Nicolò PaoliNicolò Paoli è un giovane che, sulle prime, può sembrare burbero ma poi, col passare dei minuti, si rivela tutto un altro tipo di persona, gentile e ironico, anche verso se stesso. È nato a Mirandola, il paese del famoso Pico dalla memoria strepitosa, ma è cresciuto a Genova: può darsi che l’atteggiamento iniziale sia mutuato dai non sempre giovialissimi liguri ma la vera natura emerga dalle radici emiliane, notoriamente gente più affabile. Quando lo incontro nel suo studio temo di aver sbagliato decisamente persona per il profilo di osservatoriodigitale: infatti ci sono quadri e opere materiche in ogni dove, un bel salotto e una serie di chitarre elettriche e amplificatori. Scoprirò in seguito il perché. Adesso non resta quindi che leggere quello che ci ha raccontato Nicolò durante il nostro incontro.

osservatoriodigitale: Pensavo fossi un fotografo…

Nicolò Paoli: Ah sì, beh, certo… Ho capito, ti hanno distratto tutti questi quadri e roba varia. No, no vieni da questa parte che c’è sicuramente qualcosa che ti farà “sentire più a tuo agio”.

Genova @Nicolò Paoli 2014

Lo studio è enorme, diviso in zone, diciamo così, dove Nicolò può dare sfogo a tutta la sua vena creativa, dove l’artista che c’è in lui può creare secondo le logiche e i desideri del momento. Ci sono alcune immagini che all’inizio avevo preso per dipinti che invece si rivelano delle fotografie.

od: E queste?

NP: Sono un esperimento sul quale sto lavorando da un po’. Sono immagini scattate a colori ma poi stampate su carta speciale e trattate con del materiale che crea questo effetto ruggine nei punti in cui viene applicato generando delle cromie particolari che hanno un impatto forte soprattutto nei soggetti dove c’è del metallo, come queste gru del porto di Genova, ad esempio. È un lavoro che sto seguendo da tempo, a me piace molto sperimentare e allora mi concentro su una tecnica e la provo fino a quando ottengo i risultati che desidero.

Tuffi @Nicolò Paoli 2014

 

od: Sono fotografie molto particolari, sia dal punto di vista del soggetto sia da quello del trattamento della luce.

NP: Sì, mi piace cercare un modo che sia mio di illuminare una scena, di dare corpo a un’immagine.

od: Raccontaci un po’ chi è Nicolò Paoli.

NP: Sono nato a Mirandola vicino a Modena, terra magica, legata al cibo e ai motori e a mia madre; poi mi sono trasferito a Genova, posto di mare con altre atmosfere, altro modo di sentire la vita, luogo legato a mio padre. Qui, dopo aver frequentato il liceo scientifico, dove tra l’altro ho incontrato la donna che in seguito è diventata mia moglie, ho studiato architettura e poi ho frequentato l’Accademia di Belle Arti. La mia passione è stata sempre la fotografia sin da quando ero piccolo e impazzivo letteralmente per le Polaroid o per le foto scattate con le vecchie macchine analogiche che c’erano in casa. Il salto in avanti, tuttavia, sento di averlo fatto dopo il corso di camera oscura con Frederick Clarke come docente: è stato come se mi si fosse aperta una scena nuova, un orizzonte così ampio la cui esplorazione sembrava non potesse finire mai. Credo che proprio quel professore, poi diventato anche amico, abbia rappresentato la scintilla che ha trasformato un appassionato di arte e di fotografia nel professionista che sono oggi. Da allora ho iniziato a collaborare con lui e a restare a stretto contatto con il suo lavoro e le sue attività in camera oscura, tecniche che utilizzo ancora oggi e mi piace modificare. Il suo entusiasmo e la sua estrema competenza mi hanno travolto decisamente al punto che, per un periodo, mi sono concentrato solo su quel tipo di lavoro. Anche per questo ho trasformato, e ampliato sempre di più, lo spazio dedicato alla camera oscura all’interno del mio studio.

Sono attratto dall’arte in ogni sua forma, come la pittura o la scultura ma la fotografia mi è sempre apparsa come la via più immediata, il passaggio attraverso il quale avrei potuto esplorare anche tutte le altre forme. Fotografare mi piace moltissimo ma provo anche il bisogno di dipingere perché sento proprio come un richiamo da parte della pittura e di altre tecniche. Per questo ho iniziato a sovrapporle alle fotografie cercando di trarne qualcosa di diverso, che rispecchiasse il mio modo di essere. Inizialmente sperimentavo come dicevo solo in camera oscura, poi ho iniziato ad aggiungere la pittura e, in seguito, anche materiali vari al punto che alcune mie immagini sono diventate praticamente delle sculture.

od: Qual è stato il tuo primo “campo d’azione” nella fotografia?

NP: Il nudo, da subito, sin dai tempi dell’Accademia. Mi piaceva ritrarre le modelle sia con le tecniche di disegno sia attraverso l’uso della fotografia. Il mio idolo è sempre stato Helmut Newton e quindi ho cercato da subito di ricreare certe atmosfere a modo mio. Con tutti i mezzi e gli strumenti che avevo a disposizione. Ancora oggi devo dire che considero le fotocamere solo uno strumento, non mi lascio coinvolgere da questa o quella tecnologia. Le fotografie buone sono sempre state fatte, a prescindere da quale macchina venisse utilizzata. È ovvio che quando hai bene in testa quello che vuoi ottenere magari uno strumento più evoluto ti aiuta a raggiungere prima e meglio il tuo scopo, ma non sarà mai la fonte creativa di nessuna immagine. Le foto brutte le puoi scattare anche con un corpo macchina da decine di migliaia di euro, così come puoi fare foto magnifiche con una Holga.

Tornando al nudo potrei dire che quella fase è stata vissuta un po’ in maniera ossessiva così come affronto tutte le mie passioni: quando mi viene un’idea o decido di lavorare a qualche progetto mi dedico davvero anima e corpo, lavoro in modo continuo e cerco sempre di perfezionare qualche particolare, non mi accontento mai. Una volta scattato mi piace analizzare le immagini, selezionarle e stamparle per poterci riflettere, guardarle da lontano, capire quello che non mi convince fino in fondo. Amo prendermi tutto il tempo che posso quando lavoro, magari alternando le sessioni in studio con qualche momento di svago da passare con mia moglie e mio figlio oppure suonando la chitarra con il mio gruppo.

Effettivamente Nicolò sembra possedere un tocco particolare per le arti in genere: mi fa vedere la sua collezione di chitarre e di trombe. Passa da uno strumento all’altro con estrema facilità senza dimenticare che suona anche il piano, la batteria, il basso… Un artista vero, a tutto tondo. Incredibile.

od: Cosa significa lavorare col nudo?

NP: Un lavoro come un altro, almeno per me, anche se mi appassiona moltissimo. Il mio approccio è molto istintivo: mentre lavoro faccio, poi guardo e dopo penso. Trovo che per me sia facilissimo annientarsi dentro un mio mondo, che si svela dietro a una macchina fotografica. È un modo per astrarmi; certo parto da un concetto che voglio sviluppare, però quando inizio tutto il resto scompare e poi le cose arrivano da sole, a mano a mano che si procede. Il lavoro di nudo, sin dai tempi dell’accademia fino a oggi, è sempre stato qualcosa di delicato anche se a volte può apparire come camminare su un campo minato. Il corpo della modella o del soggetto ripreso è ovviamente importante, direi importantissimo, ma io durante la sessione di scatto valuto molto i volumi nell’immagine. C’è grande rispetto per la fotografia, oltre che per le persone ritratte, che ritengo sacrale e, senza togliere niente a nessuno, credo che la fotografia mantenga comunque sempre, nel mio sentire, il posto d’onore. È ovvio che con l’andare del tempo e con l’esperienza si venga a creare un feeling diverso con qualche modella, e allora ti puoi permettere di provare qualcosa di diverso, tentare delle tecniche differenti, sperimentare proprio perché si crea un rapporto di fiducia, potremmo dire così, estrema tra chi posa e chi scatta. Lo studio già di per sé è un ambiente protetto, tranquillo, che offre sicurezza, tutte caratteristiche importanti per scattare questo tipo di immagini, un ambiente in cui chi posa deve sentirsi sereno, libero di potersi lasciar andare e trasportare sull’onda dell’espressività. Molte persone, quando vengono a conoscenza del fatto che faccio il fotografo di nudo, tendono a malinterpretare la situazione, si fanno dei film mentali che non esistono: il rapporto fotografo-modella è proprio un rapporto di fiducia e di tipo professionale, una situazione in cui ognuno fa la sua parte nel modo migliore possibile.

od: All’inizio è possibile che sia dura reperire i soggetti da fotografare oppure no?

NP: Mi capita spesso mi chiedano dove e come si possano trovare i soggetti, le modelle, soprattutto quando un fotografo è agli inizi, alle prime armi. Io credo che valga la regola di sempre, quella che penso si possa applicare a tutto nella vita: se ti piace qualcosa davvero, se lo desideri dal profondo, puoi e devi trovare il modo di realizzarlo; questo vale anche per i soggetti da fotografare. All’inizio puoi trovare le modelle tra le tue amiche, fidanzate, oppure rivolgendoti alle modelle che lavorano già per l’accademia. Per me volere è davvero potere. Come dicevo prima, la fotografia per me è un po’ come un’ossessione: per molti può essere uno strumento da vacanza, per catturare dei ricordi, ma può essere anche un lavoro, sta a te. Il mio processo creativo è quasi dadaista, istintivo, viene fuori da solo; per questo con la fotografia mi aiutano molto il disegno e la pittura. Come diceva Panella in una canzone di Battisti: “sono le cose che pensano…” proprio perché non mi fermo molto a pensare a quello che faccio, fondamentalmente mi interessa catturare la luce, la bellezza, a volte una semplice idea.


od: Come è avvenuto il tuo passaggio al mondo del professionismo?

NP: La decisione di trasformare la passione in lavoro è arrivata dopo alcune mostre, quando riconosci l’apprezzamento del pubblico; in particolare, dopo la mostra che tenni a Capri nel 2003, il mercato, sia attraverso le gallerie o con i collezionisti si è impennato. Quella fu la mia prima vera mostra, dove esposi metà fotografie a colori e metà in bianco e nero, scatti nudi e qualche paesaggio oltre a un’installazione video che accompagnava il tutto. È stato da quel momento che ho ripreso a dipingere e a mischiare tutte le arti, attività che ho incrementato anche ultimamente, soprattutto da quando mi sono spostato su altri temi visivi come i paesaggi.

Inoltre, tornando alle mostre, sono stato molto felice del successo ottenuto dalle mie esposizioni museali a Genova sui tuffi, come le chiamo io, che sono immagini dell’acqua in movimento a seguito di persone che vi si tuffano.

od: Quindi ricapitolando utilizzi il disegno, la pittura e la fotografia per esprimere la tua arte.

NP: Mi piace anche il video. Sono sempre stato attratto anche dalle immagini in movimento e cerco di non rinunciare mai a niente. Ho studiato molto le applicazioni del video nell’arte e, anche in questo caso, ho alcuni idoli come Jan Švankmajer, un regista e sceneggiatore ceco che è diventato famoso per i suoi film di animazione; forse non tutti lo conoscono ma è stato l’ispiratore di tanti registi molto più noti, Tim Burton per citarne uno. Mi piacciono molto registi come Michel Gondry o come Chris Cunningham per il loro stile moderno e innovativo. Sai, il tempo si dice sia prezioso e, nonostante io creda di averne tanto a disposizione, non voglio mai sprecarlo quindi ricerco e studio continuamente. Per questo mi concedo anche pause dal lavoro per seguire workshop sui programmi che voglio utilizzare, da Photoshop a Final Cut Pro o a Premiere. Questo mi è servito sempre molto: ho lavorato anche come operatore in passato proprio perché ero affascinato dal mondo del video; tutto serve, si impara sempre qualcosa. Adoro anche i libri di fotografia e da sempre seguo con attenzione e una certa “bramosia” di conoscere sia i maestri considerati grandi, come Ansel Adams per intenderci, fino ai più recenti perché tutti hanno qualcosa da dire, da insegnare se uno è pronto ad “ascoltare”, ad apprendere. Da professionista, sia nel video sia nella fotografia, non disdegno anche il lavoro su commissione, purché non sia troppo distante da quelle che sono le mie idee artistiche.

od: Per chiudere due parole sugli strumenti che usi e sul futuro che ti aspetta.

NP: Come ti dicevo prima non sono legato a un tipo di macchina fotografica o di fotocamera particolare. Ho utilizzato di tutto ma prevalentemente scatto con il grande formato. Sono fortunato, lo so, ma ho sempre avuto una passione per le macchine fotografiche di dimensioni grandi, 6x6, 6x7, così mi sono trovato a lavorare con Rolleiflex poi con Hasselblad ma ho utilizzato anche le Holga con grande piacere e divertimento. Ho sempre avuto una idiosincrasia per il 35mm al punto che ho anche una Leica SL Mot con un bel corredo di ottiche ma che non ho mai utilizzato proprio perché odio la grana della pellicola 24x36 quando si stampa in grande formato. Per fortuna ho trovato una serie di anelli adattatori che mi permettono di usare quelle bellissime ottiche con le mie Nikon digitali (D700). Adesso sto aspettando il nuovo dorso digitale da 50 megapixel di Hasselblad che sarà un compagno perfetto per la mia storica 503. Mi è piaciuta molto anche la nuova reflex medio formato presentata da Pentax recentemente: sono contento che il mondo della fotografia digitale si stia muovendo anche in una direzione che non penso sia proprio commerciale.

Detto questo mi diverto moltissimo anche a prendere appunti ma anche a fare delle foto con l’iPhone: è comodo e mi piace molto per la sua praticità e semplicità; è immediato: vedi qualcosa che ti colpisce e lo puoi fermare all’istante. Per questo riesco facilmente a riempire le mie board su Instagram, Tumbler e Pinterest…

A proposito di programmi futuri sto lavorando alle immagini per una mostra che si terrà a ottobre a Biella dove esporrò delle immagini fotografiche trattate con la ruggine insieme ad altre dove prevale la pittura e anche una forma di scultura. E poi devo anche trovare il tempo di provare col mio gruppo perché ci tengo molto che i pezzi vengano bene quando suoniamo dal vivo...

Tutte le immagini sono ©Nicolò Paoli 2014. Altre info e fotografie si possono trovare sul suo sito all’indirizzo www.nicolopaoli.it

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