George EastmanLa fotografia vanta ormai una storia discretamente lunga, nel corso della quale ci sono state alcune scoperte che ne hanno decisamente modificato lo sviluppo.

Nell’ormai lontano 1888, un certo signor George Eastman rivoluzionò la fotografia inventando il primo apparecchio fotografico portatile: la Kodak. D’improvviso tutti potevano scattare delle fotografie e questo fatto scatenò lo sdegno di numerosi fotografi professionisti, indignati appunto perché avevano l’impressione che chiunque, anche privo di qualunque talento, per il solo fatto di possedere una fotocamera Kodak, potesse sentirsi investito dal sacro fuoco dell’arte ed essere autorizzato a definirsi artista o quantomeno fotografo.
Questa polemica sembra tipica dei nostri giorni, ma come potete constatare è invece una realtà che appartiene ormai alle guerre puniche della storia fotografica.

Nel 1913 Oskar Barnack creò un apparecchio fotografico piccolo e leggero che inoltre adottava per la prima volta il formato delle pellicole cinematografiche, ossia il 35 mm. Stiamo parlando di quella che divenne un mito fra le macchine fotografiche, una vera e propria icona: la Leica.

Barnack fu un rivoluzionario perché ebbe l’idea di voler rendere la fotografia accessibile ad un pubblico sempre più vasto, donando a chiunque la possibilità di scattare delle foto senza dover utilizzare materiali costosi e ingombranti. Voleva che le persone potessero fare delle foto quotidiane, fossero cioè in grado di scattare fotografie che testimoniassero la loro esistenza di tutti i giorni. Detta così, a noi sembra qualcosa di normale, ma stiamo parlando degli inizi del Novecento e all’epoca così ovvio non era, basta pensare alle fotografie dei nostri bisnonni: rigidi e formali, specchio di un’epoca di baffi impomatati e colletti inamidati. Per avere un ritratto bisognava recarsi in uno studio fotografico e mettersi in posa dinnanzi ad apparecchi molto ingombranti. La genialità di Barnack consiste nel fatto che con la sua nuova creazione diede vita ad una macchina fotografica che per dimensioni e leggerezza era parte integrante dell’occhio o, se preferite, un’estensione della mano.

Ovviamente la querelle nata nel 1888 con l’introduzione della Kodak continuò e assunse proporzioni ancora più ampie con la diffusione sul mercato globale della Leica. In buona sostanza, se chiunque poteva scattare delle foto, allora la fotografia non aveva alcuna possibilità di venire annoverata nel campo delle discipline artistiche e una foto non era un’opera d’arte.

Son passati più di cento anni da allora e la polemica è ancora in atto ed è diventata più virulenta che mai dopo la terza grande rivoluzione nel campo della fotografia: l’introduzione dell’iPhone, nel 2007.

Eh, sì, perché il lancio dell’iPhone non ha rappresentato solo un cambiamento irreversibile nella telefonia mobile e nel mondo delle comunicazioni attraverso Internet: l’immissione sul mercato dell’iPhone e la nascita, subito dopo, dell’App Store, nell’estate 2008, hanno segnato un cambiamento radicale anche nell’ambito della fotografia.

Siamo sinceri: per la stragrande maggioranza delle persone non c’è alcuna differenza fra una foto scattata con un cellulare ed una presa con un apparecchio fotografico digitale e questo perché il 99% delle foto che vengono scattate non sono destinate a venir stampate e vengono visionate sugli smartphone o sui tablet o al limite sullo schermo di un pc, attraverso applicazioni come Facebook, Google+, Instagram o Pinterest e simili; e in fin dei conti qual è la differenza quando la risoluzione è di 1024 x 1024 pixel?
Però, ed è questa la cosa grave, anche per gli addetti ai lavori di molte testate giornalistiche e di riviste patinate, foto prese con uno smartphone e foto scattate con una reflex cominciano sempre più ad esser considerate simili e di uguale qualità. E questo perché la qualità purtroppo viene sempre più spesso misurata sulla base dei costi. Quello che voglio dire è che ad un giornale costa molto ma molto meno acquistare una fotografia scattata da un dilettante con un telefonino che non una foto presa con tutti i crismi necessari da un professionista.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti: le immagini di cui siamo quotidianamente bombardati via Internet o sui quotidiani di carta stampata sono via via sempre più scadenti, ma noi ce ne accorgiamo sempre meno. Perché? Perché ci stiamo assuefacendo alla qualità scadente di tutto, foto comprese.

E però… però, se riflettiamo bene, ci possiamo render conto che così va il mondo e non solo a partire da oggi, ma anche da ieri e oserei dire da sempre. Gli ultimi anni testimoniano che c’è stata una vera e propria rivoluzione nell’ambito della fotografia: il realismo della quotidianità è diventato molto più importante della qualità tecnica. Ma ieri l’altro non era poi così diverso; mi riferisco ad alcune foto di Robert Capa - e che Capa sia stato un fotografo professionista di bravura e fama mondiale, nessuno può negarlo. Dicevo: alcune foto di Capa (ad esempio quelle dello sbarco in Normandia) non sono forse leggermente fuori fuoco? Eppure… Ciò che voglio dire, alla fine di tutta questa cronistoria, è che indignarsi dinnanzi al fatto che spesso e volentieri le fotografie vengono scattate con apparecchi non convenzionali è ormai a dir poco anacronistico.

Io personalmente non mi indigno per questo; mi indigno semmai dinnanzi alla cattiva fede di chi preferisce una fotografia scattata da un fotografo della domenica piuttosto che da qualcuno che, a parità di apparecchio fotografico, è un professionista e produce opere qualitativamente migliori ma chiede anche un prezzo più alto per il proprio lavoro e viene scartato proprio perché alla qualità si preferisce il risparmio. Ecco, questo sì, mi indigna, ma più che altro perché continuando a dar sempre maggior importanza al risparmio piuttosto che alla qualità abituiamo noi stessi e le future generazioni allo scadente, in una parola al brutto. Ma è la bellezza che salverà il mondo. E questa bellezza poco importa se viene immortalata da una reflex oppure da un iPhone, l’importante è che sia qualitativamente bella.

E allora la differenza chi la fa? Beh, per me non la fa l’apparecchio, ma chi scatta. Se chi fotografa sa fare foto, allora lo scatto produrrà opere qualitativamente rilevanti. Non mi credete? Andate a guardare i lavori di Nick Knight (mi riferisco a quelli fatti con il cellulare) il quale è interessato a studiare e a testimoniare, con il suo operato, il modo in cui oggigiorno la fotografia sia ancora a tutti gli effetti una forma d’arte, solo che è diventata una forma d’arte completamente democratica. E in questo cosa c’è di male?

La domanda è aperta.

Data di pubblicazione: maggio 2015
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