Il 25 luglio 1937 fu un giorno critico e drammatico nella storia della Guerra Civile Spagnola: le truppe del generale Franco avevano infatti riconquistato il piccolo villaggio di Brunete, a ovest di Madrid, i repubblicani erano stati costretti a battere in ritirata sotto un tiro incrociato e in mezzo a loro si trovava anche una giovane fotografa di nome Gerda Taro.

Gerda non smetteva di fotografare tutto l’orrore che le si parava dinnanzi agli occhi, correndo i medesimi rischi dei combattenti per la libertà con la quale lei stessa condivideva la quotidianità di quei giorni crudeli.

Per continuare a scattare la sua serie di foto, la Taro saltò sulla pedana di un camion che trasportava dei feriti verso l’ospedale. Il camion entrò però in collisione con un carro armato e Gerda rimase letteralmente schiacciata fra i due: il giorno successivo morì per le ferite riportate.

Le fotografie del 25 luglio non furono mai trovate.

Gerda Taro, al secolo Gerta Pohorylle, era nata a Stoccarda nel 1910 da modesti commercianti ebrei. L’ascesa del Nazismo aveva costretto la Taro a rifugiarsi a Parigi, dove cominciò a lavorare per l’agenzia fotografica “Alliance-Photo”. Fu proprio in questa agenzia che conobbe Endre Erno Friedmann, un giovane emigrato ungherese, anch’egli ebreo e anch’egli appassionato di fotografia, che il mondo oggi conosce con il nome di Robert Capa. Anche lei aveva cambiato il proprio nome, inventandosene uno ispirato dal pittore giapponese Taro Okamoto.

Nel 1936 Gerda Taro ottenne il suo tesserino di fotogiornalista e si recò in Spagna insieme a Capa. Lui e la Taro condivisero tutto, vita privata e lavoro, e non si lasciarono mai fino alla morte di lei. Fu proprio Gerda Taro che, per amore e ammirazione, inventò il mito del ricco fotografo americano Robert Capa, che non era mai venuto in Europa e le cui origini erano misteriose. In realtà il suo intuito femminile l’aveva portata a comprendere velocemente quanto un alone esotico e misterioso potesse essere utile a far emergere uno fra i tanti giovani fotografi che bazzicavano l’agenzia per cui lei collaborava; l’amore di lei e l’innegabile bravura professionale di lui fecero il resto e crearono quella che è in assoluto la coppia di fotografi più tristemente glamour della storia della fotografia.

Gerda viveva nell’ombra di Capa perché ne era profondamente innamorata, ma le sue fotografie non erano meno valide di quelle del suo compagno e guardandole si vede il talento di questa giovane e sfortunata fotogiornalista che il cinico mondo della fotografia tende a dimenticare. Chi ne comprese fin da subito il talento fu sicuramente Capa, tanto che spesso i due inviavano i rullini all’agenzia di stampa senza distinguere il lavoro dell’una e dell’altro.

Gerda Taro fu la prima fotogiornalista uccisa in un conflitto e il 1' agosto 1937, giorno del suo compleanno, venne seppellita al cimitero del Père-Lachaise, a Parigi: al funerale presenziarono migliaia di persone, il suo elogio funebre fu tenuto da Pablo Neruda e Louis Aragon, e la sua lapide fu creata da Alberto Giacometti.

Quel giorno venne sepolta la donna, ma nacque il mito.