Gianluca DestroIn linea con quello che sembra essere il tema del numero, anche il professionista di questo mese è, in qualche modo, coinvolto con la comunicazione. Ovviamente, direte voi, per un fotografo non è molto difficile esserlo ma, nel caso di Gianluca Destro, il discorso è più complesso e completo di quanto si possa immaginare. La sua non è una storia comune, di quelle che potrebbero raccontare molti giovani professionisti dell'immagine, ma parte da una professione diversa dove, comunque, l'immagine è tutto: il controllo di qualità nella produzione delle banconote a livello internazionale. Un punto di partenza che lasciava presagire tutto tranne che una vita da fotografo...

osservatorio digitale: Ti incontriamo nella nuova sede di Grange, neo azienda italiana nel panorama della fotografia professionale, ma di questo parleremo più avanti; ora raccontaci di te. È interessante il percorso professionale che ti ha portato alla carriera di fotografo.

Gianluca Destro: Sono sempre stato appassionato di fotografia anche se sono solo pochi anni che svolgo davvero questa professione. L'immagine ha sempre giocato un ruolo importante per me, ma prima ero attratto dalle fotografie solo per il loro grande carattere espressivo, per le emozioni che riuscivo a trarne fotografando paesaggi in giro per il mondo. Poi, all'inizio, quando ancora studiavo e lavoravo come assistente, mi sono dedicato come molti a lavori considerati di basso livello, come i servizi matrimoniali. In mercati diversi dal nostro, come negli Stati Uniti ad esempio, c'è una concezione completamente diversa di questo tipo di fotografia: in Italia invece il fotografo matrimonialista è considerato uno "sfigato" anche dal punto di vista dei prezzi che è in grado di farsi pagare (nel numero di settembre 2009 od aveva pubblicato un'intervista a Landry Major che parla proprio di questo argomento, ndr). Da noi non importa se ti presenti con tutta la professionalità possibile: quando fai i matrimoni, o le cerimonie in genere, ti ritrovi spesso a parlare con persone disposte a spendere tra i centocinquanta e i trecento euro per un lavoro che si svolge lungo tutta una giornata. Capirai perché ho smesso quasi subito di fotografare in quell'ambito commerciale... Come dicevo prima ho fatto l'assistente anche per il fotografo che ha curato la campagna dell'abbigliamento di una grossa casa motoristica tedesca e mi occupavo anche di post-produzione grazie al fatto che avevo già un bel bagaglio di esperienza di camera oscura, un valore che oggi si riscopre quando ci si trova a lavorare soprattutto su materiale che deve essere trasferito in digitale.

Mont Saint Michelod: Pensi che la professione sia cambiata molto con l'avvento del digitale?

GD: Temo di sì. Stanno "scomparendo" le classiche tipologie e figure di fotografi che hanno e lavorano nel loro studio per lasciare spazio a una generazione di professionisti che è capace di guardare il mondo della fotografia a tutto tondo, a 360 gradi. Questo vale anche per i vecchi fotografi di successo che hanno raggiunto l'apice della popolarità negli anni Ottanta ma che non si sono saputi evolvere, continuando a pensare di poter vivere solo sul loro portfolio anziché studiare qualcosa di diverso che li portasse a raggiungere clienti diversi: ecco, da quel che so quel tipo di figura oggi non lavora quasi più. Nel mercato si è formata una grande frattura tra coloro che lavorano davvero e quelli che invece, per poterlo fare anche in minima parte, sono costretti a migrare verso nuovi lidi, senza tuttavia avere garanzia di successo.

od: Ma è cambiato anche l'approccio metodologico?

GD: In parte sì, dovuto alla diversità degli strumenti che si utilizzano; un tempo in fotografia si aveva ben chiaro un processo da seguire che partiva dalla pellicola, negativo o diapositiva che fosse, per finire con la stampa. Quel che oggi è cambiato è solamente che la macchina utilizza un mezzo diverso ma, se tu hai l'esperienza e la conoscenza di quel processo analogico, la puoi trasferire con facilità nel mondo digitale così da ottenere grandi risultati in tempi brevi o brevissimi. Certo bisogna sempre sapere esattamente che cosa si sta facendo, mentre il dramma è che oggi molti pensano che con una fotocamera digitale e Photoshop tutti siano ormai diventati dei grandi fotografi. Non è sufficiente aprire un comando e modificare due curve a caso per poter dire "questo è un viraggio seppia", devi avere ben chiaro qual è il processo che in camera oscura portava al viraggio seppia e ripercorrerlo in maniera digitale per poterlo ricreare a ragion veduta. È fondamentale, a mio avviso, anche per il fotografo moderno avere una conoscenza completa del mondo "tradizionale" proprio per essere in grado di poter esprimere la sua creatività in modo corretto, indirizzato. Come nella comunicazione si tratta di conoscere il modo migliore di usare un linguaggio.

Settimio Benedusi, che non ha bisogno di presentazioni, durante un incontro allo Spazio Forma di Milano diceva che la creatività è una componente fondamentale per un fotografo. Ma la creatività si esprime attraverso un linguaggio e il linguaggio dipende anche dall'aspetto tecnico; io sono convinto che solo attraverso una profonda conoscenza dello strumento, dell'aspetto tecnico, puoi essere davvero creativo. Per fortuna i linguaggi si evolvono e oggi si sperimenta molto, si confondono i confini tra fotografia e video ma alla base di tutto rimane sempre quello che in fotografia si fa dall'Ottocento: utilizzare la luce e le tecniche di base per la ripresa. Se non conosci il linguaggio puoi forse giocare con l'immagine: ma quella non è creatività, è muoversi per tentativi. Credo fermamente, anche se mi ripeto, che sia necessario per chi oggi inizia ad avvicinarsi in modo serio alla fotografia senza passare attraverso la camera oscura, studiarsi le basi che ne regolavano il ciclo di lavoro.

od: Esiste un'alternativa per ottenere risultati di livello?

GD: Certo, c'è sempre. L'alternativa è rivolgersi a un ottimo studio di post-produzione: una scelta che può costare parecchio dal lato economico e che, comunque, presuppone sempre che si sappia che cosa chiedere come intervento. Anche in questo caso mi ricordo un'esperienza che viene dal passato, quando si andava nei laboratori per stampare: se volevi un effetto o un lavoro particolare lo dovevi chiedere, dovevi sapere cioè che cosa era possibile ottenere con precisione; in caso contrario non venivi nemmeno considerato perché capivano di non avere a che fare con un professionista.

Ultima mattanza a Carloforteod: Continuando con la tua carriera...

GD: Ho provato la via del fotografo di viaggio, il mio sogno e ambizione era il reportage ma presto mi sono dovuto ricredere sul mondo che girava intorno a quella mia passione. Quello che faccio adesso lo faccio per un convinto interesse personale come, ad esempio, il mio ultimo lavoro monografico sulle Capitali della cultura europea, realizzato a Essen. Adoro la fotografia di paesaggio forse perché mi piace viaggiare ma non fare il turista. Ho avuto modo di spostarmi per il mio lavoro precedente in quasi ogni parte del mondo e ho sempre trovato il modo e il tempo per andare a scoprire un lato vero, reale, lontano dagli stereotipi proposti ai turisti di ogni posto che ho visitato. Allora ero visual inspector della qualità di stampa della banconote e lavoravo per un'azienda italiana che aveva come unico interlocutore un cliente svizzero, monopolista mondiale delle macchine da stampa, poi fusosi con un produttore tedesco di rotative. Noi eravamo l'azienda di riferimento per il calcolo numerico in tempo reale per i Paesi europei: quando sorgeva un problema pertinente al settore del controllo di qualità eravamo i primi a essere chiamati. Così ho viaggiato davvero molto e si è innescata la passione per la fotografia, prima a livello di hobby fino a quando ho deciso di fare sul serio e mettermi a studiare iscrivendomi all'Istituto Italiano di Fotografia. Tra i miei insegnanti ho avuto Beppe Bolchi, che ha lavorato moltissimo con polaroid e foro stenopeico, e Erminio Annunzi, fotografo di paesaggi che ha lavorato 20 anni in Agfa e ha una grande conoscenza del mondo delle pellicole: ora è anche mio amico, spesso ci troviamo per fare fotografie per poi sperimentare molto in camera oscura e durante le fasi di sviluppo dove, partendo da un procedimento a colori, finiamo per mischiare tecniche utilizzate con il bianco e nero. Tornando al momento in cui ho preso la decisione di studiare ho frequentato il primo anno al serale perché di giorno continuavo con la vecchia occupazione, poi ho deciso di fare il salto definitivo e mi sono iscritto anche al Bauer per colmare le carenze dell'Istituto sul linguaggio della fotografia. Una volta diplomato ho lavorato, come dicevo prima, in qualità di assistente per Paolo Caneva, gestendo il suo studio di Milano.

od: Quale corredo utilizzi?

GD: Attualmente ho due corpi Nikon D700 con cui mi trovo davvero a mio agio; non ho alcuna intenzione di passare alla D3 perché trovo che il corpo macchina sia troppo grande per reportage e non ho bisogno di quel tipo di potenza di scatto visto che non faccio fotografia sportiva. La qualità di ripresa e delle immagini finali, secondo me, è superiore rispetto alle fotocamere dello stesso livello di Canon. Mi piace però continuare anche a scattare in pellicola con 600 e Holga oppure anche fare lavori con il foro stenopeico.

od: Ma adesso veniamo a questa nuova avventura con Grange...

GD: Sì, è una novità recente risalente a qualche mese fa quando Grange, che si occupava di prodotti per il medicale, ha aperto una divisione per la fotografia professionale riportando in Italia la distribuzione del marchio Profoto. Adesso il parco prodotti si sta ampliando con le  fotocamere di precisione Alpa, costruite con una cura e precisione maniacale al punto da ricordare il lavoro dei maestri orologiai,  e altro che sveleremo presto.

Il mio lavoro, oltre al fisiologico supporto agli utenti e ai rivenditori, consiste anche nel seguire un nuovo canale di comunicazione, quella social e online, che permetterà all'azienda di avere un filo diretto con il proprio pubblico e la propria utenza. Già ora c'è un blog Profoto che seguo direttamente e che sarà in grado di fornire contenuti anche ad altri blog e siti correlati. Partendo da un interesse personale sullo sviluppo degli strumenti di Web marketing ho avuto la necessità di studiare e imparare le tecniche per l'ottimizzazione del posizionamento sui motori di ricerca che, adesso, posso finalmente mettere a frutto.

od: Ma non fotografi più?

GD: Per fortuna continuo ancora a fotografare, anche se il mio tempo adesso è davvero poco e lo devo organizzare molto bene. Vado, ad esempio, ancora a Venezia per Jaeger Le Coultre, prestigiosa orologeria svizzera, per la quale fotografo tutte le manifestazioni e gli eventi che si tengono in concomitanza con il Festival del Cinema. Collaboriamo da anni e lì fotografo ospiti e star che visitano l'area JLC dedicata. Di solito le immagini di quel finiscono poi sulle pagine di settimanali e mensili che, spesso, ospitano le pagine di pubblicità dell'azienda o i reportage sul mondo del cinema.

od: Una comunicazione legata a schemi tradizionali che sembra funzionare ancora.

GD: Assolve a un suo ruolo, ma certo è un settore estremamente fluido dove i metodi classici convivono con nuove tendenze, contaminazioni e riletture: ecco quindi iniziative del tutto inedite e semplicemente impensabili fino a pochi anni fa come quella dell'Ente del Turismo australiano, che recentemente aveva lanciato un concorso internazionale per trovare una specie di custode destinato a una classica isoletta paradisiaca del Pacifico: sei mesi ben pagati per dare da mangiare alle tartarughe, tenere un blog e scattare tante foto. Il ritorno di comunicazione di questa trovata è stato enorme, tanto da essere successivamente replicato altrove con caratteristiche molto simili. Oppure, per tornare nel mondo della fotografia vera e propria, pensiamo a iniziative come Canon Academy che forniscono contenuti a prezzi estremamente accessibili contribuendo a differenziare l'azienda in modo significativo. Il pubblico richiede informazione vera, e la comunicazione ha davanti a sé una infinita quantità di strade per rispondere a questa esigenza promuovendo nel contempo marchi e prodotti di riferimento. Si tratta solo di fare uno sforzo creativo rompendo gli schemi seguiti finora. Lo stesso blog Profoto ne è un esempio: anche qui, non ci limiteremo a pubblicare contenuti in maniera monodirezionale bensì useremo il blog come perno per costruire relazioni. È un momento molto stimolante per fare questo lavoro, e sono certo che i risultati saranno all'altezza delle aspettative.