Stefano GuindaniStefano Guindani: la fotografia professionale in ogni suo aspetto, dal creativo all’organizzativo.

L’attività di Guindani è, a dir poco, frenetica: lo incontro nel suo studio milanese nelle giornate che precedono i principali eventi della moda. Il fermento è totale anche se continua a trasparire un’atmosfera di calma e di tranquillità operativa. La Milano della moda ha ormai riassunto i suoi tempi accorciandoli del 50%, così i fotografi sono costretti a un tour de force notevole per poterli seguire in modo completo. Trentotto anni, cremonese,  sognava di fare il fotografo dai tempi della scuola, anche se la sua idea di professione si discostava già allora dal concetto di paparazzo. Festeggia i suoi primi vent’anni di carriera con un gruppo di persone che lo seguono, e inseguono, in uno degli spazi che occupa a Milano per svolgere il suo lavoro. Quarantacinque persone di cui diciotto sono fotografi che vanno in lungo e in largo nel mondo per coprire tutti gli eventi importanti della moda e dello spettacolo. Scattano oltre un milione di fotografie all'anno, di cui il 20% viene comunque mantenuto in archivio. Lo stesso Guindani scatta oltre ventimila foto l’anno, nei cinque continenti. Ovunque vi sia un evento di rilievo nel mondo della moda, lui è presente.

mariacarla bosconoosservatorio digitale: Parlaci un po’ dei tuoi inizi.

Stefano Guindan
i: Ho cominciato a fare foto di danza al teatro Ponchielli a Cremona perché mi piaceva molto anche se era un soggetto difficilissimo da riprendere, forse proprio quello più difficile che ho fotografato. Considera che allora c’erano molte limitazioni date dalla pellicola, non potevi utilizzare il flash e dovevi utilizzare sensibilità a 3200 o 6400 ISO, difficili poi da sviluppare. Riuscivi a fotografare bene durante la prova generale, dove però i ballerini non danno mai il massimo, così poi dovevi fare miracoli durante la prima perché non potevi fare rumore, magari coprendo lo scatto con un colpo di tosse perché le macchine erano rumorose.

Grazie a un’opportunità che mi è capitata sono riuscito a entrare al Guerin Sportivo dove ho provato a fare il fotografo sportivo, di calcio. Premesso che mi piace molto il calcio, dovendo mettere a fuoco in manuale e prevedere dove sarebbe potuta andare la palla, trovavo difficile fotografare perché a me piaceva seguire le azioni, mi divertivo di più a fare lo spettatore che il fotografo. Fare questa professione nel mondo del calcio, almeno all’inizio, comporta dei vincoli tecnici superabili solo se lavori già per un’agenzia importante o se sei ricco di famiglia perché ti servono teleobiettivi, tipo un 400mm, che costano cifre importanti, dai sette ai diecimila Euro; fare delle belle foto su un campo da calcio con un obiettivo normale è veramente difficile e ti può capitare di fare uno scatto bello ma portare a casa un intero servizio è davvero improbabile.

In seguito ho fatto ancora un po’ di teatro, fotografando personaggi, camerini e backstage prima di trasferirmi a Milano, dove ho lavorato con Olympia per otto anni facendo di tutto, dall’attualità ai ritratti, esclusa la cronaca nera. A un certo punto cominciato a fotografare le sfilate di moda e i relativi personaggi, e su quel mondo ho costruito questa struttura che oggi conta 45 persone, facendo dall’attualità ai backstage, dai cataloghi ai lookbook, dalle foto di beauty agli accessori. Il nostro lavoro va oltre le semplici riprese delle sfilate: lavoriamo alle prove e realizziamo le foto campione da distribuire in anteprima alla stampa, curiamo la diffusione di questo materiale per conto dello stilista, offriamo una serie di servizi anche molto delicati. Ovviamente un grande impegno è rappresentato dai reportage veri e propri al seguito di personaggi – ho appena finito un periodo al seguito di Armani a Tokio in occasione dell’apertura della Armani Ginza Tower. In passato ho fotografato la prima sfilata al mondo sulla muraglia cinese con Fendi, lo scorso anno sono stato di nuovo in Cina con Versace e ora sto partendo per Shanghai per un lavoro con Ferragamo: mi piace molto quello che facciamo perché ci permette di essere a contatto con personaggi molto famosi ed essere sempre coinvolti in progetti importanti che danno anche molta soddisfazione e non solo dal punto di vista economico. Ovviamente continuo a fare backstage e sfilate perché sono lavori molto piacevoli e tecnici al tempo stesso, dove c’è anche una buona redditività, non lo nego: la nostra agenzia si propone sempre di fornire un servizio di ottimo livello, di grande qualità e, a differenza di quanto possano fare altre realtà, le nostre foto escono solo dopo aver ricevuto l’approvazione del cliente. Se facciamo un lavoro per Armani le foto vengono pubblicate solo quando Armani stesso le ha approvate, e lo stesso avviene con chiunque lavori con noi, dal cliente più grosso al più piccolo.

Valentino Garavani

od: Si dice che il lavoro del fotografo italiano sia in declino, a favore dei professionisti stranieri, sei d’accordo?

SG: È vero e non è vero al tempo stesso. Ci sono tantissimi fotografi bravi in ogni parte del mondo ma è anche una questione di numeri; ad esempio, se in Italia siamo mille, solo a New York sono quindicimila, senza tener conto degli altri stati, quindi c’è molta più scelta. Per lavoro ci vado di frequente, e ogni volta conosco almeno cinque o sei fotografi; c’è da dire anche che là gli uffici di produzione, gli uffici stampa e di PR che gestiscono i lavori sono molto più forti degli italiani, riescono a dare molto più valore sia ai fotografi sia a tutti gli altri professionisti che partecipano a un lavoro. Non credo sia una questione di snobismo da parte del mercato nel voler utilizzare solo fotografi stranieri e queste critiche non le accetto, soprattutto da parte delle agenzie: a oggi non ne vedo molte, oltre la mia, disposte a far crescere i fotografi giovani; credo di essere davvero l’unico che ha aperto tutto il mio mondo ai suoi giovani collaboratori. Ognuno di loro ha il proprio spazio sul mio sito con la biografia, il portfolio, e ogni nostro cliente può chiedere di lavorare con uno di loro; anzi, spesso sono io stesso che lo incoraggio a sceglierli perché in certi campi sono davvero molto bravi e si propongono anche con costi contenuti. Certo, posso capire che Armani voglia me perché ci lavoro da dieci anni e sa già che lavoro gli consegno; ma questo non significa nulla: ci sono ragazzi che seguono le sfilate e portano a casa dei lavori ottimi.

Ci tengo a dire che qui da noi si lavora duro perché ci sono delle regole precise e io sono molto esigente, ci tengo moltissimo al buon nome dell’agenzia: nonostante questo ricevo ogni settimana decine di telefonate di fotografi che vorrebbero venire a lavorare qui. Io pretendo che tutti i fotografi vadano agli eventi vestiti in modo elegante seguendo il famoso "dress code", non si fermino a cena e non perdano il tempo a corteggiare le hostess della serata: questo potrà sembrare strano ma in passato, a causa del comportamento becero di alcuni fotografi, tutta la categoria ne ha risentito, soprattutto dal punto di vista dell’immagine professionale. Per questo motivo è tassativo che i professionisti della SGP (l’agenzia di Guindani, ndr) alle feste e agli eventi dove sono presenti cerchino di essere il più possibile trasparenti, perché sono lì per lavorare non per mescolarsi con il resto degli invitati e fare salotto. Dato che oltre la metà del nostro fatturato è realizzato direttamente con i clienti non possiamo trascurare nulla, per cui è fondamentale anche l’atteggiamento tenuto dal nostro fotografo: certo, conta molto anche la tecnica, ma oggi apprenderla è più semplice che imparare a parlare, a comportarsi, a fare pubbliche relazioni. Per farti capire quanto sia importante il modo di presentarsi prendiamo ad esempio un paio di fotografi, Testino e Meisel, che sono diventati delle leggende lavorando per Vogue, che rimane l’unico vero giornale d’immagine in Italia capace di creare dei mostri sacri. Oggi a una sfilata di Versace ti rendi conto che Mario Testino è più star lui di Gwineth Paltrow o di Madonna; oppure si dice che Steven Meisel voglia un maestro sushi sul set anche se lui non mangia pesce crudo: le notizie che girano intorno a questi due fotografi servono ad alimentare il mito e tutto questo non accadrà mai a un professionista maleducato e senza classe, questo è poco ma sicuro.

Comunque far crescere al meglio un giovane fotografo, per un’agenzia è un obbligo morale oltre che imprenditoriale, visto che guadagna in percentuale sul suo lavoro e credo assolutamente che un’agenzia, per essere sempre più forte, debba investire sui nuovi fotografi.

 

Donatella Versace

od: Come mai hai sentito la necessità di creare una tua agenzia?

SG: Già ai tempi di Olympia trovavo triste tutto il sistema di agenzie che c’era in Italia: oggi credo che ci sia una pletora di fotografi che si lamentano di non avere lavoro ma che non sono disposti a sacrificarsi per ottenere dei risultati, capaci solo di lamentarsi delle agenzie e degli scarsi guadagni. Spesso quelli che si lamentano sono proprio quelli che hanno meno voglia di fare e sono ancora convinti questo sia un ruolo in cui basta imparare a fare bene le foto e il gioco è fatto.

od: Magari era un atteggiamento che poteva andar bene negli anni Sessanta…

SG: Forse nemmeno allora, perché si doveva sempre lavorare duro per arrivare al successo. È cambiato qualcosa dal punto di vista tecnologico e, paradossalmente, oggi si lavora ancora di più: se, vent’anni fa, alla fine del servizio correvi in stazione a mettere i rullini “fuori sacco” (un servizio offerto dalle poste che obbligava tuttavia il destinatario ad aspettare l’arrivo del treno su cui il plico viaggiava, ndr) e avevi finito, oggi devi scaricare il servizio e preoccuparti di spedirlo via Internet facendo magari le quattro del mattino anche se hai finito a mezzanotte; sotto questo aspetto i tempi si sono molto ristretti e arrivano a proporti anche dei lavori a Tokio, dove oggi vai, domani scatti e poi torni: magari non accetti, ma te lo propongono lo stesso.

Asia Argento

od: Però molti si lamentano del fatto che non ci sia più spazio per i fotografi nel mondo dell’informazione e, a differenza di un tempo, il loro lavoro sia pagato malissimo.

SG: Non vorrei sembrare troppo duro ma credo che davvero ci sia troppa gente che non ha voglia di fare fatica e di fare; tanti giovani che si presentano da me vorrebbero fatturare in breve tempo delle cifre importanti magari solo perché, essendo usciti da una scuola costata loro moltissimo in termini di denaro oltre che di studio, credono di avere già tutte le carte in regola per questa professione. Se vedono che non ci riescono subito o si scoraggiano o si arrabbiano perché si mettono subito in competizione con colleghi più esperti credendo di avere la stessa capacità professionale, anche se non è vero; non capiscono i loro limiti. Anche esercitando un'altra professione, come l’architetto ad esempio, prima di prendere incarichi per lavori di un certo prestigio si deve lavorare almeno dieci anni. Il solo lato negativo nell’avere un’agenzia è proprio quello relativo alla gestione del personale.

Il discorso dei compensi è un altro lungo discorso ma, anche in questo caso, bisogna essere in grado di valutare correttamente il proprio lavoro in rapporto a quello degli altri. A volte ci sono persone che restano stupite dai nostri preventivi ma, da sempre, lavoriamo solo con le nostre tariffe evitando di piegarci alla corsa al ribasso imposta dal mercato perché, ancora una volta, è una questione di qualità del servizio offerto: se hai mille euro vai da uno stilista a comprarti un abito, mentre se ne hai cento vai al mercato. Allo stesso modo si deve valutare anche il lavoro di un fotografo.

Martina Colombari

od: Tu fotografi molte “celebrities”. Come hai cominciato?

SG: Facendo dei piccoli servizi, da solo, lavorando per gli uffici stampa che, se fai bene, cominciano a chiamarti. Poi, facendo un po’ di pubbliche relazioni, a poco a poco entri in contatto con i personaggi che, a loro volta, capiscono come lavori, si fidano di te e ti chiamano direttamente; ancora una volta le cose vengono da sole, con il tempo. Pongo di nuovo l’accento sul tempo perché, in questo mestiere, gioca un ruolo molto importante.

od: (Osservando un paio di borse pronte all'uso in prossimità della porta del suo ufficio) Tutto Nikon, vedo…

SG: Si, nel mondo della moda è così, quasi tutti usano Nikon, specialmente adesso con l’arrivo della D3 (la nuova fotocamera full-frame di Nikon, ndr – ved. od dicembre 2007) anche se in passato, con l'avvento del digitale e dei sistemi autofocus, Canon era la più utilizzata. Poi c'è stata una breve parentesi Nikon e di nuovo fortemente Canon, ma ora quasi tutti in questo settore sono passati a Nikon per motivi tecnici.

od: Cioè?

SG: Il sistema di autofocus Nikon e i flash, soprattutto, sono molto veloci e precisi, io li trovo più utilizzabili in situazioni difficili come le sfilate di moda rispetto ai prodotti Canon anche se questo può essere un parere personale: penso che non ci siano paragoni tra i due sistemi, credo proprio che l’unico vero limite di Canon siano i flash. I miei colleghi alle sfilate mi dicono che in una sola sessione cambiano magari venticinque impostazioni del flash per ottenere la luce giusta e alla fine non c’è mai una foto uguale all’altra. Con Nikon, invece, quelle poche volte che mi capita di utilizzare un flash montato sulla macchina ottengo sempre dei risultati eccezionalianche con le impostazioni automatiche. Poi adesso con la D3, ripeto, mi trovo benissimo, è una macchina fantastica.

od: È molto che lavori in digitale?

SG: Si, credo che la mia sia stata la prima o la seconda Nikon digitale arrivata in Italia: forse Giansanti (Gianni, ndr) ha preso la prima e io la seconda.

Ilary Blasi

od: Perché sei passato al digitale?

SG: Perché sono un grande appassionato di tecnologia e sono attratto da tutte le ultime novità (mi mostra uno speciale accessorio coreano che ha appena trovato da B&H Photo Video a New York e di cui va molto fiero). Ho utilizzato per un po’ Canon, con cui mi sono trovato comunque bene, prima di passare di nuovo a Nikon. Sulle macchine Canon ho trovato che il sistema di profilazione dei colori sia davvero formidabile e più facile da impostare rispetto a Nikon; però, come dicevo, per il mio lavoro trovo l’autofocus e i flash di Nikon  dieci volte meglio. Trovo che il nuovo 70-200 mm di Nikon non sia all’altezza del precedente 80-200 mm, di cui sto facendo incetta: ne ho appena comprato uno usato in Giappone perché trovo quest’ottica molto superiore rispetto al nuovo modello, è molto più incisa, a parità d’impostazioni ovviamente. Sto parlando di scatti fatti con le due ottiche a fianco a fianco alle sfilate: i risultati sono sorprendenti a favore dell’80-200. Parlando di corpi macchina, prima della D3 ho utilizzato la D1, la D200 e poi la D2X.

od: Cosa pensi dei sensori full frame, poiché un tempo si diceva non fossero così importanti?

SG: Per me il sensore full frame è una scocciatura (anche se lo dice sorridendo, ndr). Il maggior utilizzo, a livello di scatti, l’ho durante la Settimana della Moda dove, su cento sfilate, almeno sessanta sono di nostri clienti. Prima giravo solo con l’80-200, ora con il sensore pieno mi devo portare anche il 300 mm, un peso e ingombro in più che col sensore APS non avevo. Certo, con i nuovi sensori la qualità dei RAW adesso è ancora meglio, ma credo siano soprattutto scelte commerciali, così ci obbligano tutti a comprare un po’ di obiettivi nuovi. I costi d’altra parte si contraggono e quel che oggi costa mille tra un anno o due costerà meno della metà; pensa che l’altra settimana in Cina ho comprato delle schede di memoria da due gigabyte a dieci dollari e si sono meravigliati che non provassi nemmeno a trattare il prezzo: un anno fa costavano dieci volte tanto, se ti ricordi.

Stefano Guindani lavora sodo e si vede ma, a dispetto del suo successo, è rimasto una persona normale, alla mano e questa sua caratteristica sembra pervadere l’intero ambiente di lavoro: collaboratori attenti, disponibili, sorridenti, quasi lo fossero per contratto. Come si dice l’esempio vien dall’alto e mai, questo, mi è sembrato più vero.
Desidero ringraziare Alessia Vignali, Helga Tripi, Chiara Gavioli e Riccardo Piccioni per la collaborazione prestata al fine di rendere possibile questo servizio.

I siti su cui è possibile ammirare i lavori di Stefano Guindani sono www.stefanoguindani.com, www.sgpitalia.com, www.dzfashion.com o, ancora, www.spazio.tv

Tutte le immagini ©Stefano Guindani