Myanmar ©Alberto Maccagno per osservatoriodigitale di luglio-agosto 2016, n.o 72

Il mese scorso abbiamo parlato di fotografia come fonte di ricordo per un tempo futuro, una manifestazione senza tempo di qualcosa che è passato e che può procurare piacere a chi, magari all'improvviso, si ritrova tra le mani il fermo immagine di un pezzo di vita ormai andato. Si aprono due strade a tal proposito: una quella relativa alla stampa di uno scatto fotografico e, la seconda, relativa alla volontà di chi ha scattato di riprendere davvero un pezzo di vita da mandare ai posteri. Oggi non  è quasi più così, tuttavia; oggi si scatta spesso con lo smartphone e le immagini (nella stragrande maggioranza "selfie") vivono giusto il tempo della pubblicazione su qualche social per poi venire dimenticati come tutti gli altri. Un'ottima analisi di questo comportamento la fa Roberto Cotroneo nel suo saggio sulla fotografia del quale abbiamo parlato qualche tempo fa nella rubrica Libri, e, per la precisione, si tratta de "Lo sguardo rovesciato" che analizza proprio l'uso (meglio il disuso) smodato che si fa della fotografia usa e getta, quella che rivela forse una nuova patologia, quella dell'auto gratificazione, in via di rapida diffusione. Uno studio recente ha rivelato che oggi scattiamo ogni due minuti tante fotografie quante ne furono state scattate in tutto l'Ottocento. Impressionante se ci si ferma a pensarci. Tutto questo sembrerebbe proprio a fare a pugni con l'invito che lo scorso mese vi esortava, da queste righe, a fare più fotografie: ecco la risposta al quesito sta proprio in quest'ultima parola – fotografia – che oggi viene confusa e identificata con lo scatto veloce e senz'anima del file generato col telefono. Dove saranno quei file tra vent'anni o, forse, anche solo tra cinque? Persi in qualche backup (forse) magari in un formato illeggibile o deteriorato tra il passaggio da un computer all'altro o, addirittura, perduti per sempre.

Proprio qualche giorno fa catalogavo alcune immagini della mia quasi immensa libreria fotografica digitale e lo facevo con la gioia di chi può rivedere immagini di oltre vent'anni fa ancora li, presenti e pronte all'uso anche se costituite da file di pochi megabyte, frutto di risoluzioni che oggi fanno ridere, due o tre megapixel, ma che mantengono inaltereata e restituiscono l'emozione provata al momento dello scatto.

Non voglio dire che una fotocamera sia necessariamente meglio di un telefono ma, secondo me, se questa passione vi segue da tempo, allora vale la pena di pensare a un investimento in quel senso. Pensate che i file RAW di case come Canon, Nikon, Sony per citarne alcune, sono rimasti gli stessi, anche se si sono ovviamente evoluti e possono essere ancora elaborati dopo tanti anni: questo molto spesso non è possibile con l'oggetto che abbiamo nella tasca della giacca o nella borsetta.

E allora perché mettere a rischio dei momenti di vita vissuta, perché rischiare di mordersi le mani un domani quando avremo bisogno di alcuni di quei ricordi e ci troveremo solo delle immagini minuscole scattate e compresse nel perfido formato jpeg?

Le vacanze, per i fortunati che le potranno fare, sono di solito un'ottima occasione per cimentarsi nell'uso proprio dello scatto fotografico: il costo della fotocamera non è più un alibi perché oggi si possono trovare magnifiche soluzioni anche nel mercato dell'usato tra coloro che rincorrono sempre l'ultimo modello o chi ha la necessità di fare un salto di qualità e decide di cambiare fotocamera; bastano solo pochi minuti per trovare l'occasione giusta e farsi catapultare nel magico mondo dell'immagine vera.
Provare per credere.

Buona lettura e buon estate a tutti!

Ezio Rotamartir