri, come talvolta mi capita, qualcosa mi ha, come dire, illuminato. Ho aperto Google Earth sul cellulare mentre aspettavo di partire e mi sono messo a guardare il nostro pianeta, i continenti, gli stati, le capitali e così via fino ad arrivare a guardare se una casa dell’Est della Danimarca avesse oppure no la piscina o un trampolino.

E più guardavo più mi chiedevo come doveva essere la vita per mio coetaneo, un ragazzo che vive lì e mi sono chiesto chissà quale scuola frequenta, come si troverà con gli amici? E che rapporto avrà con la sua famiglia? La mente è partita e le domande si sono fatte sempre più intense, specifiche. Quale sarà la sua routine quotidiana e chissà che cosa mangerà a colazione?

Certo mentre il mio pensiero correva libero generando tutte quelle domande più mi rendevo conto che è anche paradossale che qualcuno passi il tempo a “fantasticare” sulla vita di un ipotetico suo alter ego. Però è assolutamente possibile che un altro ragazzo di qualsiasi paese del mondo possa fare esattamente la stessa cosa mentre esplora con gli occhi l’area di casa mia e si ponga le stesse domande, questa volta rivolte verso un ipotetico me stesso.

Che cosa penserà un ragazzo del Giappone o del Texas o, semplicemente di un’altra area del nostro continente osservando qualche città italiana e vedendola come un mondo lontanissimo, davvero distante da lui e non solo in termini di chilometraggio.

Penserà al lungo viaggio aereo che lo separa dal “suo” mondo o si chiederà come saranno la nostra la cultura, gli usi e i costumi locali. Quanto dev’essere strabiliante per lui scoprire che in un piccolo luogo come Burano vi sono case così sature di colori o che a Modena d’inverno ci possa essere così tanta neve o, ancora, come Roma sia una città così estesa: fatti normali per noi ma così straordinari e affascinanti per lui.
Lo immagino mentre cerca di immedesimarsi nella nostra realtà che noi subiamo ormai passivamente, senza provare la minima emozione nonostante al nostro cospetto si palesi tutta una serie di opere d’arte architettoniche da far sbalordire chiunque. Come sarà per quel ragazzo vedere l’immagine della basilica di San Marco, o del Duomo di Milano o, ancora, del Colosseo, tanto per fare degli esempi semplici semplici?

Se vive in una zona climaticamente diversa dalla nostra quanto può essere affascinato dall’immagine di una spiaggia del Salento oppure dall’idea dell’umidità che si respira camminando in un bosco del Trentino? E l’odore dell’erba appena tagliata o quello che rilascia il bitume di una strada calda al cadere della pioggia?

Mi sono reso conto che, almeno per quanto mi riguarda, ciò che maggiormente mi attrae non è solo il desiderio di vedere altre parti del mondo – con tutti i parchi, le meraviglie architettoniche e naturalistiche del posto – ma vorrei vederlo e “sentirlo” come se fossi lui, l’altro, riuscendo a cogliere tutti i piccoli dettagli che, come dicevo, non percepiamo più nella realtà che ci circonda.

Tutto questo discorso potrebbe apparire difficile da comprendere, forse addirittura strano e stravagante, addirittura scollegato dalla fotografia mentre, al contrario, sono profondamente convinto che dovremmo spesso sforzarci di più nell’osservare a fondo quello che ci circonda, perché adottando questa “filosofia” si può riuscire a catturare la vera essenza di una scena, quella più pura e rappresentativa di ciò che si vede e di quello che si vuole fotografare, così da riuscire – ma l’ho già detto anche in altre puntate – a far percepire le sensazioni che abbiamo vissuto durante lo scatto anche a coloro guarderanno la fotografia solo come semplici osservatori.
Il mio è un invito a guardare anche la normalità delle nostre vite, della nostra realtà, così come lo farebbe un turista venuto da molto lontano.

 

Data di pubblicazione: settembre-ottobre 2020
© riproduzione riservata