Giugno è arrivato, l'estate è alle porte, e nella mia mente ripenso ai viaggi dello scorso anno... In questa puntata di Dietro lo scatto ho deciso di parlarvi di una fotografia che ho scattato in una regione italiana meravigliosa: la Puglia.
Quando si fotografano luoghi vicini alla propria cultura, a partire dalla propria città ma anche il proprio paese, può essere difficile trovare l'ispirazione giusta poiché gli occhi sono già allenati a vedere quei paesaggi, quei visi, a sentire quei suoni e quegli odori. Per questo, nel prepararmi al mio viaggio nel Sud Italia, ho deciso mentalmente di sforzarmi e fare tabula rasa di tutte le mie immagini mentali, così da poter vedere quei luoghi con occhi nuovi, con occhi di un bambino. Trovarmi in Puglia mi ha permesso di fotografare uno dei soggetti che da sempre mi affascina di più: i mercati del pesce, i pescatori e la realtà portuale in generale. Mi piace fotografare ascoltando le urla dei venditori e le contrattazioni con i clienti, osservando l'approdo delle barche all'alba e l'arrivo dei gabbiani affamati sui moli. Ed è proprio all'alba che sono andata al porto di Bari, sperando di trovare i pescatori in arrivo al porto per scaricare il pesce. Ma non è andata esattamente così: il molo era completamente deserto. La stagione della pesca era finita il giorno prima. A quel punto non mi restava altro che esplorare la zona, aspettando che i primi commercianti aprissero le saracinesche dei propri negozi... E all'improvviso vedo in riva al mare un gruppo di pescatori intenti a sbattere i polipi sulle pietre della banchina. Mi sono avvicinata silenziosamente, iniziando a fotografarli da lontano, ma più fotografavo e più mi sentivo attratta da quella situazione. Volevo entrarci. Volevo avere una visione ravvicinata di quei gesti.

Porto di Bari ©Camilla Ferrari 2016

Ho salutato i pescatori e mi sono presentata, e ho notato subito la loro faccia divertita dal fatto che fossi così entusiasta di fotografare il loro lavoro: per loro era un'attività quotidiana, talmente parte di loro che non capivano come per me potesse essere così affascinante. Ed ecco l'occhio fanciullesco, dovevo approfittare di quello stupore per realizzare delle fotografie che mi soddisfacessero. Inizialmente la mia presenza ha influenzato le azioni e le espressioni dei pescatori: erano chiaramente imbarazzati, alcuni come prima reazione hanno iniziato a mettersi in posa in modo buffo, altri hanno preso in mano con fierezza i loro polipi. Ho scattato comunque alcune fotografie, con la speranza di metterli a proprio agio, e ho aspettato che ricominciassero a lavorare.

Ed ecco che finalmente uno di loro ha iniziato a sbattere il polipo. È un'operazione molto faticosa, che va ripetuta più volte per far sì che la carne del polipo si pulisca e diventi morbida. Il pescatore mi ha spiegato che ci vuole circa un'ora per completare questo processo, dopo il quale si lavano in acqua i polipi e si mettono in un secchio. Il mio obiettivo era catturare il momento esatto in cui il polipo saltava dalla pietra in reazione alla enorme forza del lancio del pescatore. Ero sbalordita dalla potenza delle sue braccia e delle sue mani. Aveva gli abiti che si abbinavano al colore del cielo e delle pietre ma soprattutto aveva un viso molto intenso ed espressivo, impreziosito da rughe e segni del tempo e del lavoro. Era perfetto.

Per scattare la fotografia ho deciso di usare un obiettivo grandangolare per poter dare il senso di coinvolgimento nella scena, stando molto vicina al soggetto e ritraendolo dal basso per dare importanza all'imponenza e alla sua forza. Mi sono lasciata trasportare al punto da non accorgermi che pezzi di polipo e schiuma stavano bagnando non solo me, ma anche la macchina fotografica – la lente si era sporcata e in alcune fotografie scattate in quel momento si vedono addirittura delle macchie... Per fortuna questa fotografia si è salvata... Ed era proprio quella che stavo cercando.

Data di pubblicazione: giugno 2016
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