Monica SilvaIncontro Monica Silva in un locale di Milano molto affollato dove la gente arriva a gruppi e, rumorosamente, aspetta il proprio tavolo. Lei entra sola guardandosi intorno e attirando l'attenzione dei presenti; è l'immagine di una donna affascinante e sicura che si muove in un ambiente prevalentemente maschile, senza alcuna apparente difficoltà: il mondo della fotografia professionale. Giunta in Italia nella seconda metà degli anni '80 su invito di un'amica, Monica Silva nasce a Sao Paulo, una delle più grandi e turbolente città del Brasile, dove cresce e, per caso, comincia l'attività di modella. L'ambiente l'affascina subito ma, a differenza di quanto si può immaginare, non tanto per il glamour dell'ambiente stesso quanto per l'intensa attività fotografica che vi si svolge. Monica fotografa sin da ragazza con ogni tipo di apparecchio, dalle usa e getta alle tipiche "instamatic" dell'epoca, e trovarsi a contatto con sistemi di ripresa professionali la affascina decisamente. Sin da giovanissima ha mostrato un suo preciso carattere e, ancora una volta, pensa che non faccia per lei stare davanti all'obiettivo in quanto la fa sentire "come una statuina mossa da qualcun altro".

Ovviamente oltre a essere giovanissima è anche molto bella ma viene notata soprattutto per il suo portamento e la sua spiccata volontà di esprimersi. Una televisione locale che trasmette videoclip musicali la assume per condurre un programma ma, dopo la puntata pilota, Monica chiede tempo per recarsi in Inghilterra a studiare l'inglese: come annunciare i brani in scaletta se non si conosce la lingua nella quale sono girati? Zelante come al solito parte quindi per l'Europa dove la sua vita prende una svolta decisiva fino a quando, l'amica di cui si parlava all'inizio, la invita in Italia con la scusa di conoscere il Paese e, perché no?, fare ancora qualche sfilata o servizio fotografico come modella.

Questo regolarmente accade e, con l'occasione, Monica conosce gente di teatro, televisione e cinema che la porta a collaborare sempre più intensamente con il mondo della ripresa, fino a diventare aiuto regista di gente come Lucchetti, Richardson, Martinelli e Brugia. Per gli appassionati biografi molte altre notizie si possono trovare sula rete ma, ora, concentriamoci sulla fotografa professionista. Si diceva che ha sempre amato fotografare e quella passione, negli anni, non ha fatto che aumentare e definirsi maggiormente nella sua testa come una possibile professione, al punto da portarla a essere la fotografa che conosciamo.

Rosella Rasulo ©Monica Silva 2012

osservatoriodigitale: Come ha fatto Monica Silva a diventare quella che è oggi?

Monica Silva: Per desiderio e volontà. Credo che sia nella nostra natura la capacità di attrarre a noi quello che vogliamo, ma dobbiamo volerlo davvero, con tutta la nostra volontà. Fare la modella era interessante e gratificante, anche da punto di vista economico, ma personalmente non amavo sentirmi come una specie di manichino mosso da qualcun altro, secondo dei cliché predefiniti dalla moda del momento. Passare dietro la macchina è stato naturale, anche perché io ho sempre fotografato sin da piccola, così da poter esprimere il mio modo di creare le immagini.

od: Non dev'essere stato facile…

MS: Al contrario, per me è sembrato tutto naturale. Non voglio dire che la tecnica non conti perché sarebbe un'affermazione sciocca e pretenziosa: nel corso degli anni ho letto e studiato tanto i libri che parlavano delle opere dei grandi maestri cercando di capire perché avessero deciso di creare quel tipo di immagine, con quella luce e quel taglio. Studiare e capire quello che è stato realizzato nel passato è molto importante perché solo da lì si può imparare ed eventualmente creare qualcosa di personale. Guardando una foto mi chiedo che cosa mi piace di questa immagine oppure che cosa non mi piace. L'inquadratura, la luce oppure il posizionamento del soggetto, e allora penso a come la realizzerei io.

Sebastiano Filocamo ©Monica Silva 2012

Inoltre io adoro scherzare anche per spezzare un po' la tensione e, soprattutto, adoro entrare in sintonia con le persone e i luoghi che sto per fotografare, mi sembra che mi aiuti a rendere più calde le immagini. Anche negli studi fotografici c'è un'anima da scoprire e la magia di un fotografo è proprio quella di scoprire che cosa c'è dietro a ciò che appare. Noi fotografi siamo creatori di sogni e abbiamo gli strumenti per farlo. Infatti, oltre ai lavori che mi commissionano, io ho la necessità di creare dei progetti miei che mi passano per la testa. Diventa come una mia sala giochi in cui provo e gioco con quello che mi dice la mia fantasia: anche quando sono impegnata su progetti di lavoro cerco però di portare a casa uno scatto tutto mio, particolare che sfugge dai dettami dell'incarico ma che, sempre più spesso, finisce per essere lo scatto scelto dal cliente.

od: Nelle tue foto sembra esserci sempre gioia o, almeno, serenità. Come fai?

MS: È semplice. Il trucco, se di trucco si può parlare, sta nel porsi serenamente nei confronti di qualcosa che devi fare e questo, credimi, vale per un set fotografico come per la vita di tutti i giorni. Forse questo tipo di predisposizione interiore è più vicina a chi proviene da certe aree del mondo ma meno ai nativi del mondo cosiddetto occidentale, abituati e cresciuti con una formazione più razionale, meno spirituale. Io penso davvero che se una cosa la vuoi veramente questa, prima o poi, accadrà. Fin dai tempi della mia infanzia, quando ho cominciato a fare foto, ho pensato che un giorno avrei scattato anche io come i grandi con una macchina Hasselblad: allora non poteva esserci nulla di più lontano da me che venivo da una famiglia che certo non poteva permettersi lussi o distrazioni del genere. Oggi invece eccomi qua che realizzo servizi proprio con Hasselblad come se fosse la cosa più naturale del mondo.

od: Ma non hai cominciato subito così…

MS: No, ovviamente. L'inizio è stato come ti dicevo con macchine di ogni genere per poi passare, una volta in Europa, alle prime reflex, sempre a pellicola. Con quelle ho fatto la mia scuola vera. A ogni scatto associavo delle note che prendevo sul mio piccolo taccuino: segnavo lo scatto con l'indicazione dei tempi e dei diaframmi; poi cominciava la lunga attesa fino a quando il laboratorio non mi restituiva le foto sviluppate e stampate. A volte ero così ansiosa di vedere il risultato che non riuscivo nemmeno a dormire… Con il tempo e l'applicazione ho capito i miei errori e ho imparato a correggerli fino ad arrivare al punto di agire quasi automaticamente per quanto riguarda le impostazioni della macchina fotografica. Oggi so perfettamente il tipo di foto che voglio da un soggetto e mi concentro sul contenuto dell'immagine che sarà, invece che sull'aspetto prettamente tecnico. Questo non significa che non vi presti attenzione, anzi, ma non è più una fase di cui mi preoccupo, mi sento sicura delle scelte che faccio anche perché amo portare a casa un servizio con le foto già "a posto", nel senso che non voglio né amo trascorrere ore lavorando in post-produzione sugli scatti.

Un grande aiuto in questo senso me lo ha dato un grande Direttore Creativo del Corriere della Sera, Gianluigi Collin, che voleva da me solo poche foto selezionate come risultato di un assignment di cui ero stata incaricata. Mi sono imposta una regola che è quella di non scattare a vanvera. Torno a casa che magari ho solo venti scatti ma tra essi c'è quello in cui sono racchiuse la luce giusta e traspare la personalità della persona ritratta. Ho imparato che ci vuole disciplina in quello che fai e che col tempo questo paga: se guardo i miei archivi anche solo di cinque anni fa vedo un'altra fotografia fatta da un'altra persona. Negli anni mi sono evoluta e con me il mio modo di lavorare. È stata una palestra dura ma che mi ha obbligata a operare delle scelte anche in fase di ripresa, scelte delle quali oggi sono fiera e che hanno partecipato profondamente a definire uno stile mio personale che oggi in molti riconoscono.

Sposiamo il digitale ©Monica Silva 2012

od: Quindi non hai voluto imparare a utilizzare bene una fotocamera ma una tecnica.

MS: Sì, anche se oggi nel lavoro ho ristretto l'uso a due sole tipologie di fotocamere digitali. Oltre alla medio formato Hasselblad, una H4D 40, utilizzo moltissimo la mia adorata Nikon D3X che mi è valsa molti riconoscimenti e mostre, e che trovo molto versatile e potente al tempo stesso. Ci sono situazioni in cui non è possibile scattare con quei tipi di macchine e allora faccio foto anche con l'iPhone che mi lascia inosservata mentre riprendo scene incredibili della quotidianità. Su Facebook, dove ho la mia pagina social e pubblico questo tipo di foto, mi diverto a integrarle con i filtri Instagram e a dialogare con chi mi segue sulle possibilità offerte da app come quella. Non va mai dimenticato che un filtro può essere divertente e con una sua personalità ma non è la fotografia: per quella ci vuole altro, bisogna usare gli occhi e il cuore. Gli occhi devono allenarsi a vedere quello che il cuore dice loro di vedere e riprendere, se no la foto risulta vuota e senza personalità, anche se la passi attraverso tutti i filtri del mondo.

Tornando alle macchine devo molto a Nikon che, per prima, ha creduto in me e mi ha dato la possibilità di scattare con le sue attrezzature fino a farmi entrare, nel 2008, a far parte dei Nikon Pro Photographers come fotografo professionista; per loro faccio clinic e partecipo a eventi dove incontro il pubblico e mi confronto con le loro domande. Mi meraviglio ancora ogni volta che partecipo a qualcosa del genere, magari come avviene durante il Photoshow, dove incontro migliaia di persone che mi conoscono e seguono quello che faccio perché guardano i miei lavori sui settimanali con cui collaboro o sui blog e sui siti di fotografia. Per me è davvero una vittoria perché so di essere partita dalle posizioni più basse della classifica, come una qualunque, una situazione in cui potrebbero trovarsi davvero tutti e trovo che sia magnifico, ancora una volta l'affermazione di quello che ho sempre sentito dentro di me cioè che volere è potere.

od: Ma c'è ancora la voglia di provare a fare dell'altro?

MS: Altroché. Come diceva Nino Migliori (grande fotografo di cui c'è attualmente in corso una retrospettiva a Forma a Milano fino al 6 gennaio 2013, ndr) non bisogna mai stancarsi di sperimentare: io ho sempre sostenuto che già la natura sperimenta con noi che nasciamo con una faccia e moriamo con un'altra. Penso che la mia fotografia abbia subito molte evoluzioni nel corso degli anni e così sarà ancora in futuro, indipendentemente dal tipo di apparecchiatura o di filtro che userò. Non vorrei passare per una persona boriosa ma credo davvero nelle mie capacità e in quello che faccio. Ad esempio, quando sono stata a Tokyo per tenere un corso per conto di Hasselblad mi sono preparata per parlare della Psicologia dell'autoritratto. Appena arrivata però mi hanno detto che stavo per fare una pazzia, visto che è nota la propensione dei giapponesi a fare le cose in gruppo e mai da soie. Io ho risposto no, che avrei parlato di autoritratto e che il corso sarebbe stato un successo: così è stato e ancora oggi, i giapponesi che hanno partecipato mi seguono assiduamente su Internet e mi scrivono.

La sposa fantasma Tokyo ©Monica Silva 2012

Quello che ho capito nel tempo è che la gente va guidata, va presa per mano affinché impari a comprendere anche le cose che sono lontane dal normale modo di pensare. Ecco perché io credo che non sia importante parlare solo della luce e della tecnica ma di quello che mi porta a realizzare un'immagine: è la foto che deve parlare per me, non la tecnica che ho utilizzato. Proprio perché sono convinta che la fotografia sia un riflesso di quello che sei, di quello che hai dentro. Anche per questo motivo, dopo che ho finito un lavoro sono stanchissima perché ho dato tutta me stessa per cercare di entrare in una dimensione profonda che mi metta il più possibile in contatto con la personalità del soggetto che sto fotografando. Si potrebbe fare un discorso anche sul dolore. Purtroppo nella vita il dolore esiste, ma io sono convinta che si debba utilizzarlo per creare, per aiutarti a tirare fuori quello che c’è dentro di te sfruttando quella forza che altrimenti ti annullerebbe, rendendo la tua vita difficile da vivere e da comprendere. Invece bisogna reagire e piegare quella forza a nostro vantaggio, un po' come se fosse una piccola reazione nucleare che mette in moto una vera e propria catena di conseguenze. Io uso questo metodo anche per la fotografia e ottengo sempre degli ottimi risultati.

od: La tua fotografia si limita a qualche genere specifico?

MS: Inizialmente pensavo di sì e invece ho visto che sono aperta, se non a tutte, a moltissime esperienze: perfino a quella di fotografa d'interni. Forse è anche un segno dei tempi ma, ad esempio, dovevo scattare un progetto creativo dal titolo "Metamorphosis" con l'attore Sebastiano Filocamo e la scrittrice Rossella Rasulo, e cercavo una location di design che non avessi mai fotografato. Parlando con un amico, Alvin Grassi che è un interior designer, mi ha proposto di fotografare Santa Maria Foris, un hotel a Ravenna che aveva appena terminato di arredare. Così, con il permesso del proprietario, ho preso accordi per fare gli scatti. Sono talmente piaciuti che, in seguito, mi hanno commissionato altri lavori in altri loro alberghi di design in altre città: ancora una volta  come vedi, volere è potere. Questo è solo per dire che se credi veramente in quello che fai il mondo ti accompagnerà. Tu prima devi scommettere su te stesso, prima ancora che lo facciano gli altri. Questa è la regola che deve darti la forza per riuscire a emergere in questo oceano di fotografi.

Samuele Bersani ©Monica Silva 2012

Alcuni lavori di Monica Silva si trovano pubblicati su Max, Dove Viaggi, Flair, Vanity Fair, Io Donna, Style Magazine, Sette, Corriere della Sera, Grazie, Panorama Travel per citare alcune testate famose nel nostro Paese. Nel corso degli ultimi anni ha creato alcuni progetti d'arte fotografica come Life above All, (2008), ispirato alla mitologica Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters, On My Skin, (2010), ispirato al nudo d'autore, The Ego inside me (2011) e Metamorphosis (2012).

Una galleria completa delle opere di Monica Silva si può trovare sul suo sito ufficiale www.monicasilva.it