La fotografia come scelta soggettiva, l’attenzione all’attualità e il 2016 come anno del verde: dall’unione di queste considerazioni nascono le note di questo mese. Aggiungiamo qualche altra considerazione: la prima settimana di ottobre è indicata come la Settimana vegetariana mondiale, gli anni 2010–2020 sono il Decennio delle Nazioni Unite per i deserti e per la lotta alla desertificazione, il 2016 è l’anno dei legumi, mentre il 2017 sarà l’anno del turismo sostenibile. Insomma, parlare di verde e di alberi non sembra affatto fuori luogo. La fotografia è sicuramente chiamata in causa come strumento per parlarne nel modo più coinvolgente, considerata la grande fotogenia di alberi e verde. Ma la fotografia è anche uno strumento soggettivo – contrariamente a quanto pensano in molti – perché è l’autore delle foto che decide dove puntare l’obiettivo e che cosa cogliere e quando farlo. Che poi chi vede una foto pensi che se lo vede è vero non può che aggiungere fascino allo strumento fotografico, in un modo in cui nulla è imparziale.

Siamo dunque al secondo aspetto: alberi e verde, sì, ma visti secondo l’occhio estremamente soggettivo di chi scrive queste note. Dunque non gli alberi più vecchi, né quelli più belli, ma quelli che hanno suscitato delle emozioni e delle considerazioni in chi scrive. A volte nemmeno protagonisti assoluti. Perché c’è anche una attenzione all’attualità e non manca un sottile fil rouge che unisce questi alberi legati a profonde ferite, più o meno recenti o, al contrario, che esaltano il connubio verde-speranza (o almeno permettono di ipotizzarlo). Il massimo dell’arbitrario, si potrebbe dire. Chi lo penserà non avrà torto.

Washington DC, Stati Uniti

1 – Washington DC. La capitale statunitense è considerata la città con più verde al mondo. Qui un particolare del Korean War Veterans Memorial, uno dei memorial realizzati per ricordare i caduti delle guerre. Uniti al verde si possono interpretare come monito a non ripetere altre guerre.

Bruxelles, Belgio

2 – Bruxelles. È europea la seconda città con più verde al mondo, dopo Washington. Gli alberi, i giardini e il verde circondano anche quello che è il simbolo della capitale belga, l’Atomium, realizzato nel 1958 nel parco Heysel, in occasione dell’Expo del progresso. Anche questa è una delle realizzazioni lasciate in eredità dalla manifestazione universale, ora punto di attrazione particolarmente fotogenico.

Nizza, Costa Azzurra, Francia

3 – Nizza. Un sottile fil rouge unisce la città della Costa Azzurra alle precedenti: come non ricordare quanto successo lo scorso 14 luglio? La foto è stata scattata proprio lungo la Promenade des Anglais, in un momento felice, quando tanti prendevano il sole lungo la sottostante spiaggia, magari prima di tuffarsi in mare o divertirsi con il paracadute ascensionale, che qui aveva fatto il suo debutto tanti anni fa.

Guernica (Gernika / Lumo), Paesi Baschi, Spagna

4 – Guernica. Picasso l’ha resa famosa in tutto il mondo ricordando l’eccidio provocato dal bombardamento tedesco il 26 aprile 1937, giorno di mercato, in cui la città era particolarmente affollata. E fu un giornalista, George Steer, arrivato poche ore dopo il bombardamento, a far conoscere a tutto il mondo con il suo reportage sul Times e il New York Times quanto successo, che altrimenti sarebbe stato occultato. Qualcuno ipotizza che Guernica sia stata rasa al suolo non per un errore, ma perché rappresentava l’orgoglio della popolazione oppostasi a Franco. Un orgoglio che affonda nel passato perché qui, fin dal Medioevo, si riuniva la comunità per deliberare e venivano i re castigliani a giurare di rispettare l’autonomia basca. Questo avveniva sotto l’Arbola Zaharra. Ora della bimillenaria quercia rimane solo parte del tronco: attorno è stato costruito un gazebo con colonne, dove la gente si ferma per scattare una foto che, anche per chi non è basco, è un forte simbolo dell’importanza della democrazia e dei relativi valori. Unito al ricordo del quadro di Picasso il simbolo ha ancor più rilevanza.

San Sebastian (Donostia), Paesi Baschi, Spagna

5 – San Sebastian. Un’altra città spagnola. Meglio, basca, che può rappresentare la speranza. La città basca (Donostia nella lingua locale) è capitale della cultura europea 2016, insieme alla polacca Breslavia, e che cosa meglio della cultura può fare da barriera al «male»? Qui il verde si accosta a una delle installazioni realizzate per l’occasione, sovrastanti la Bahia de la Concha.

Sandanski, Bulgaria

6 – Sandanski. L'albero di Sandanski. Non sono solo i 600 anni di vita dell'albero che domina Sandanski a meritargli una citazione. L'albero della città bulgara è stato anche immortalato su un francobollo, a dimostrazione di quanto gli alberi siano importanti per la vita. In più l’albero è molto bello, con chioma e radici immense ed è molto fotogenico, offrendo visioni differenti secondo l’inquadratura scelta. Non è comunque l’unico albero che in Bulgaria merita una attenzione particolare: nella capitale Sofia la chiesa di Santa Sofia ha la sua campana appesa sull’albero di fronte.

Antigonea, Albania

7 – Antigonea. Raggiungere dalla vicina Gjirokastra (anche nota con il nome di Argirocastro) il piccolo sito archeologico dell’Albania, molto meno frequentato di Butrinto, può rappresentare un incontro con le diverse anime del Paese: bunker rimasti dall’epoca del regime di Enver Hoxha si alternano a pascoli, segno di una forte attenzione all’agricoltura e all’allevamento, dove è facile doversi fermare per far passare delle mucche accompagnate dal cane. E anche questo è un segno di speranza, dopo un periodo oscuro.

Radford, Virginia, Stati Uniti

8 – Radford. La foto è molto simile alla precedente, ma è stata scattata al di là dell’oceano, negli Stati Uniti. Precisamente nella provincia, in Virginia, dove la vita scorre molto diversa dalla frenetica New York. Ma anche dove nel grande supermarket i fucili sono accanto a caramelle e surgelati. E proprio lì, infatti, nella vicinissima Blacksburg, all’università Virginia Tech, il 16 aprile 2007, uno studente di origine sudcoreana fece una strage uccidendo 32 persone. Fu il secondo più grave massacro scolastico nella storia degli USA dopo quello nella Bath School, nel 1927.

Lisbona, Portogallo

9 – Lisbona. Tra le palme, in una delle piazze più importanti della capitale portoghese, spunta il monumento al Marchese di Pombal, lo statista che guidò il Portogallo tra il 1750 e il 1777. Fu lui a occuparsi della ricostruzione di Lisbona, distrutta dal terremoto del 1° novembre 1755 e dai conseguenti maremoto e incendi. Un anno dopo era già ricostruita con criteri antisismici, testati anche facendo marciare le truppe per simulare dei terremoti. Sul suo monumento ha sventolato la bandiera in occasione della vittoria del Portogallo ai recenti Europei di calcio.

Molveno, Trentino

10 – Molveno. È bandiera blu lacustre di Lega Ambiente e arancione del Touring, con la più grande spiaggia di lago di montagna, con sassetti vicino alla riva che poi lasciano lo spazio al prato. Volgendo le spalle all’ormai famosissimo lago appare il gruppo del Brenta tra le Dolomiti. Come dimenticare un connubio così perfetto tra acqua, montagne, verde, alberi?

L'albero della vita, Milano, Mondo

+ 1 – L'albero della vita. E infine un albero che non è verde, ha la chioma di legno e sa diventare molto colorato. Dopo aver dominato e conquistato per i sei mesi dell'Expo, esaltazione della cooperazione tra Paesi e della pacifica convivenza tra gente di provenienza diversa, ora ha ripreso vita consentendo anche una visione differente, ugualmente molto fotogenica, come vi abbiamo raccontato nel precedente numero di od (e come lo abbiamo fotografato per questa occasione). Dell'albero ha tutte le caratteristiche, con le radici che affondano nella potenza delle eccellenze italiane e, raccolte, le proietta verso il cielo quasi per ridistribuirle a favore dell'intero pianeta. Insieme, nell’opera progettata da Marco Balich si ritrovano anche l’eco e le influenze del pavimento del Campidoglio di Michelangelo.

È anche una dimostrazione di come la creatività italiana possa essere ammirata ed esportata all'estero, come vi abbiamo raccontato sul numero di od di novembre 2015. Inoltre Marco Balich è stato chiamato a curare la regia della cerimonia di apertura e chiusura delle Olimpiadi di Rio.

(Le foto del servizio sono di Valeria Prina)

Data di pubblicazione: settembre 2016
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