Il grigiore dell’inverno e le temperature rigide a lungo andare intristiscono un po’, ma un modo per passare piacevolmente i mesi freddi c’è ed è visitare mostre. A Roma se n’è inaugurata una molto interessante pochi giorni fa e un’altra verrà aperta a febbraio. VISIVA e Officine International hanno da poco allestito al Museo di Roma in Trastevere una mostra fotografica dedicata al paesaggio, dal titolo “Il Paesaggio Italiano. Fotografie 1950-2010”. L’esposizione, curata da Walter Liva, presenta 134 fotografie che rappresentano un arco di tempo compreso tra il 1950 e il 2010 raccontando sessant’anni di storia del nostro paesaggio attraverso le diverse scuole di pensiero a cui sono appartenuti gli autori: si spazia dai pittorialisti, ai neorealisti, ai paesaggisti.

Fra i pittorialisti troviamo Riccardo Peretti Griva ed Enrico Pavonello, fra i neorealisti, Luigi Crocenzi, Gianni Borghesan e Nino Migliori, mentre nei paesaggisti compaiono i lavori di Bruno Stefani, Toni Nicolini, Ezio Quieresi e Francesco Radini (fotografi del Touring Club Italiano).

Fra i fotogiornalisti presenti in mostra spicca Giorgio Lotti, il cui reportage sull’alluvione di Firenze del 1966 è parte di un pezzo significativamente tragico della storia italiana del secondo dopoguerra.

Magistrali i lavori di Mario Giacomelli (di cui il museo lo scorso anno ospitò una personale) e di Ugo Mulas, in cui il paesaggio è strettamente connesso alla letteratura.

In pittura il paesaggio è nato in epoca rinascimentale e proprio ad una visione rinascimentale rimandano le opere del maestro Franco Fontana, che, da sole, meriterebbero un’esposizione a parte.

Il percorso si snoda come una sorta di viaggio per immagini che mutano con il cambiare della società e per il periodo che va dalla fine degli anni ’60 ai primi ’70 il pubblico si ritrova a camminare prima nei paesaggi marginali delle fotografie di Guido Guido e subito dopo nella nuova visione paesaggistica di Luigi Ghirri, che si allontana dal paesaggio cartolina per presentare una realtà a colori molto più urbana sia negli spazi desolati che nella quotidianità dei giorni.

Paesaggio italiano. Calabria, 1966. Fotografia di Gianni Berengo Gardin

La bellezza del Mediterraneo è rappresentata sotto forma di ricchezza culturale negli scatti di Giuseppe Leone, Ferdinando Scianna e George Tatge, poi il cammino si trasforma in un vero e proprio tuffo nel paesaggio urbano attraverso gli scatti di maestri come Gabriele Basilico, Mario Cresci, Olivo Barbieri, Luca Campigotto, Gianantonio Battistella, Vittore Fossati, Andrea Abati, Marco Zanta, Nicola Lorusso, Nunzio Battaglia, Vincenzo Castella. Di forte impatto le immagini in cui negli spazi urbani compare l’invasione della pubblicità con tutta la sua forza mediatica messa in risalto da Oliviero Toscani e Franco Turcati.

Il viaggio nel paesaggio italiano termina con i lavori di Massimo Vitali, Moreno Gentili, Cristina Omenetto, Giovanni Gastel, Marco Signorini, Marco Campanini, Maurizio Montagna, Samantha Banetta, Marco Citron, Luciano Gaudenzio, Massimo Siragusa e Maurizio Galimberti che ci conducono in spazi più frammentati, a volte alienanti, che rispecchiano anche le inquietudini della nostra società.

La mostra è visibile fino al 20 aprile, poi si sposterà in Croazia (a Zagabria, Zara e Fiume) in occasione del Semestre di Presidenza Italiana dell’Unione Europea, quindi a Lubiana e infine a Vienna.

L’altra mostra di cui vorrei parlarvi è quella che verrà inaugurata fra pochi giorni, per l’esattezza il prossimo 10 febbraio, sempre a Roma, alla Casa delle Architetture. Questa esposizione è interessante perché unisce fotografia ed architettura, connubio da sempre ben riuscito, e perché presenta lavori di un architetto italiano che fu uno degli artefici della prima urbanizzazione di trentuno umili insediamenti nella Pampa argentina a sud-ovest di Buenos Aires, ex avamposti di frontiera, cresciuti intorno alle stazioni ferroviarie e ai presidi militari, nei quali sorsero, tra il 1936 e il 1940, decine di edifici pubblici, primi segnali del progresso che sarebbe poi arrivato nella seconda metà del Novecento.

Francisco Salamone, facciata del cimitero di Azul. Fotografia di Stefano Nicolini

Si tratta di “Francisco Salamone, l’architetto della Pampa” con fotografie del fotografo e reporter free-lance Stefano Nicolini. È un progetto che comprende 34 immagini in due formati (30x40 e 60x90) in bianco e nero realizzate in stampa chimica ai sali d’argento su carta baritata e che esalta le caratteristiche professionali dell’architetto catanese nato nel 1897 ed emigrato in Argentina quando aveva solo quattro anni.

Il suo lavoro è stato definito dai critici come “un Art Decò di Stato, ibridata di classicismo e modernità in cui però prevale un’esuberanza espressiva che coniuga elementi funzionali e strutturali e il simbolico con il decorativo”. Le 34 fotografie di Stefano Nicolini sono un attento riconoscimento al brillante architetto catanese.

La mostra verrà inaugurata il prossimo 10 febbraio con una visita guidata in compagnia dell’autore e durerà fino al 28 febbraio.

Se siete a Roma non perdetele.

(data di pubblicazione: febbraio 2014)