Uta Theile | Osservatorio DigitaleCome si potrà facilmente evincere dal nome, il profilo di questo numero è dedicato a una fotografa di origini straniere che ormai vive in Italia da oltre 15 anni: Uta Theile. Appassionata d'arte e di fotografia, durante un momento di pausa della sua giovane vita di professionista decise di intraprendere un viaggio nel nostro Paese alla scoperta dei luoghi che da sempre affascinavano la sua mente, partendo da Firenze e dalla Toscana dalle molteplici cromie. Sembra di raccontare la storia di una favola ma, complice un treno preso per sbaglio, Uta si ritrova a viaggiare e scattare fotografie nella sterminata bellezza delle Cinque Terre dove incontra un ragazzo che, oltre a darle qualche informazione e ragguaglio sulla zona, la farà innamorare, di sé e dell'Italia, al punto da farle decidere che proprio qui sarà la sua nuova vita. Il paesaggio, il mare con il lavoro dei pescatori, le tradizioni locali, i volti delle persone e persino i cimiteri diventano in breve tempo i soggetti della fotografia di Uta Theile, una fotografia che ha basi radicate nella pittura e nell'arte in generale, una fotografia che vive in modo prevalente nel mondo del bianco e nero, e che ora andiamo a farci raccontare.

osservatoriodigitale: Raccontaci qualcosa di te, prima di tutto.

Uta Theile: Sono tedesca di Lipsia anche se sono cresciuta a Potsdam e poi, prima di trasferirmi in Italia, ho vissuto ad Amburgo dove ho lavorato sia come assistente alla regia in televisione e sia come fotografa. È stata una bella esperienza, ma a un certo punto ho deciso di prendermi una pausa di riflessione sotto forma di vacanza. Sono cresciuta affascinata dall'arte in generale, al punto di incentrare su di essa i miei studi superiori. Così, ho pensato, quale miglior modo di staccare dal lavoro se non fare una vacanza in Italia? Sono allora partita alla volta di Firenze e della Toscana. Il resto della storia lo hai già raccontato: dopo un breve periodo nel quale ovviamente sono tornata in Germania, oggi vivo e lavoro nella zona delle Cinque Terre, un fantastico angolo di mondo che, spesso, sembra essere più apprezzato dagli stranieri che dagli stessi italiani.

od: Questa non è certo una novità a proposito dell'attitudine degli italiani di porsi al cospetto delle bellezze di cui disponiamo, siano esse capolavori dell'arte o della natura; l'Italia è il luogo in cui si può trovare circa il 70% del patrimonio artistico mondiale ma sembra che la maggior parte della popolazione se ne dimentichi preferendo occuparsi di calcio, reality show e gossip. Ma torniamo a noi perché quello sarebbe un discorso infinito. Che cosa ti ha spinto alla fotografia?

UT: È stato come vivere un'estensione del mio amore per la pittura e l'arte in generale. Sin da adolescente mi piaceva fare fotografie in bianco e nero e poi passavo molto tempo nella mia camera oscura a sviluppare e stampare le immagini. Un processo che mi ha sempre affascinato e che ho utilizzato fino a quando mi è stato possibile. Sono passata al digitale "solo" nel 2001 e da allora ho abbandonato quasi completamente l'attività in camera oscura. Per la cronaca ho sempre utilizzato fotocamere Nikon analogiche ma per il digitale sono passata a Canon, prima con una EOS 5D, che ho ancora, e poi con una 5D Mark III.

Fotografia di Uta Theile | Osservatorio Digitale

Credo che per un fotografo sia importante cominciare dal vedere, imparare a cercare e capire l'immagine che si vuole realizzare. Io ho sempre dipinto e questo mi ha aiutato molto o, forse, ha semplicemente influenzato il mio tipo di fotografia ma è proprio da li che è nato il mio amore viscerale per l'immagine. Spesso, quando parlo con le persone che si avvicinano alla fotografia, mi sembra di percepire un vuoto culturale che limita la loro percezione di ciò che dovrebbe essere il fare fotografia, come se mancasse una sorta di bilanciamento tra l'informazione tecnica e l'approfondimento culturale. Mi ha meravigliato moltissimo che in un Paese ricco d'arte come l'Italia non si dia spazio alla cultura come meriterebbe, soprattutto a livello scolastico: ai miei figli sono io che insegno loro i concetti di base della pittura e della scultura affinché riescano a capire e ad apprezzare al meglio quello che vediamo insieme girando per l'Italia.

Alle origini della mia professione, invece, c'è il lavoro di ricerca svolto sin dal liceo con un gruppo di studenti che condividevano con me l'amore per l'arte. Poi ho cominciato a studiare fotografia e a lavorare, prima come assistente di alcuni professionisti e poi nel cinema e nella televisione. Quando arrivai a Monterosso e conobbi quello che poi sarebbe diventato mio marito ero in procinto di tornare in Germania e proseguire i miei studi con l'intento di diventare una fotografa professionista. Poi, invece, prevalse la componente sentimentale quindi decisi di tornare in Italia, sposarmi e fare la mamma a tempo pieno. Pensavo che queste occupazioni mi avrebbero allontanato dalla fotografia ma, al contrario, mi hanno aiutato a sviluppare maggiormente alcune capacità di osservazione, come la capacità di guardare i volti dei bambini e delle persone in genere così come di apprezzare il lavoro dei pescatori e il mondo della pesca in generale. Ho cominciato così a riprendere scene di pesca perché trovavo quel mondo meraviglioso oltre che affascinante, grazie anche alla possibilità di uscire sui pescherecci sia di giorno sia per la pesca notturna. È una vita molto dura quella che si vive a bordo, fatta di sacrifici e privazioni, oltre che di rischi e pericoli, una vita che oggi sono sempre meno coloro che sono disposti a vivere. La zona delle Cinque Terre ha una grande tradizione di pesca che purtroppo sta via via scomparendo: la manodopera arriva dal sud o dall'estero perché gli abitanti della zona ormai preferiscono dedicarsi al turismo, più facile e più redditizio. Questa zona, oggi visitata e vissuta moltissimo da stranieri – soprattutto americani – è meta di moltissimi visitatori ed è molto cambiata da quando ci arrivai nei primi anni Novanta, anche grazie alla realizzazione del Parco delle Cinque Terre.

Fotografia di Uta Theile | Osservatorio Digitale

od: È cambiato anche il paesaggio?

UT: In modo deciso, direi. Credo che la popolazione locale viva questa trasformazione solo in virtù dei benefici che si possono trarre immediatamente dalla crescita del turismo. È più facile aprire un'attività commerciale come un bar piuttosto che spezzarsi la schiena coltivando la vite o trascorrere ore e ore in mare. Un esempio di come è cambiato il territorio è stato dato dall'alluvione di un paio di anni fa, risultato di una terra lasciata andare, non più curata né coltivata. Io avevo cambiato casa da poco e sono tornata nelle zone del disastro e mi sembrava di essere stata catapultata nel tempo, nei luoghi del dopoguerra. Ho scattato molte foto che però non ho mai voluto pubblicare. Allora mi sembrava più opportuno andare su quelle scene tragiche con una pala invece che con la macchina fotografica; avrei voluto essere di maggiore aiuto ma, spesso, era impossibile raggiungere le zone devastate per motivi di sicurezza e di difficoltà oggettive di accesso a quelle aree. Ho fatto degli scatti di scene di grande devastazione, luoghi che conoscevo e ricordavo ameni e bellissimi solo qualche giorno prima ma mi sembrava di approfittare, non mi sentivo a mio agio; così le foto sono tutte li, nel mio archivio, a memoria di un brutto momento. Dal punto di vista umano ho notato una solidarietà a dir poco ammirevole, qualcosa in cui gli italiani sono formidabili: pensavo che quell'esperienza tragica avrebbe cambiato le persone nel loro intimo invece, col tempo e con il ritorno alla normalità, è tornato tutto come prima, dove ognuno vive e pensa per sé.

od: Che cosa è cambiato in Uta Theile, come fotografa, dall'arrivo in Italia?

UT: Ho vissuto il mio arrivo qui come se fossi la protagonista di una favola romantica: avevo trovato l'amore, la mia vita era cambiata e mi trovavo in un Paese che mi circondava di meraviglie della natura e dell'arte; pensavo di essere in Paradiso. Poi col tempo la favola si è un po' smontata quando ho visto la noncuranza e il disinteresse nei confronti di quelli che io considero beni universali. Nessuno si prende cura dei beni artistici e a pochi interessa l'integrità del territorio. Non voglio pasare per la straniera che viene a giudicare in casa d'altri ma, dopo diciassette anni, mi sento italiana e parte integrante del Paese in cui vivo. Diciamo che provo molta delusione e senso di incredulità. Come dicevo prima uno dei primi progetti in cui mi sono lanciata fu quello di realizzare delle fotografie che avessero la pesca tradizionale come soggetto. È stato un lavoro difficile perché, oltre alle normali attenzioni richieste dal lavoro di ripresa, dovevo prestare molta attenzione a come mi muovevo a bordo dei pescherecci, che uscivano in mare a prescindere dalle condizioni metereologiche. È stata una grande esperienza professionale e di vita che sono riuscita, anche grazie a mio marito che mi segue e mi aiuta molto quando non è in mare, a racchiudere in un libro che parla proprio della vita in mare, dei sacrifici, della fatica e dei problemi di que chegli uomini che ancora oggi scelgono di fare il pescatore.

Fotografia di Uta Theile | Osservatorio Digitaleod: Ci sono soggetti che però ami fotografare al pari della pesca però...

UT: Certamente. In queste zone, ma oserei dire in tutta Italia, c'è anche una grande tradizione religiosa che si manifesta in tutta una serie di paesi sparsi sul territorio fatta di processioni e feste locali che danno al fotografo delle opportunità incredibili. Colori, scene, volti che ti rapiscono letteralmente. Ancora una volta purtroppo tutto questo è a rischio perché scompare col tempo. E allora io cerco di scovarne il più possibile, visitare tutti i luoghi sacri che posso, non perché io senta una grande pulsione religiosa ma proprio perché questi offrono al pubblico delle bellezze che valgono assolutamente di essere viste e, se sconosciute, portate alla luce e alla consocenza di un pubblico più vasto. Come si può immaginare questi non sono lavori dalla valenza commerciale molto elevata: forse se lavorassi in una grande città come Milano o Roma troverei modo di ampliare il mio "business" personale, mentre qui tutto ciò è molto difficile. In occasione di una mia mostra in una cittadina ligure di grande richiamo turistico, qualche anno fa, il gallerista mi confessò che, nonostante le fotografie riscuotessero grandi consensi, lui avrebbe preferito che io gli avessi portato dei "panorami, delle cartoline" perché quelle si sarebbero vendute meglio... Quella non è la mia fotografia: io amo scoprire luoghi che sembrano dimenticati ma che nascondono beni preziosi da assaporare con gli occhi. Sono rimasta colpita anche da alcuni cimiteri locali, nei quali si possono trovare delle sculture che sono delle vere e proprie opere d'arte che li fanno sembrare come dei musei a cielo aperto.

od: Sembra di capire che la vita sia dura anche per un professionista della fotografia. non solo per i pescatori...

UT: Sì, è vero. Per vivere ho deciso infatti di dare una svolta "commerciale" alla mia professione realizzando foto di matrimoni però sempre a modo mio, con il mio stile e la mia idea di quel tipo di fotografia. Voglio qualcosa che sia sullo stile di un reportage invece che la solita testimonianza di un giorno importante. L'uso del bianco e nero e di un certo tipo di taglio delle immagini non sono molto accettate localmente, mentre trovano grande riscontro e apprezzamento tra gli stranieri che vengono a sposarsi qui, soprattutto americani che oggi sono molto numerosi. Mi piace scostarmi dai canoni tradizionali delle fotografia matrimonialista, cerco di mettere a frutto anche in quellle occasioni i risultati della mia ricerca. Non sempre, a livello professionale, ti vengono riconosciuti gli sforzi che fai per migliorarti, soprattutto se non fai fotografie di tipo commerciale.

Fotografia di Uta Theile | Osservatorio Digitale

od: Presti molta attenzione anche ai ritratti, un altro tipo di fotografia tutt'altro che semplice.

UT: Come dicevo all'inizio, al mio arrivo ho avuto molto tempo per studiare i volti delle persone e, in modo diretto con i miei bambini, gli atteggiamenti dei più piccoli. Ho fatto loro tante foto e ho imparato molto perché ho scoperto che è possibile catturare degli attimi, anche quando magari piangono o fanno il broncio, che però risultano sempre belli, raccontano dei momenti che poi ci aiuteranno coi ricordi. Allo stesso modo ho imparato ad accettare la sfida di riuscire a far risultare belle anche le persone che invece non si sentono belle per niente, che sono a disagio con l'idea di vedersi riprese. Quello che trovo interessante è riuscire ad arrivare all'anima della persona davanti all'obiettivo: credo che quando questo accade l'immagine finale riesce subito a trasmettere il vero carattere del soggetto ed è un successo per chi la foto l'ha realizzata. Mi piace fare ritratti perché i volti sono anch'essi delle forme d'arte.

Tutte le foto pubblicate sono © UTA THEILE PHOTOGRAPHY. Il sito di Uta Theile è visitabile all'indirizzo: www.uta-theile.com