L'Osservatrice Romana

La pubblicità per i prodotti fotografici

Monica Cillario

Una bella ragazza fa vendere molto più di un albero o di una casa: ovvero, com’è nata la pubblicità dei prodotti fotografici.

Il gran cancan suscitato da una recente pubblicità di un prodotto per la colazione mi ha fatto pensare al mondo pubblicitario in generale e poi, riflettendo e riflettendo, mi sono domandata quali siano stati gli albori della pubblicità di macchinari fotografici.

Noi siamo abituati, anzi, assuefatti alla pubblicità e spesso ci sembra che sia nata con noi, o che addirittura esista fin dalla notte dei tempi, ma in realtà è una grande invenzione relativamente giovane, nel senso che si è sviluppata solo due secoli fa.

E la pubblicità di prodotti fotografici? Qual è la sua storia?

Non ho certo la pretesa di esaurire l’argomento nei pochi paragrafi di un pezzo per la mia rubrica, però forse riuscirò a raccontarvi qualcosa in merito e, chissà, magari a stimolarvi ad approfondire il tema.

Spesso la pubblicità che si occupa del mondo della fotografia è improntata soprattutto a pubblicizzare elementi tecnici: zoom, flash, apparecchi digitali, roba pratica insomma.

In realtà però, ci dimentichiamo che, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, la fotografia è diventata popolare, nel senso proprio etimologico del termine; negli anni, in modo particolare nella Germania nazista - per quanto riguarda l’Europa - e negli Stati Uniti in generale, la macchina fotografica, nell’immaginario collettivo, si è trasformata in una sorta di scatola magica che poteva regalare un po’ di magia a tutti gli uomini comuni.

A questo punto devo dire per inciso che quando si parla di pubblicità per apparecchi fotografici si parla principalmente della Kodak, perché è stata la pioniera nel settore e le sue pubblicità sono entrate nell’immaginario collettivo di generazioni e generazioni di fotografi e di amatori.

Si narra che verso la fine del XIX secolo, George Eastman (appunto quell’Eastman della Kodak), disse a Walter Thompson (fondatore della famosa agenzia di pubblicità Walter Thompson Agency), che “una bella ragazza fa vendere molto di più di un albero o di una casa”.

Thompson dal canto suo fu l’ideatore di slogan entrati nella leggenda, come “The snapshot you want tomorrow must be taken today”, “Open Me First”, “Remember the time of your life”, “Share Moments, Share Life” e fu anche il fine stratega che convinse i giornali del fatto che quella che vendeva non era una semplice piccola scatola nera, ma bensì il fascino della fotografia.

Eastman, con il senso degli affari ci andava a braccetto e aveva capito prima degli altri che se il nascente mercato della fotografia era destinato a prosperare, di sicuro la pubblicità avrebbe giocato un ruolo fondamentale. Prima di questa geniale intuizione i prodotti per la fotografia erano pubblicizzati solo su riviste specializzate e quindi rivolte a un pubblico di nicchia.

Macchine fotografiche come la Kodak, richiedevano invece un approccio totalmente diverso: dovevano riflettere i desideri e i bisogni del mercato della classe media.

In parole povere: invece di sottolineare i particolari riguardanti un certo obiettivo e la velocità di uno specifico otturatore, si dovevano trovare forti immagini associate a slogan memorabili.

Eastman mise in gioco tutto se stesso in questa nuova avventura e alla fine coniò il famoso slogan: Voi premete il bottone, noi facciamo il resto.

Quello della pubblicità è però comunque un mondo complesso, uno slogan non basta, occorrono anche ricercatezza e cura nella grafica (ai bei tempi era così) e quindi vennero ingaggiati illustratori famosi come Frederic Remington e Fred Pegram e quando le illustrazioni furono sostituite dalle immagini fotografiche, la Kodak si rivolse a un maestro della fotografia: Edward Steichen.

Ma quale fu la linea di demarcazione, il passaggio decisivo?

Gli storici della pubblicità sono concordi nel dire che il momento topico fu quando i produttori si resero conto che non vendevano semplicemente apparecchi fotografici e pellicole, ma sogni, speranze e ricordi.

Vendevano la possibilità di mettere in pratica la lezione di Cartier-Bresson quando diceva che nell’istante in cui un fotografo decide di premere il dito per scattare, ecco, in quel preciso momento un attimo di storia viene fermato per sempre. E chi non vorrebbe fermare l’attimo di un istante della propria vita, almeno una volta impossessarsi del tempo e sentirsi onnipotente, sia pure per pochi secondi?

Questo i pubblicitari lo compresero benissimo e puntarono quindi dritti dritti alla meta: il mondo emotivo del consumatore medio.

Le due leve su cui fecero forza furono l’idea del “momento Kodak” come elemento aggregante della famiglia e il concetto di creatività individuale in un mondo impersonale.

Poi c’era un altro fattore importante: la semplicità.

Kodak GirlFermare l’attimo e creare qualcosa di bello doveva essere alla portata di tutti e per esserlo occorreva assicurare che fosse semplice metterlo in pratica. Un modo per evidenziare che tutti potevano riuscire a scattare una foto era mettere l’apparecchio fotografico in mano ad una donna. Se anche una donna riusciva a scattare una foto senza dover per forza avere conoscenze tecniche, allora voleva dire che si trattava davvero di un gioco da ragazzi. Questo ovviamente era il messaggio subliminale, ma non venne mai raccontata così, altrimenti le femministe chi le sentiva? Essere accusati di misoginia sarebbe stata una pubblicità controproducente e allora ecco che nacque la Kodak girl: la ragazza Kodak, carina ma non troppo ammiccante, la ragazza della porta accanto, simpatica, gentile e... capace di scattare foto bellissime senza troppi problemi.

I primi manifesti della Kodak girl evidenziano la sottile bravura dei pubblicitari: si vede una ragazza di una bellezza rassicurante, che mette d’accordo sia il pubblico femminile che quello maschile, con in mano l’apparecchio fotografico; ma sia la ragazza che l’apparecchio hanno un’importanza di secondo piano, ciò che campeggia è la scena fotografata dalla ragazza e dall’apparecchio, quello cioè che con pochi semplici gesti anche una donna è riuscita a realizzare portando con sé una Kodak.

Erano decisamente avanti, soprattutto se si pensa che non sto parlando di un’epoca pubblicitaria di ieri, ma dell’altro ieri, perché le prime pubblicità Kodak uscirono nel 1892 e nello stesso anno nacque la prima Kodak girl. Da allora a oggi, la pubblicità di strada ne ha fatta tanta, ma molte delle tecniche usate dai pubblicitari sono sbalorditivamente rimaste invariate nel corso degli anni.

Ad esempio, il culto della celebrità è sempre stato una delle armi più potenti dell’arsenale pubblicitario e la Kodak questo lo aveva intuito fin da subito, tanto è vero che già agli inizi del Novecento aveva utilizzato l’opera di un famoso fotografo dell’epoca, Frank Meadow Sutcliffe, per promuovere il suo slogan pubblicitario “Tutto quello che potete fare con una Kodak”.

Mentre in seguito è passata alla storia (della pubblicità) la frase “Ma chi ti credi di essere? David Bailey?”, che nello spot televisivo del 1977 lo stesso Bailey pronunciava per pubblicizzare le macchine fotografiche (in questo caso Olympus). Bailey comparirà poi anche venticinque anni dopo in un’altra serie di spot pubblicitari per pubblicizzare sempre apparecchi fotografici Olympus ma questa volta digitali.

Se penso a quelle pubblicità e se poi rivedo quella del prodotto da forno cui accennavo all’inizio (che mi ha ispirato questo piccolo approfondimento), se permettete mi vien da ridere per non piangere, ma forse è solo un problema mio, non lo so.

Ad ogni modo so di non aver certo esaurito tutto quello che c’è da dire sulla storia della pubblicità dei prodotti fotografici, molto ci sarebbe ancora da raccontare; spero solo di avervi incuriositi, non ho altre pretese che queste. Per chi ne avesse voglia, consiglio la lettura del libro “Kodak and the Lens of Nostalgia” di Nancy Marta West (scaricabile anche on-line); se invece volete fare un piccolo tuffo nel passato pubblicitario, provate a dare uno sguardo a questo link: https://www.kodakmoments.eu/fr/historique/ e... buona nostalgia a tutti.

Data di pubblicazione: settembre 2017
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