Storie di luceChe cosa c'è di meglio di una citazione biblica per l'esordio di una nuova rubrica? Nulla, soprattutto se l'argomento di cui tratta è proprio la luce: sì, la scintilla che dona la vita alla fotografia, la componente senza la quale non saremmo qui a parlare di tutto questo. Fino a oggi su osservatoriodigitale non ci siamo mai occupati direttamente di questa componente fondamentale ma ora è giunto il momento di farlo e, per l'occasione, abbiamo fatto squadra con uno dei maggiori protagonisti mondiali del settore, un marchio che di illuminazione se ne intente davvero. Stiamo parlando della svedese Profoto.

Insieme percorreremo tutte le maggiori tappe dell'apprendimento relativo alla corretta illuminazione di un soggetto, visualizzando schemi e prodotti che verranno impiegati di volta in volta, partendo dalle situazioni più semplici ed elementari, come l'impiego di una sola fonte di luce, on oppure off camera come si suol dire, fino ad arrivare ai setup più complessi che si usano negli studi professionali: un modo come un altro per capire come viene gestita l'illuminazione per ottenere delle immagini perfettamente esposte. Probabilmente alla maggior parte dei fotografi basterà fermarsi alle fasi intermedie – a livello di setup e complessità – ma, crediamo, sia sempre bene conoscere anche ciò che apparentemente potrebbe non interessare al fine di cogliere alcune sfumature che potrebbero farci nascere delle idee.

Per iniziare, quindi, parliamo dell'alternativa professionale agli speedlite, i flash che normalmente si utilizzano sulla fotocamera oppure di pilotano attraverso dei controlli remoti.

L'idea di base nasce proprio dalla necessità di avere un'alternativa o un supporto all'illuminazione naturale che cade sul soggetto, così da nasconderne le ombre e modellarne i contorni in modo più o meno definito: anche qui, vedremo nelle puntate a venire, come alcuni accessori "passivi" possono influenzare il comportamenteo delle fonti luminose al punto da rendere più morbida o più dura l'incidenza della luce sul soggetto.

Profoto B2 usato come flash a slittaProfoto ha un catalogo decisamente vasto al riguardo ma, da sempre, i fotografi che utilizzano la luce artificiale si sono ingegnati per modificarne l'effetto a volte inventando degli apparati all'uopo. Volendo, come si vede dall'immagine, è possibile anche utilizzare delle monotorce come se fossero degli speedlite anche se non è certo quello il loro utilizzo più indicato.

Partendo dal presupposto che tutti conoscono le caratteristiche di illuminazione dei flash tradizionali, appunto i cosiddetti Speedlite, andiamo ad analizzare quali sono i vantaggi e le differenze che portano a preferire gli illuminatori monotorcia.

Per questa puntata prenderemo ad esempio il modello D1, entry level della famiglia Profoto, che può benissimo competere con i più prestigiosi flash a slitta a partire dal costo che, è leggermente più elevato, ma consente di avere una vera e propria riserva di potenza e di luce da far impallidire gli speedlite. Ovviamente parliamo di materiale professionale e/o delle marche più note: non prenderemo in considerazione certo i prodotti sino-taiwanesi da poche decine di Euro.

La potenza di un D1, che va dai 500 ai 1000 Watt/secondo, garantisce una quantità di scatti a piena potenza praticamente infinita: mai più noiosi sibili di ricarica che, con gli speedlite a batteria, sono irrimediabilmente inevitabili. La qualità del lampo è garantita nel tempo e in tutti gli scatti effettuati, proprio grazie alla qualità della lampada e del gruppo di alimentazione che garantisce l’erogazione costante e controllata della potenza elettrica. Con una monotorcia, indipendentemente dal modello, è possibile illuminare una serie diversa di ambienti e situazioni, siano esse raccolte oppure location di grande dimensione.

Attualmente i due modelli D1, (in realtà tre perché ce n’è anche uno – il D1 500 – che non prevede l’utilizzo e l’impostazione dei valori attraverso l’impiego di un Air Remote, come avviene con gli altri due modelli definiti appunto Air per indicarne la compatibilità . Questo tipo di controller dello scatto, montabile su fotocamere Canon o Nikon, permette oltre al normale trigger di scatto anche di controllare tutta una serie di parametri che vanno dai canali di scatto alla potenza di emissione del lampo e così via) offrono un controllo totale del tipo di luce prodotta anche attraverso una serie di modificatori che, comne detto in precedenza, saranno oggetto di una delle prossime puntate. Sono flash a filo che hanno un numero guida rispettivamente intorno a 70 e 120 metri a 100 ISO, per il D1 500 e il D1 1000, livelli praticamente impossibili da raggiungere con qualunque flash a slitta.

Un grande vantaggio offerto dalle monotorce è la cosiddetta “luce pilota”, una fonte luminosa – oggi spesso a led, quindi costante e sicura perché non si rischia di scottarsi né di bruciare eventuali softbox – continua che permette di creare l’inquadratura e lavorare sul soggetto, senza “abbronzarlo”, illuminandolo già come farà il flash al momento dello scatto: in questo modo sarà possibile regolare la potenza, spostare il fascio luminoso o posizionare in modo diverso il flash fino a raggiungere il setup perfetto per lo scatto.


Vedremo più avanti come solitamente un setup da studio è composta da almeno due o più lampade ma, utilizzando una monotorcia al posto di un semplice speedlite si potrà da subito beneficiare della sua duttilità e versatilità per ottenere risultati notevoli anche solo con un punto luce, sia in una situazione di studio sia all’esterno, magari in combinazione con un pannello riflettente, anche grazie all’ampiezza del fascio di luce prodotto e all’angolo di scena coperto.

Arrivederci alla prossima puntata.

Data di pubblicazione: aprile 2015
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