Schermitrici - ©Luca Masarà per osservatoriodigitale di maggio 2016, n.o 70

Eccoci di nuovo a voi con questo nuovo numero di osservatoriodigitale di maggio, un numero che ci farà viaggiare come sempre da una parte all'altra del mondo facendoci scoprire spazi e luoghi della fotografia che, spesso però, sono proprio dietro l'angolo di casa. È buona regola cercare di guardare sempre con attenzione tutto ciò che sta intorno a noi, ce lo ribadisce continuamente Giorgio Di Maio, sempre alla ricerca di quell'armonia nascosta che spesso, appunto, si cela sotto ai nostri occhi ma resta al di fuori della portata dei nostri... obiettivi. Obiettivi anche nel senso di traguardi che ci si vuole porre e che sono alla base della crescita di ognuno, sia essa intellettuale, spirituale o, pragmaticamente, solo professionale. La ricerca del meglio e della perfezione è sempre stata la spinta propulsiva che ha portato Luca Masarà, fotografo di moda e non solo, apprezzato in tutto il mondo, a trovare la sua strada e ad affermarsi nel mondo del professionismo: un esempio per tutti, protagonista del profilo di questo mese e autore della foto di copertina.

Voglio affrontare un argomento strano ma assolutamente attuale come quello della manipolazione voluta delle immagini. Ne parlo proprio perché gente come Masarà fa un uso minimo della post per i propri servizi poiché quello che deve mettere in una fotografia riesce a inserirlo durante lo scatto, con il controllo dell'esposizione, della luce, con la composizione della scena. Invece oggi è così di moda modificare le foto da condividere che c'è da chiedersi il perché. Instagram è stata la prima a mettere a disposizioni artifici per modificare con semplicità le immagini, spesso per modificarle addirittura peggiorandone la qualità e i colori reali.

Nelle ultime settimane anche alcune case produttrici di software (Nik oppure On Software) sono arrivate al punto di regalare sulla rete alcune versioni dei loro prodotti per allargarne la base installata, il numero di utenti nel mondo. Perché? Forse perché oggi siamo tutti, o quasi, schiavi del digitale e della cascata continua di immagini che riusciamo a produrre e a subire visivamente ogni volta che apriamo una pagina web, una mail o un social network e ci siamo abituati a un livello tale di "perfezione" delle fotografie che, inconsciamente forse, ci viene voglia di renderle un po' più umane, sbagliate, oserei dire vere come quelle che, beati noi, un tempo ci venivano restituite dai laboratori industriali che sviluppavano e stampavano i rullini di tutti (eccezion fatta per i professionisti, o gli amatori evoluti, che ovviamente sviluppavano e stampavano in casa o attraverso laboratori artigianali).

Se credete che non sia così siamo a disposizione per un sereno confronto: come raggiungerci lo sapete bene.

Buona lettura e alla prossima!

Ezio Rotamartir