Editoriale

Luglio - Settembre 2023, Anno XVII, N. 118

Ezio Rotamartir

 

©Gabrile Basilico Beirut 1991 per osservatoriodigitale.it n.o 118 luglio-settembre 2023 per gentile concessione dell'Archivio Gabriele Basilico

Abbiamo ancora gli occhi buoni per vedere le cose come sono davvero? Oppure siamo ormai obnubilati da tutte le fesserie che ci vengono proposte in rete e che molto spesso guardiamo (e purtroppo assimiliamo) senza nemmeno premurarci di verificare che il gaglioffo che ce le propone dica il vero? Per distrarmi sono andato a una mostra di Gabriele Basilico.

La mostra parla dei suoi ritorni a Beirut nel corso degli anni, tra il 1991 e il 2011, due anni prima di morire, purtroppo oserei aggiungere.
Le foto sono impressionanti e mi hanno riportato indietro nel tempo quando anch'io visitai la capitale libanese subito dopo l'ultimo e definitivo "cessate il fuoco" per il conflitto civile durato oltre 15 anni.
È ovvio sono immagini forti, crude ma reali, addirittura capaci di portarti lì.
L'altro giorno ho sentito l'ennesimo saputello che mi diceva "ma chi compra più le macchine fotografiche oggi che ci sono i telefonini che fanno delle foto meravigliose?". Ecco un'altra delle bufale di cui ci siamo alimentati in tutti questi anni e che ci hanno portato a credere che la fotografia, quella con la F maiuscola, fosse un'attività e un'arte alla portata di tutti.

Guardo le foto di Basilico stampate in un formato grande, idoneo a una mostra. Sono foto in bianco e nero che testimoniano benissimo l'asprezza e il dolore post bellico della popolazione libanese, di un popolo che un tempo visse in una delle più belle e floride nazioni della terra, per ricchezza di cultura, di aspetto orogeografico e, sicuramente, anche di denaro.

Poi ricordo un'immagine in cui Basilico passeggia per le strade di una città distrutta portandosi sulle spalle un cavalletto con un banco ottico con il quale catturava le sue impressioni del luogo; e penso: ma lo farebbe anche oggi oppure sarebbe lì armato solo del suo iPhone (o qualcosa di simile)? Sono sicuro che anche oggi si porterebbe appresso la sua  Linhof Techinikardan da 4 pollici per 5, magari con un dorso digitale al posto delle lastre, certo, ma sempre con il suo strumento di lavoro.
Ma perché sottoporsi volontariamente a uno sforzo simile, perché non adeguarsi alla tendenza "main stream" che vuole il telefonino come unico mezzo per la cattura delle immagini? È davvero così diverso il risultato che si ottiene?
La risposta è ovvia, è sì, per tutta una serie di motivi che andiamo sottolineando da sempre ma che non entrano nella mentalità delle ultime generazioni (e ormai sono usciti anche da quelle degli appartenenti alle generazioni precedenti...).

Vogliamo parlare di latitudine di posa, di qualità delle ottiche, di controllo dell'esposizione, di grandezza del sensore e così via? Mille sono le ragioni per scattare con una fotocamera invece che col telefono. Probabilmente, ma dico solo perché amo essere possibilista, si potrebbe utilizzare il cellulare come un tempo si usavano le Polaroid, per vedere un po' l'effetto finale degli scatti prima di mettere mano alla macchina vera e propria; tra l'altro moltissime fotocamere oggi permettono il collegamento in diretta col telefono così che ogni scatto venga inviato all'istante alla memoria del telefono, rendendo inutile anche lo step a cui ho appena fatto riferimento.

Certo, ci vuole tempo, pazienza ma soprattutto passione per ottenere risultati più che buoni da una fotocamera digitale: le immagini vanno scaricate e "lavorate" prima di poter essere condivise o archiviate o, gioia infinita, stampate.
Tutte attività che oggi si pensa siano solo degli sprechi di tempo.

Mimmo Jodice, un altro grande della fotografia italiana (è in corso una sua mostra alle Gallerie d'Italia a Torino, ne parla Valeria Prina nel suo Taccuino) dice che "la fotografia vive in due momenti precisi: nella nostra mente quando si crea l'inquadratura e al momento della stampa".
Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.
Almeno se si vuol davvero parlare di fotografia.

L'estate è scoppiata e così avremo molte più ore di luce e un po' più di tempo da dedicare a noi e alle nostre foto. Prendiamoci cura dei nostri scatti, un giorno ne saremo estremamente felici.

Nel numero precedente di osservatoriodigitale avevamo scelto un'immagine sintetica come copertina. Ora ne abbiamo scelta una arrivata direttamente dall'archivio di Gabriele Basilico* scattata a Beirut nel 1991, quando l'artista venne invitato in Libano, insieme ad alcuni suoi colleghi internazionali come René Burri o Robert Frank, per testimoniare lo stato della città prima della ricostruzione, dopo 15 anni di guerra civile. Non c'è storia, qui c'è il cuore in ogni pixel e guardandola veniamo trasportati all'interno dello scatto. Quindi buona visione, buona lettura e buona estate.

 

Arrivederci all'autunno.

 

Ezio Rotamartir

 

*La foto di copertina è ©Gabriele Basilico. Tutti i diritti riservati. Proprietà e © sono dell'Archivio Gabriele Basilico