Maurizio CasulaMaurizio Casula, regista e fotografo sui generis, arriva all'appuntamento in una freddissima giornata di dicembre sulla sua speciale bicicletta da corsa: "È un po' di tempo ormai che faccio almeno quaranta chilometri al giorno, un'attività che mi fa sentire bene e che mi permette di evitare il traffico cittadino, ormai quasi insostenibile", mi dice osservando la mia espressione quantomeno stupita. "Non mi piace fermarmi davanti alle difficoltà apparenti, con la volontà si arriva ovunque, in bicicletta come nel lavoro". Non posso effettivamente far altro che esprimere la mia ammirazione per tanta forza di volontà e condividere il suo pensiero. Nello zaino che porta con sé c'è tutto ciò che gli serve per lavorare davvero ovunque. Macchina fotografica e Mac portatile su cui ci sono alcuni dei lavori in corso d'opera.

La storia di Maurizio è particolare oltre che interessante perché descrive la vita di una persona "normale" che ha una passione, quella del cinema, che si trasforma in professione col passare degli anni. Non è stato semplice ma, grazie alla forza di volontà di cui sopra, ha raggiunto un traguardo su cui pochi avrebbero scommesso. L'avvento delle fotocamere digitali evolute e la sua passione per la post-produzione digitale hanno fatto sì che, appena possibile, si avventurasse nel mondo della ripresa con questo nuovo strumento. Questo ha ovviamente attirato l'interesse di od, tanto che abbiamo voluto condividere la sua storia con tutti i nostri lettori.

Maurizio Casula, classe 1970, nasce a La Spezia ma presto si trasferisce a Milano dove, per vivere, lavora nella logistica di una grande azienda di prodotti elettronici. Per diletto vorrebbe fare cinema, inteso proprio come la possibilità di creare e realizzare storie visive, di quelle che fanno pensare e sognare.

od: Da dove viene questa tua passione così bruciante?

MC: Non è facile perseguire un sogno di questo tipo, ma per me è stato quasi naturale. La passione per il cinema e la musica me l'ha trasmessa mio padre attraverso le colonne sonore da quando avevo poco più di cinque anni. Crescere con questo tipo di passione non è semplice poiché ti apre a una situazione di isolamento sicuro, una specie di esilio volontario sin dalla più giovane età. Per un ragazzino di tredici anni non è normale andare al cinema a vedere Fitzcarraldo, dato che di solito si preferisce Bombolo... Sono scelte che, in qualche modo, si pagano a livello interiore.

od: E che finiscono con l'indirizzare tutta una vita, o sbaglio?

MC: Infatti è già dai primi anni Ottanta che inizio a raccontare delle storie: prima su carta poi, verso il 1985, ho cominciato con il Video8. La passione a quel punto cresce anche se incontro le prime vere difficoltà come il montaggio e la sincronizzazione dell'audio. Scelgo così di frequentare la Scuola di Cinema di Paul Casalini e realizzo due corti tra cui "Sala d'aspetto" che, nel 1992, vince il concorso di Castrocaro per i giovani film maker. Il premio non mi fa sentire appagato, anzi, mi spinge a volere ancora di più in termini di qualità. Il sogno è quello di girare in pellicola e, nel 1993, faccio il grande passo rendendomi purtroppo subito conto che i costi da affrontare sono a dir poco proibitivi. Avevo valutato la possibilità di girare in 16 mm ma non c'era praticamente differenza con il 35 mm, così ho scelto quest'ultimo: con un po' di fortuna e dall'incontro con Renato Izzo nasce il corto "C'è nessuno?" in cui recita Mario Cordova, la voce italiana di Richard Gere.

od: C'è però una svolta molto importante legata proprio a questo corto...

MC: Nella baraonda del momento produttivo non riesco a realizzare davvero che cosa mi stia accadendo al punto che, realizzato il cortometraggio, penso di mandarlo al Festival di Venezia: è il 1994. Chiamo e mi dicono che c'è ancora tempo per iscriversi ma la scadenza è imminente. Grazie all'aiuto di professionisti dell'area milanese riesco a produrre una copia del film e spedirlo a Venezia, incrociando le dita. Dopo pochi giorni mi comunicano che il film è stato accettato e che... aprirà il Festival: incredibile la vita, dalla logistica alla regia il passo sembra breve.

Da subito mi sono reso conto che il viaggio verso questa professione non era giunto al termine ma era solo all'inizio. Così, usufruendo di qualche amicizia e di qualche dritta, decisi di trasferirmi a Londra, per la precisione a Watford, per lavorare in uno studio di computer grafica e di post-produzione. Solo che l'incarico sarebbe iniziato solo due mesi dopo il mio arrivo in terra inglese perciò mi diedi subito da fare per trovare qualcosa di temporaneo. Giunto a Soho visitai tutte le società di produzione cinematografica: quello che mi meravigliò, essendo abituato agli standard italiani, fu che tutte mi degnarono di una risposta, anche solo per comunicarmi la non disponibilità, un gesto comunque di grande civiltà e corretezza. Alla Goldcrest, per intenderci la casa di produzione di film come Momenti di Gloria, incontrai Philip Alton che mi fece una proposta interessante, quella di seguirlo nel suo lavoro per imparare tutto sull'audio nei film. Era un'area che non conoscevo molto e, quell'esperienza, ha cambiato il mio approccio alla produzione e il resto della mia carriera professionale.

Dopo un paio d'anni sentivo il bisogno di tornare a casa e, durante una manifestazione internazionale, ricevetti una proposta da uno studio di post milanese, Clacson, dove rimasi per circa sei anni. Poi c'è stata una pausa forzata e, attualmente, collaboro come Producer in BrainsWork da circa due anni.

od: Parliamo un po' della tecnologia di cui ti avvali per i tuoi film.

MC: Come ho detto ho iniziato a girare in Video8 per poi passare a sistemi DV che mi garantivano un enorme salto di qualità. Adesso guardo con interesse ai sistemi nuovi di ripresa, come la RED, ma, già oltre un anno fa ero venuto a conoscenza della possibilità, offerta dalla Canon 5D Mark II, di girare video in alta definizione a pieno formato. L'idea di poter utilizzare una fotocamera evoluta con ottiche intercambiabili di grande qualità mi ha subito reso euforico. Sensazione che si è addirittura moltiplicata quando è stata presentata la 7D che, pur non essendo considerata una fotocamera professionale, dal punto di vista video è ancora meglio della sorella maggiore. Sia il sistema di messa a fuoco ma soprattutto la possibilità di riprendere a 60 frame al secondo mi hanno spinto all'acquisto immediato. Quest'ultima funzione, non presente sulla 5D, mi permette di girare garantendomi la possibilità di rallenty. Da allora non ho mai smesso di girare e scattare in ogni occasione. Il primo lavoro l'ho realizzato subito la scorsa estate al festival di Sarzana dove, tra l'altro, ho realizzato tutte le immagini utilizzate sul profilo Facebook del festival stesso. In quell'occasione ho girato anche dei documentari sugli artisti di strada e sulla vita che girava intorno all'evento, tutte riprese che, riviste in montaggio, mi fanno ancora rivivere i momenti originali tanto sono fedeli e con i colori vividi. Quello che mi colpisce sempre delle riprese effettuate con questo tipo di strumenti è la possibilità di gestire la profondità di campo, cosa che spesso è difficile con le videocamere anche tradizionali.

Certo è che dal momento in cui ho cominciato a lavorare con la 7D ho abbandonato definitivamente la telecamera. Di solito utilizzo un paio di ottiche (24-70L e 18-135) che mi garantiscono una copertura ottimale dei soggetti dei miei documentari. L'ultimo di questi è "PiacereDesiderio" che sarà possibile, a breve, vedere sul mio sito internet.

Maurizio Casula è su Facebook, dove sono presenti molti dei suoi lavori.