L'immaginatore 3' pQuesto mese il nostro immaginatore ufficiale, Gabriele Dardanoni, si sofferma su un passaggio fondamentale nel cammino che ci porta a ottenere un'immagine ottimale: la correzione della cromia.


Stabilite le dimensioni dell’immagine che ci serve si passa alla fase iniziale della correzione delle singole immagini da utilizzare. Via software si analizza e si bilancia l’immagine, ma per fare questo anche il software deve essere impostato correttamente...

Che il nostro sia il tempo dell’immagine non è certo una considerazione nuova o sorprendente. La comunicazione visiva assume sempre più un ruolo di importanza primaria a tutti i livelli e per rendersene conto non serve osservare riviste o cartelloni pubblicitari, per i quali, ovviamente, l’importanza dell’immagine è addirittura scontata. Per capire fino a quale punto l’immagine ha preso un ruolo predominante nella nostra vita quotidiana è più interessante analizzare alcuni prodotti, che tradizionalmente facevano a meno del supporto iconografico e che oggi non vengono nemmeno presi in considerazione se non adeguatamente illustrati. Basterà pensare ad una semplice relazione aziendale di un quadro o di un impiegato, oggi corredata spesso anche da foto oltre che di grafici e colorazioni degli schemi che le rendono più attraenti e certamente più comprensibili. Si esamini una tesi di laurea dei nostri giorni paragonandola a quella di qualche anno addietro. Anche in questo caso quale che sia la facoltà, gli studenti hanno capito che insieme ai contenuti del loro studio debbono trasmettere alla commissione con le immagini il senso del loro lavoro. Persino le ricerche dei ragazzini delle scuole medie sono oggi presentate come collages di immagini corredate da testo mentre un tempo, essendo impensabile ritagliare le enciclopedie, ci si doveva limitare al solo compito scritto!

Gli esempi e le considerazioni sulla necessità di comunicare attraverso le immagini anche in quei settori che tradizionalmente non ne facevano uso, potrebbero essere numerosissimi, qualche volta addirittura sorprendenti.

Ma prima di entrare nel dettaglio del lavoro di ritocco e preparazione delle immagini bisogna anche fare un’altra considerazione che il nostro “immaginatore” non dovrebbe mai dimenticare. Le immagini sono tutte e sempre false.

Non esiste una modella che venga fotografata per apparire su una pagina pubblicitaria senza che la lavorazione della foto si interponga per migliorare quello che già madre natura aveva fatto in modo eccellente. Non esiste cielo di panorama che venga pubblicato che sia come in realtà appariva nello scatto, non esiste pelle stampata i cui pori non sia stati ridotti o resi meno evidenti. Non esiste auto che abbia tutti i riflessi che aveva sullo scatto… e via così per tutto quello che ci appare la più naturale e semplice delle immagini.

Siamo talmente abituati a vedere le immagini di una realtà che non esiste che la vera realtà finisce con essere sempre deludente o non completamente soddisfacente.

L’immaginatore questo lo deve sapere e quindi per prima cosa deve trasformare la sua materia grezza, lo scatto, in un prodotto raffinato, che abbia quei requisiti di veridicità che l’abitudine comune ci ha ormai instillato.

Solo successivamente, volendo aggiungere una componente creativa, l’immaginatore prenderà una o più immagini di base e comincerà a lavorare per generare quella nuova immagine che ha in mente e che costituisce il suo vero lavoro creativo.

Sono numerosi i programmi con cui si possono modificare le immagini ma nessuno contesta il fatto che lo standard nel modo sia dettato da Adobe Photoshop,. Pertanto, senza volere emettere un giudizio di perito sul prodotto, mi riferirò alle sue funzioni principali per il lavoro di ritocco ed elaborazione delle immagini tenendo conto che le nuove versioni offrono sempre strumenti più raffinati e semplici da utilizzare ma che gli elementi di base erano già disponibili alcuni anni addietro e che pertanto i criteri che andremo indicando non richiedono necessariamente di avere la release più recente del software. Anzi, per la verità ogni software di ritocco fotografico ha tali funzioni e, in relazione alle sue specifiche caratteristiche, ciascuno può trovare il modo di effettuare tali operazioni con il programma di cui dispone.

Per prima cosa bisognerà impostare il programma in modo da avere una riproduzione del colore sul monitor che sia in qualche modo congruente con le realtà e con il risultato di stampa. È questo un argomento molto complesso ma per i nostri fini sceglieremo degli standard più o meno universali che ci permetteranno, quanto meno, di avere un riferimento oggettivo.

Tra le impostazioni del programma bisognerà selezionare la gestione del colore e scegliere lo “spazio di lavoro” cromatico per gli standard RGB, CMYK, grigi e colori spot. Personalmente vi suggerisco i valori.

RGB = sRGB IEC61966-2.1

CMYK = Euroscale coated v2

Grigio = guadagno punto 20%

Spot = guadagno punto 20%

Queste impostazioni definiscono il modo di interpretare i colori nei vari casi (e quindi anche le conversioni da uno standard all’altro) e di presentarli sul monitor. Interessante notare che il “guadagno” del punto per i grigi e i colori piatti è un valore medio che permette si avere sul monitor una visualizzazione più simile alla carta stampata “media”. Lo schiacciamento del punto infatti è l’effetto di “spanciamento” del singolo puntino retinato di una stampa offset che, in relazione alle caratteristiche della carta, della qualità delle lastre litografiche e della inchiostratura rende differente la resa ottica di tonalità intermedie tra lo zero ed il colore pieno. Per verificarlo basterà aprire la stessa immagine, meglio se in grigio, con valori molto diversi del “dot gain”. Risulterà evidente la differenza visiva della stessa immagine con due valori molto diversi.

Per la massima precisione bisognerebbe impostare il valore sullo zero o su un 5%, ma il rischio che si corre è quello di ritoccare delle immagini preparandole in modo che non potrà poi avere corrispondenza in stampa. 20% è un valore medio buono, una stampa su una carta bella con un procedimento tecnico corretto.

Seconda scelta da effettuare è quindi la scelta del sistema con cui lavorare. Per motivi di “peso” dei file e in relazione alle caratteristiche dei CCD, le immagini digitali sono memorizzate in RGB e pertanto verrebbe da dire che questo sia lo standard con cui si debbono lavorare.

Invece io suggerisco di effettuare immediatamente una conversione i CMYK, ovvero in quadricromia. Innanzitutto perché la differenza principale tra i due sistemi di gestione del colore è che il sistema RGB, lo stesso della TV, è di tipo sottrattivo, mentre il sistema di normale quadricromia è di tipo additivo.

Noi siamo abituati a pensare alle stampe dei colori scuri come stampe in cui c’è più colore o inchiostro, mentre nelle, tonalità chiare ve ne è meno. In RGB invece i colori scuri hanno valori bassi e quelli chiari valori alti. In effetti su un monitor il nero è dato dalla mancanza di segnale mentre per fare un bianco brillante bisogna che vi sia il massimo della emissione di luce e quindi un segnale più forte.

Vi è anche un altro motivo che mi induce a suggerivi di lavorare in CMYK al posto che in RGB. Lo spazio colore del sistema RGB è più ampio di quello della quadricromia, il che vuol dire che in RGB è possibile avere una gamma più ampia di colori. Ma questo, che apparentemente sembrerebbe un vantaggio, diventa una grave limitazione nel momento in cui viene stampata l’immagine, perché persino le stampanti da ufficio di media/buona qualità lavorano a quattro colori, non parliamo poi delle applicazioni professionali di una immagine che va su una rivista o su una pubblicità. Pertanto lavorare in CMYK evita che i ritocchi siano fatti con uno spazio cromatico troppo ampio per la stampa, in compenso se l’immagine finale deve essere resa in RGB alla fine del lavoro in CMYK si può sempre tornare allo standard RGB con la consapevolezza che, essendo il suo spazio coloro più ampio, certamente rispetterà le tonalità impostate in RGB.

Vi sono poi altri sistemi di colore, alcuni dei quali eccellenti in quanto ad ampiezza dello spazio colore e alla possibilità di controllarne i parametri, come ad esempio il sistema LAB ma sconsiglio a chi non abbia una specifica esperienza di cimentarsi nella lavorazione delle immagini con tale sistema.

Ultima annotazione per chi si accinge a lavorare una immagine: non utilizzate la codifica a 16 bit che il programma potrebbe offrirvi perché la maggior parte dei software con cui potrebbero essere utilizzate le immagini non supporta questa specifica e pertanto le foto saranno poi inutilizzabili con altri programmi quali quelli di impaginazione.

Prima di aprire la prima immagine e iniziare le correzioni bisogna ancora notare che il bianco e il nero, in quadricromia, hanno specifiche caratteristiche a cui bisognerebbe attenersi. Per il bianco sembrerebbe che la mancanza di colore, ossia 0 di Cyan, 0 di Magenta, 0 di giallo(Y) e 0 di nero (K), sia accettabile. In realtà nella stampa offset, che si avvale dell’incisione di lastre, la tolleranza minima di sui si tiene conto è del 3% e pertanto in un fondo bianco con una lievissima sfumatura si potrebbe vedere in stampa una macchia nelle tonalità che vanno dallo 0 al 3% e quindi si preferisce non avere mai nelle immagini delle tonalità inferiori a questo valore. Inoltre per le pubblicazioni uno spazio bianco di una foto vicino al suo margine tenderebbe a dare una impressione di sagomatura della immagine che i grafici non gradiscono. Pertanto il bianco in quadricromia deve settato con dei valori superiori al 3%. Io utilizzo. 5% di Cyan, 4% di Magenta, 4% di giallo e 0% di nero. Anche per i valori massimi dei singoli canali vi sono delle limitazioni anche se la traduzione del nero completo in quadricromia viene definita direttamente dallo standard Euroscale che si è scelto per l’impostazione dello spazio colore (C=95, M=83, Y=82, K=90).Ma non si deve dimenticare che tale valore è la traduzione secondo lo standard Euroscale del nero e che, in realtà, spesso si ricorre a neri “più carichi”. Il limite è dato ancora una volta dalle caratteristiche di assorbimento del colore da parte della carta. In generale bisognerebbe curare che nessun colore raggiunga il 100% dell’inchiostrazione e quindi il limite che suggerisco per la impostazione del nero è di C=96, M=94, Y=94, K=80.

Per impostare i valori del bianco e del nero in Photoshop è sufficiente aprire il controllo delle curve del colore, nella parte bassa del quadro compaiono tre pipette, una per il nero, una per il bianco ed una per il mezzo tono. Con un semplice doppio clic si possono impostare i sin rispettivi valori. Per il grigio lasciare un valore del 50% è una scelta corretta. L’uso delle pipette sull’immagine facilita la prima impostazione della cromia. Aperta una immagine, convertitala in CMYK, si apre il controllo delle curve dei colori e , selezionando la pipetta bianca si tocca il punto della foto che sappiamo essere bianco, poi con la pipetta nera si sceglierà il punto che vogliamo diventi nero. Le curve di colore si modificano immediatamente in modo che nei due punti scelti le percentuali di colore siano quelle che sono state impostate come bianco e nero e l’intera immagine si modifica in conseguenza. Il problema si ha quando – e succede spesso – nessuna parte della foto può essere identificata come bianca o come nera….

Foto originale (RGB)

Foto CMYK

La foto originale in RGB e la sua semplice conversione in CMYK. Lo spazio di colore meno ampio della quadricromia si nota soprattutto del cielo e nelle nuvolette.