Taccuino

Video in palcoscenico

Valeria Prina

Video e foto sono sempre più spesso presenti a teatro. Permettono al pubblico di entrare meglio nell'atmosfera della pièce e ne catturano l'attenzione. A volte rappresentano il nucleo centrale dello spettacolo.

Video e foto sono sempre più spesso presenti a teatro. Permettono al pubblico di entrare meglio nell'atmosfera della pièce e ne catturano l'attenzione. A volte rappresentano il nucleo centrale dello spettacolo

Parole e immagini. La tecnologia, sotto forma di fotografia o video, sale sempre più frequentemente sui palcoscenici dei teatri. Lo fa con modalità e funzioni differenti, che, secondo i casi, permettono di definire un'epoca, di costruire una scenografia in modo più economico o ampliando la scena come altrimenti non sarebbe possibile. In altri casi hanno una funzione particolare, però perfettamente integrata nello spettacolo. Qui vi parliamo di alcuni spettacoli visti nelle ultime stagioni sulla scena milanese e che rappresentano delle situazioni di commistione differenti.

Senza i video che soluzione si sarebbe potuta trovare? È quanto ci si era chiesti prima di vedere in scena Il Sorpasso tratto dal famoso film. Alla domanda «come si corre in auto a teatro?» la risposta è arrivata grazie ai video, che hanno permesso di dare un effetto di movimento. Perché, se la spider non può correre, è la scenografia a scorrere, dando un effetto di movimento, prima con il succedersi dei più famosi monumenti di Roma - poco importa che siano gli stessi a ripetersi - e poi con lo scorrere della campagna, prima romana e poi grossetana. I video - in bianco e nero per Roma, come era il film - proiettati su due sipari-velatini, come si è visto al Manzoni, scorrono ai lati della spider che si immagina guidata da Giuseppe Zeno, affiancato da Luca Di Giovanni.

Altre volte, quando lo spettacolo diventa un incontro con i ricordi, i video e le foto ne diventano parte integrante. è il caso di Ciao, lo spettacolo che fa vivere l’incontro a lungo cercato da Walter Veltroni (Massimo Ghini sulla scena teatrale) con il padre Vittorio, da lui mai conosciuto per ragioni anagrafiche, ma a lungo immaginato fino a renderlo protagonista nell’omonimo libro. Su due grandi finestre, parte integrante della scenografia, scorrono quelle immagini da cinegiornale Luce, che ora Internet permette di recuperare e il protagonista può a sua volta vedere grazie a un Mac posto su un tavolino.

In questo caso i video diventano parte integrante dello spettacolo, permettendo agli spettatori di far rivivere quelle stesse sensazioni provate dal protagonista. Ben diversa è la funzione che i video hanno in Una giornata particolare. Sullo stesso palcoscenico del Teatro Franco Parenti scorrono altri filmati Luce. Permettono di definire il momento: l'arrivo a Roma di Hitler, il 6 maggio 1938 con conseguente parata a cui parteciparono in massa i fascisti. I filmati, come video, tornano più volte a raccontare la partecipazione della gente, fino alla grande svastica che sormonta la scena come un incubo. La storia dei due protagonisti, Antonietta e Gabriele (Valeria Solarino e Giulio Scarpati), si inserisce perfettamente in quell’epoca fatta di soprusi, violenza, indottrinamento, ostilità verso la cultura, condizione di inferiorità della donna, difficoltà di vivere per chi non è omologato. E come far capire quell’epoca, se non attraverso filmati Luce, a chi quegli anni non li ha vissuti? Certo non con le semplici parole.

Una scelta simile è stata fatta dal regista Francesco Leschiera che prepara gli spettatori mentre entrano in sala per vedere Il ring dell’inferno: dei filmati Luce introducono al momento storico, parlando di Hitler anche con episodi meno noti. La pièce racconta la storia, fino a quel momento ben poco nota, di Hertzko Haft, il giovane ebreo costretto come pugile a divertire le SS con combattimenti che prevedevano la sopravvivenza di uno solo. E quello che in altre situazioni sarebbe considerato un errore, la proiezione di un video – in questo caso un filo spinato – sull’attore diventa un elemento che aiuta a entrare nell’atmosfera dura e senza soluzioni vissuta dal protagonista.

Cambiamo epoca, cambiamo motivazione alla presenza dei video o delle foto ed eccoci a raccontarne la presenza in un modo piacevolmente coinvolgente. Era difficile infatti rendere evidente la dimensione di un mito - di quanto e come lo fosse – se non riproponendo i filmati originali. È quanto avviene con Elvis the Musical, che racconta la vita di Elvis Presley, facendo rivivere le canzoni attraverso le voci di Michel Orlando e Joe Ontario, mentre i video ripropongono i filmati originali permettendo di riviverne il mito anche a chi, per ragioni anagrafiche, non ne sapeva nulla.

Altre volte i video hanno funzioni differenti all’interno dello stesso spettacolo. È il caso di Grease, nell'edizione del ventennale, ugualmente firmata dalla Compagnia della Rancia con la regia di Saverio Marconi. Dapprima hanno una funzione di antefatto, perché, con le immagini della spiaggia e del mare che scorrono, raccontano l'incontro estivo tra Danny Zuko e Sandy (Guglielmo Scilla e Lucia Blanco), di cui poi, sulla scena, scopriremo la storia. Ben diverso è l’utilizzo del video in una scena successiva, che si immagina ambientata in un drive-in: lì vediamo Danny e Sandy in auto e ai due lati scorrono le immagini in bianco e nero del film che si immagina stiano vedendo. Sembra un film anni ’50, è invece un video registrato appositamente per il musical con i due attori Marta Belloni e Mauro.

Ormai famoso per la sapiente commistione di linguaggi espressivi è il collettivo catalano Agrupación Señor Serrano. Il più recente lavoro arrivato sulle nostre scene - alla Triennale Teatro dell’Arte, che nell’ultima stagione ha puntato molto sulla commistione di linguaggi – è Birdie. Oltre ai modellini, da loro sempre utilizzati, qui c’è un gran ricorso a video e foto. Proiettate su schermo vediamo le pagine del giornale spagnolo El País che parlano di migranti e alcuni spezzoni di Gli uccelli di Hitchcock. Vediamo scorrere le foto di Melilla, la località dalle belle spiagge, enclave spagnola in Marocco, circondata da recinzioni. Di questa città è José Palazón, autore di una foto, che a lungo vediamo sullo schermo. Dapprima colpiscono i giocatori sul campo di golf: guardate meglio, invita una voce. E allora a cavalcioni della recinzione, confinante con quel campo di golf, vediamo degli uomini, provenienti da varie parti del mondo, controllati da uno della guardia civil. Vediamo anche le foto dei moltissimi europei che in passato migrarono in America in cerca di fortuna. Ed ecco che le foto e anche il film di Hitchcock e il parlare di uccelli concorrono a indurre a riflettere sul migrare alla ricerca di una situazione migliore, come appunto periodicamente fanno gli uccelli. Da notare che la foto che sta alla base dello spettacolo ha valso a José Palazón nel 2015 il premio Ortega y Gasset, assegnato da El País ai migliori lavori giornalistici. Secondo la giuria, la foto, simbolica della diseguaglianza tra Europa e Africa, «riflette la enorme distanza economica, sociale e di aspettative che esiste tra i due mondi».

Qui un film diventa parte integrante di uno spettacolo. Ma può anche essere il tema centrale di una pièce. È quanto avviene con The Flick. L’autrice, Annie Baker, porta il cinema a teatro, ambientando tutta la storia in una sala cinematografica. Qui i tre protagonisti, sulla scena del Teatro Verdi - Alberto Malanchino, Mariano Pirrello, Sara Putignano - ricordano i film che hanno amato e giocano sfidandosi a passare da un attore a un altro, apparentemente con poco in comune tra loro, passando, come una catena, attraverso sei film interpretati da diversi attori.

Che il rapporto tra mezzi espressivi differenti stia diventando sempre più forte appare sempre più evidente. Così i video non vanno più vissuti come elementi estranei. Possono diventare anche un mezzo per ricordare il nome degli attori a un pubblico frettoloso. È proprio di questo tipo il video, che, dopo quelli che si sono visti come contrapposizione durante la pièce, si vede scorrere alla fine di Gebrek. Lì si possono leggere, per meglio memorizzarli, il nome dell’autore Claudio Elli, anche in scena e regista con Riccardo Magherini.

 Data di pubblicazione: febbraio 2018
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