Max De MartinoIn una delle mie vite professionali precedenti a quella di fotografo, da responsabile vendite in un’azienda che aveva 120 negozi di telefonia, ho sempre creduto nella formazione degli addetti vendita, e ho spinto affinché si destinassero fondi sufficienti a sostenere questa formazione. Oggi, dopo dieci anni da fotografo, credo ancora che la formazione sia uno degli aspetti su cui investire, perché in un mondo che si muove alla velocità del web, chi si dovesse fermare due o tre anni, contando di conoscere il proprio lavoro, il mercato ed i Clienti, sarebbe tagliato fuori nel tempo di un click.

Spesso però, in questo mondo di novità tecnologiche, molti colleghi tendono a inseguire la folle corsa dei MegaPixel, sostituendo di continuo l’attrezzatura, a dispetto degli investimenti sulla formazione personale.

Ho avuto forte, fortissima, questa sensazione a gennaio. Ero a Londra per l’SWPP, un momento formativo e di confronto durante il quale, in quattro giorni, si possono seguire decine di workshop (brevi o meno) e ci si può fare un’idea delle tendenze internazionali, incontrando grandi colleghi di tutto il mondo. Per chi, come me, vive una realtà in cui non ha modo di confrontarsi spesso con altri fotografi, questo è essenziale. Però a Londra di italiani ce n’erano pochi: ne ho incontrati un paio... Se contiamo anche qualcuno che posso non aver visto arriveremo forse a cinque, me compreso. Questo mi ha fatto molto pensare alle motivazioni che possono tenere lontani i colleghi da eventi importanti come questo, forse il più importante in Europa per chi si occupa di wedding e portrait. Allo stesso modo il WPPI di Las Vegas, a cui parteciperò l’anno prossimo. Italiani: nessuno. La lingua, certo, non aiuta. Ma un corso d’inglese non è la fine del mondo, e ormai tutti i film che passano in TV sono in doppia lingua. Forse ci sono problemi diversi: il mercato è in difficoltà, certo. La situazione economica non è rosea, sicuro! La pressione fiscale è imbarazzante, come no... Ma io vedo colleghi che su Facebook dicono di aver appena cambiato la macchina per un modello nuovo, di aver preso l’ultimissima ottica super-risolvente. Ma siamo così convinti che la differenza nel “ferro” che andremo ad utilizzare possa toglierci dalla palude in cui alcuni di noi si trovano? Siamo davvero sicuri che una lente nuova possa spingere una coppia di sposi a preferirci all’amatore che, tolti i panni di impiegato o di operaio, si trasforma in “Pippo Ph” e costa un quarto rispetto a noi?

Molti fotografi si lamentano che “in questo paese non c’è cultura dell’immagine”. Vero. Quindi? Quanti di noi sono ancora convinti che aprire un negozio o uno studio ed essere ottimi tecnici sia sufficiente? Ecco, quelli che hanno questa convinzione o hanno accumulato molto negli anni passati, oppure tra cinque anni, o forse meno, avranno chiuso. Senza avere delle competenze minime legate al SEO e alla gestione della propria presenza sulla rete, ormai si rischia di venire tagliati fuori. Allo stesso modo, se pensiamo di lavorare come lavoravamo dieci anni fa, con gli stessi schemi di illuminazione in studio, con lo stesso approccio al Cliente, considerato da molti un rompiscatole ignorante, di strada ne abbiamo davvero poca davanti. I Clienti ad alto valore aggiunto cercano la competenza, la professionalità, l’affidabilità e l’originalità. Tutte cose che non cerca il Cliente che cerca il prezzo minore. Quello lo avete già perso in partenza, è inutile che vi arrabbiate. Per fare voi la selezione dei vostri Clienti, dovete essere unici, capaci di ascoltare e stupire. E dovete svecchiarvi, formarvi e ritagliarvi davvero una nicchia. Lavorerete bene e con margini ampi. Ma, vi prego, guardate, oltre che ad alcuni buoni esempi di formazione italiani, a ciò che succede fuori. E non inseguite il pixel. Quello va comunque più forte di voi.

Data di pubblicazione: marzo 2015
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