Logo PMAIl calendario dei grandi eventi dedicati al mercato fotografico ci aveva lasciato in quel di Colonia a fine settembre con un Photokina un po' sotto tono ma comunque foriero di interessanti novità nella fascia medio-alta, tanto da farci dimenticare certi preoccupanti segnali che già avevano accompagnato la fine dell'estate. I sei mesi scarsi che hanno condotto alla seconda manifestazione per ordine di importanza, il PMA di Las Vegas, sono stati sufficienti per presentare uno scenario radicalmente mutato. Di volumi di vendita, fatturati e andamento economico parla approfonditamente anche questo mese l'apposita rubrica Mercati; per quanto ci riguarda cerchiamo invece di decifrare le tendenze tecnologiche attuali prendendo lo spunto da quanto si è visto - e non si è visto - al PMA per qualche riflessione in merito.

PMAIniziamo dal basso, dalle compatte: un settore nel quale gli annunci si susseguono senza sosta alcuna (circa una cinquantina solo durante il PMA) e dove spesso l'arrivo di nuovi modelli è dettato più da un'esigenza puramente marketing di presidio di una particolare sottocategoria di prodotto che non da una presenza di novità effettive. La fascia entry-level si sente minacciata dalle crescenti capacità fotografiche dei telefoni cellulari e corre ai ripari aumentando il proprio corredo funzionale; il che crea un "effetto spinta" verso la differenziazione nel resto del settore. È interessante tenere d'occhio quanto va diffondendosi tra le compatte per la duplice conseguenza che i loro superiori volumi di produzione hanno sul resto del mercato fotografico, reflex comprese: la riduzione dei costi di produzione e il maggior impulso alla ricerca e al perfezionamento delle tecniche di base. Tra le caratteristiche che i progettisti di compatte sembrano ritenere ormai irrinunciabili ne vogliamo segnalare in particolare due: innanzitutto la doppia stabilizzazione ottica e digitale dell'immagine, "accessorio" la cui evoluzione è sempre benvenuta in quanto permette di utilizzare lenti meno veloci portando a un concreto risparmio nell'acquisto dell'attrezzatura fotografica, e che negli ultimi tempi ha compiuto grossi passi in avanti con soluzioni innovative come quella utilizzata nella Olympus E-620. Poi, in un mondo nel quale i mirini Live View sembrano essere ormai un complemento obbligatorio di ogni nuova reflex (in particolar modo se dotata di capacità di ripresa video), l'adozione di display OLED non può che far piacere a chiunque ritenga nel suo diritto utilizzare una macchina fotografica digitale anche in pieno sole.

Per dovere di cronaca, per pallino personale e per manifesto interesse dei lettori di od, che sappiamo essere particolarmente attenti a questa tematica, vogliamo rilevare anche come le case produttrici stiano puntando a completare le rispettive offerte di compatte con modelli subacquei. Certo, si tratta di macchine resistenti fino a 3 metri di profondità rivolte agli apneisti occasionali, agli snorkelisti estivi, non certo apparecchi adatti a immersioni con autorespiratore. La loro diffusione promette tuttavia di allargare il pubblico potenzialmente attirato da questa speciale quanto entusiasmante branca della fotografia e, di riflesso, dare un ulteriore impulso agli scafandri e agli accessori subacquei per DSLR. In fondo, come si dice, l'appetito vien mangiando e la fotografia non fa eccezione, come testimonia il gran numero di persone che entra nel mondo delle reflex dopo l'incontro con una semplice compatta. Siamo certi che lo stesso potrebbe accadere anche per la foto subacquea portando a un mercato più ampio che significherebbe prezzi più accessibili, distribuzione più capillare, maggiori alternative disponibili e più ricerca tecnologica dedicata verso il traguardo che molti attendono da tempo: l'indipendenza da costosi scafandri che devono essere progettati e realizzati su misura per ogni singolo modello di reflex.

JVC EverioIl PMA ha confermato poi una tendenza che avevamo già rilevato a Colonia: il proseguimento del cammino verso la convergenza tra fotografia e video HD. Le voci di corridoio davano per certa la presentazione di nuove reflex entry-level Nikon e Canon capaci di registrare video in alta definizione, ma a quanto pare il clima economico ha avuto la meglio su questi presunti annunci. Ma se i due colossi sono rimasti silenti su questo fronte, altrettanto non hanno fatto Olympus, con la sua Micro Quattro Terzi GH1 (video 1080p a 24 frame per secondo), e Sony con la bridge HX1 (sempre 1080p ma a 30 fps). E sempre verso la convergenza, pur partendo dall'approccio opposto, si muove anche la JVC Everio GZ-X900, presentata come "hybrid cam" che abbina alla registrazione video 1080/60i la possibilità di scattare fotografie da 9MP... il confine tra le due discipline si fa sempre più labile, introducendo però un problema di non poco conto destinato a tenere impegnati designer e progettisti per i prossimi anni: l'ergonomia.

Esiste un buon motivo per cui l'aspetto di una tradizionale macchina fotografia è immediatamente distinguibile da quello di una tradizionale videocamera. Lo scenario d'utilizzo dei due apparecchi è completamente differente, tanto che dimensioni, pesi e "interfaccia" (mirino, pulsanti e regolazioni) tengono conto di condizioni operative del tutto diverse. Filmare con una reflex tenuta a 50 cm. dal corpo per poter seguire l'azione sul mirino Live View può rappresentare un'utile ginnastica per i muscoli delle braccia e un buon motivo per disporre della stabilizzazione ottica o digitale, ma fa anche capire ben presto la ragione per la quale le videocamere a obiettivi intercambiabili sono progettate per essere appoggiate su una spalla. Al contrario, per scattare fotografie occorre una maneggevolezza ben superiore rispetto a quanto offerto da apparecchi studiati per essere utilizzati su un preciso asse rispetto al corpo dell'operatore. Se la tecnologia digitale permette di combinare abbastanza facilmente le due tipologie di ripresa, dal punto di vista del design si apre un capitolo del tutto nuovo la cui esplorazione inizia solo ora.

RED EpicCrediamo che una possibile soluzione al problema - non certo l'unica, ma per ora è quella più interessante - è quella esemplificata dal nuovo sistema modulare di RED Digital Cinema, azienda che per meglio definire i propri prodotti ha coniato la sigla DSMC (Digital Stills and Motion Camera). L'approccio è all'insegna del più completo "mix and match" a partire da una serie di nuclei contenenti logica e sensori di varie caratteristiche e dimensioni (dal formato 2/3" 10,1x5,35 mm fino all'esagerato 168x56 mm) per poi proseguire con moduli dedicati allo storage, all'alimentazione, ai segnali di I/O, agli attacchi per obiettivi e così via.

RED EpicIl cliente può in questo modo configurare il prodotto finito secondo le proprie esigenze mantenendo la flessibilità necessaria per ricombinare i moduli sia dal punto di vista funzionale che da quello strutturale a seconda della particolare applicazione del momento. Si può dunque affermare che nel caso di RED si sia "scelto di non scegliere" lasciando piena autonomia all'operatore e riconoscendo implicitamente la necessità di optare per soluzioni costruttive diverse a seconda dello scenario d'impiego. Notevole, in questo senso, l'esempio di unità da ripresa stereoscopica che vedete qui a lato, ottenuta semplicemente "raddoppiando" moduli utilizzabili anche in configurazioni più tradizionali.

Tornando alle DSLR, al PMA qualcuno ha lanciato un sasso nello stagno dei sensori. In un'intervista a CNET, il responsabile pianificazione reflex di Olympus, Akira Watanabe, ha affermato che è opinione della sua azienda che 12MP siano più che sufficienti per la maggior parte dei fotografi, e che è tempo di dedicarsi a perfezionare altri aspetti dei sensori come sensibilità, gamma dinamica e resa cromatica. Watanabe tira certamente acqua al mulino del Quattro Terzi, formato che si basa su un sensore decisamente più piccolo degli altri e dove una densità maggiore di elementi fotosensibili non farebbe che introdurre ulteriore rumore. A titolo di confronto, una densità di 12MP su un sensore Quattro Terzi equivale pur sempre a quasi 18MP su un sensore APS-C e 46MP su un sensore 35mm. Ma al di là dei dettagli numerici, l'importanza dell'intervento di Watanabe risiede nel dare voce a una richiesta che da tempo proviene da più parti e che, semplificando, potrebbe essere così riassunta: abbiamo ormai pixel a sufficienza, adesso concentratevi sulla qualità. In questo senso varrà la pena seguire da vicino quanto faranno i produttori più piccoli, quelli che - nella rincorsa alla famigerata "terza posizione" in classifica di un mercato dominato dalle inarrivabili Canon e Nikon - sono anche più liberi di sperimentare e proporre soluzioni particolarmente innovative.

E visto che si parla di alternative, come non menzionare la presentazione al PMA del concetto di "macchina ibrida" di Samsung con la sua NX. Qui, se le caratteristiche del prototipo saranno confermate, la novità non risiede tanto del sensore, un classico APS-C, quanto nell'abbinamento di un mirino elettronico a un corpo a obiettivi intercambiabili. Una soluzione progettuale che strizza l'occhio a chi è orientato all'acquisto di una bridge e che tra qualche mese potrà invece optare per un apparecchio di compromesso, alternativo ai modelli Micro Quattro Terzi rispetto ai quali vanterebbe un sensore più grande pur mantenendo dimensioni del corpo e degli obiettivi comparabili. Per Samsung si tratterebbe inoltre di aprirsi una nicchia indipendente dalla collaborazione in atto con Pentax e dall'attacco K; mossa che la casa coreana considera essenziale alla luce delle sue previsioni secondo le quali i sistemi ibridi dovrebbero contare per il 20% del mercato globale delle macchine fotografiche digitali entro il 2012, una fetta che può essere sottratta alle Quattro Terzi (Micro e non) qualora il decollo di questo formato mantenesse la lentezza vista sinora.

Si attendeva dunque un PMA sonnacchioso per via della crisi in atto, e in effetti non vi sono stati annunci epocali, né sono uscite dai cassetti talune novità vanamente attese già al Photokina. È normale che in una situazione economica oggettivamente difficile i leader del settore preferiscano evitare di bruciare inutilmente nuovi prodotti rischiando oltretutto di cannibalizzare le (scarse) vendite di quelli esistenti; la scena passa dunque alle aziende che devono ancora riuscire a ritagliarsi quote significative di mercato e che, peraltro, sono anche più libere di sperimentare nuove strade. Di certo, anche parlando con gli addetti ai lavori, si percepisce la sensazione di un settore che stia approfittando della "pausa" rappresentata da questa congiuntura per tirare il fiato dopo quasi un decennio di corsa sfrenata al digitale sfruttando l'occasione per riconsiderare alcune scelte date troppo presto per assodate. In altre parole, è come se si stesse chiudendo la prima fase della digitalizzazione, quella in cui un settore maturo passa a una nuova tecnologia di base conservando però le sue caratteristiche fondamentali tradizionali, e sulla base delle esperienze accumulate si iniziasse a ripensare prodotti, processi e modelli capovolgendo l'approccio seguito finora. La crisi, in questo senso, può avere un effetto acceleratore; non sorprendiamoci quindi se la ripresa ci proporrà equilibri diversi da quelli che ben conosciamo e, soprattutto, scenari operativi significativamente differenti rispetto agli abituali.