L'Armonia Nascosta

Equivalenza

Giorgio Di Maio

Si è scritto dell’importanza del linguaggio, dell’uso dei segni per l’identificazione nella realtà dell’Armonia nascosta, del trattare la superficie della fotografia come quella del quadro, ovvero come piano bidimensionale.

Lago d’Iseo, 1990; da ‘alla fine…l’amore’, Museo dell’Opera di S. Chiara, Napoli, 1995 od84
Lago d’Iseo, 1990; da ‘alla fine…l’amore’, Museo dell’Opera di S. Chiara, Napoli, 1995

Si è scritto dell’importanza del linguaggio, dell’uso dei segni per l’identificazione nella realtà dell’Armonia nascosta, del trattare la superficie della fotografia come quella del quadro, ovvero come piano bidimensionale.

L’immagine ottenuta è quella nella quale gli oggetti ripresi sembrano perdere il loro fenomeno, mentre acquistano valenza gli elementi linguistici che li costituiscono quali linea, colore, forma, posizione, valore. Non di rado mi capita che il lettore sbaglia a posizionare le mie foto nel loro verso corretto.

Eliminando il contorno si estrapola nell’inquadratura una struttura, ossia un insieme di elementi organizzati secondo dipendenze interne: l’armonia si realizza in uno stato di quiete, nell’equilibrio di rapporti.

Ma, ci si potrà chiedere, ammesso pure che si riesca a fotografare o comunque a rappresentare l’armonia attraverso l’estrapolazione di frammenti dal reale, qual è il fine di una tale tipo di fotografia? Un meccanismo didattico per arrivare a fare belle foto? Foto attraenti? Foto spendibili sul mercato dell’arte?

Sul valore economico di una foto, sulla contemplazione e sul lavoro, in generale sulla figura del fotografo dell’armonia nascosta, si è già discusso in un precedente articolo. Invece: perché andare a ricercare per fotografare l’armonia?

Ecco che entra in gioco il concetto di Equivalenza che fu definito per la prima volta da Alfred Stieglitz che volle chiamare Equivalent una sua serie di fotografie di nuvole. Stieglitz fu una delle principali figure della cultura americana ai primi del ‘900: fu infatti editore, gallerista, teorico e critico. Creò la rivista Camera Work, che è forse il più famoso periodico di fotografia mai pubblicato, e la galleria 291 dove, oltre a fotografi artistici pionieristici come Edward Steichen, Alvin Langdon Coburn, Gertrude Käsebier e Clarence H. White, furono introdotti negli Stati Uniti artisti delle avanguardie europee del tempo, tra cui Henri Matisse, Auguste Rodin, Henri Rousseau, Paul Cézanne, Pablo Picasso, Constantin Brâncuşi, i dadaisti Francis Picabia e Marcel Duchamp.

La carriera di Stieglitz inizia in un momento in cui la principale tentazione dei fotografi era quella di imitare i temi e i risultati della pittura. Stieglitz è invece alla ricerca di un corrispettivo dell’astrattismo pittorico per realizzare fotografie che esprimano uno stato della mente. Gli Equivalenti sono secondo Sarah Greenough fotografie che hanno ceduto la loro identità. Le percepiamo come fotografie di qualcosa, pure se il qualcosa è diventato, in pratica, del tutto inessenziale. (1)

Il concetto di Equivalente ha trovato in Minor White il più importante, diretto continuatore. Per Minor White “L'Equivalenza è una funzione, un'esperienza; non una cosa. Qualunque fotografia, indipendentemente dalla fonte che l'ha prodotta, può fungere da Equivalente per qualcuno, qualche volta, da qualche parte. Se l'osservatore realizza che, per lui, ciò che vede nell'immagine corrisponde a qualcosa all'interno di sé e cioè che la fotografia riflette qualcosa dentro di sé, allora sta sperimentando un certo grado di Equivalenza.

La fotografia diventa così la metafora di un sentimento, l’abilità di usare il mondo visuale a fini espressivi. Minor White definisce queste fotografie estrazioni e scrive che “Un certo livello di mirroring avviene con ogni fotografia, ma risulta essere particolarmente forte con le fotografie rese in modo stilizzato o non letterale. Il mirroring è ugualmente forte nelle fotografie dove la presenza di un'idea è uguale o superiore al senso di presenza del soggetto che è di fronte alla fotocamera.” E conclude che “...la fotografia rappresenta una funzione invece che una cosa. ...Con la teoria dell'Equivalenza, a tutti i fotografi è dato uno strumento per utilizzare la fotocamera in relazione a mente, cuore, visceri e spirito degli esseri umani.

Ritornando allora alla domanda iniziale: quale è il fine di una fotografia volta alla ricerca di armonia nel reale? Il fine principale è la Pace.

Armonia significa l’essere d’accordo dell’individuo con ciò che lo circonda, un suo simile o la sua interiorità. Si fotografia l’armonia per risvegliare attraverso il mirroring la coscienza di una presenza pacifica e fraterna nell’uomo.

Bibliografia:

1 Guido Ferraro in LA FOTOGRAFIA. OGGETTO TEORICO E PRATICA SOCIALE, ATTI DEL XXXVIII CONGRESSO AISS, a cura di Vincenza Del Marco e Isabella Pezzini, Collana di Semiotica, Edizioni Nuova Cultura, Anno II, n. 6, 2011

Data di pubblicazione: novembre 2017
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