Editoriale

Giugno 2018, Anno XII, Numero 5

Ezio Rotamartir

 

Faro de Peñiscola, Spagna - osservatoriodigitale di giugno 2018, n.o 89

Ci sono momenti bui e ci sono momenti cupi: quello che stiamo attraversando in questo periodo, in questi anni, in quest'epoca è forse la somma di tutti e due. Sono anni oscuri come la notte ma anche cupi, di una tristezza che attanaglia il cuore delle persone comuni e, ancor di più, di coloro che hanno uno spirito artistico, libero, che non conosce barriere o confini.

Forse qualcuno starà pensando che mi riferisco all'attuale situazione politica del nostro Paese ma non è così o, meglio, non solo. Vedo sicuramente espressioni di dissenso da parte di una porzione di popolazione mentre sento plausi e lodi da un'altra: per natura si è portati a criticare o ad amare qualcosa o qualcuno senza averne profondamente capito l'intenzione o il valore reale, semplicemente perché "a pelle" ci si sente affini o avversi a ciò che accade.

Parlo invece in modo più ampio, in senso lato – come si usava dire un tempo – perché mi colpisce la pochezza del significato intrinseco delle forme d'arte, tra le quali pongo la fotografia in prima linea, che ogni giorno ci vengono proposte. Arte modernissima, futura e futuribile, immagini sfuocate, prive di significato, volutamente mosse, colori forti ma nell'insieme immagini vuote, insulse, avulse da ogni contesto: immagini forti volte a colpire chissà quale parte dell'animo umano che, al contrario, si è ormai abituato a tutto, anche al peggio.

Da qualche anno a questa parte anche i premi più ambiti finiscono col premiare immagini che riguardano una forma fasulla di "pietas", che vedono quasi sempre protagonisti popoli vittime di situazioni limite per l'esistenza umana, immagini che dovrebbero spingere a riflettere chi le guarda solo per il loro contenuto carico di emozioni e umanità e che, al contrario, vengono modificate, contraffatte, adattate a un mercato di tarocchi, di false realtà che ormai nemmeno i cinesi sono più capaci di realizzare.

E allora ecco l'idea del faro, un tempo immagine simbolo dell'aiuto, del soccorso "luminoso" a chi navigava in acque tribolate: è proprio in questi momenti che si deve partire alla ricerca del proprio faro, della propria luce guida, senza attendere che, ancora una volta, arrivi qualcuno a proporci un bell'aiuto preconfezionato, che contenga (e magari nasconda) idee alle quali adeguarci senza pensare.

Ecco, forse, il segreto: pensare, risvegliare quella voglia di capire che ci porta a confrontarci senza combatterci, a comprendere senza prevaricare, ad amare un'idea senza trasformarsi in hooligans.
Pensare quindi vivere che si potrebbe riassumere, come diceva quel tale, cogito ergo sum.

Ezio Rotamartir